Un altro mondo è ancora possibile?
di La Redazione di InTheNet (traduzione di Simona Maria Frigerio)
Si è concluso pochi giorni fa il XV Summit dei cinque Paesi che compongono i BRICS: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica e che, dal 1° gennaio 2024, diventeranno 11, grazie all’adesione – ufficializzata al termine degli incontri – di Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. Nel corso del prossimo anno già si prevede un ulteriore allargamento che porterà questa partnership economica a diventare non solamente l’espressione della maggioranza della popolazione mondiale ma anche e sempre più del Sud del mondo.
Si sta forse costruendo un tavolo intorno al quale siederanno gli architetti di una visione multipolare degli assetti geopolitici del nuovo millennio?
Le premesse
Il 23 agosto è stata resa pubblica la Dichiarazione finale (1), che riassume i termini dell’incontro e gli obiettivi dei 5 Paesi BRICS. Traduciamo alcuni punti chiave per cercare di comprendere meglio un evento che potrà avere ricadute a livello macro ma anche microeconomico (visto che i BRICS marciano speditamente verso una partnership tra tutti i maggiori produttori di petrolio e gas del mondo e che già adesso vantano tutti insieme la maggiore quota di Pil, superando i G7) ma, soprattutto, politiche – data l’importanza a cui assurgono finalmente aree geografiche finora marginalizzate (periferiche, come le definirebbe Samir Amin), sfruttate e depredate dal capitalismo e dall’Occidente neo-coloniale – ove sorgono i veri centri del potere.
I BRICS affermano innanzi tutto di voler costruire la loro partnership sulla cooperazione a ogni livello per realizzare un ordine internazionale più equo, che rappresenti tutti e ognuno, dando vigore a un sistema multilaterale, uno sviluppo sostenibile e una crescita inclusiva (il che stona con le dichiarazioni dei cosiddetti 7 Grandi – ormai pretenziosi nell’autodefinirsi tali – che vorrebbero mantenere il controllo sulle tecnologie più avanzate per continuare a marginalizzare il Sud del mondo e le economie emergenti).
Al punto 4 del preambolo si affronta un argomento spinoso dato che i 5 “esprimono preoccupazione circa l’uso di misure coercitive unilaterali, che sono incompatibili con i principi della Carta delle Nazioni Unite e producono effetti negativi notoriamente nei Paesi in via di sviluppo”. Ovviamente qui non si deve solamente pensare alle sanzioni contro la Russia (che ha le spalle ben protette grazie alla lungimirante politica del Presidente Putin, che l’aveva già portata a sviluppare la partnership con la Cina e a stringere alleanze in tutto il mondo) ma a quelle contro Cuba, il Venezuela o, più recentemente, il Niger recalcitrante ai desiderata dell’Eliseo.
Al punto 5 si chiede una “maggiore rappresentanza dei mercati emergenti e dei Paesi in via di sviluppo” nelle varie organizzazioni e negli organismi internazionali – non ultime le Nazioni Unite e il loro Consiglio di Sicurezza (dove, ricordiamo, continuano a sedere stabilmente solo i vincitori, o presunti tali, della Seconda guerra mondiale: Us, Cina, Russia, Francia e Regno Unito), ma anche nel WTO. Mentre al punto 6 vi è l’impegno al rispetto dei diritti umani e della democrazia ma si avverte anche il pericolo del “doppio standard”, ossia dell’uso strumentale della salvaguardia di tali diritti per screditare, indebolire o rovesciare Paesi che non sono proni ai voleri (e valori) dell’Occidente.
Al punto 9 si affronta il tema dell’agricoltura (sostenibile) e l’importanza della sicurezza alimentare (tenendo anche conto che le nazioni BRICS producono un terzo degli alimenti globali) – denunciando quelle misure sanzionatorie che possono mettere in pericolo i Paesi del Sud del mondo (ma non, aggiungiamo noi: le tavole europee e le multinazionali dell’agroalimentare che hanno speculato sull’Accordo del Mare Nero e il grano – in gran parte – contaminato dell’Ucraina).
Al punto 10 si affronta il problema di una rete di sicurezza finanziaria globale e della riforma delle istituzioni nate dagli Accordi di Bretton Woods – ovvero il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Ovviamente questo argomento è particolarmente sensibile visto come entrambi gli organismi sono stati utilizzati, per decenni, per finanziare le riforme strutturali che hanno creato plusvalore, ma non per le nazioni che si sono indebitate per ottenere i prestiti bensì per l’Occidente.
La visione geopolitica
All’importanza delle Nazioni Unite ma anche dei vari organismi regionali nel favorire, attraverso il dialogo, i processi di pace, si affianca il principio espresso nel recente Summit tra Unione Africana e Federazione Russa: “African solutions to African problems” (ossia, soluzioni africane ai problemi dell’Africa) ma anche lo slogan: “Libyan led and Libyan-owned” (ovvero, un processo politico guidato dai libici, che assicuri loro il pieno possesso del / la piena autorità sul proprio Paese). Nella Dichiarazione si ribadisce la necessità di un referendum per il Sahara Occidentale (che lo attende dal 1991, quando è stata istituita MINURSO, la Mission des Nations Unies pour l’Organisation d’un Référendum au Sahara Occidental). Si sottolinea l’importanza del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita (che, tra l’altro, a breve saranno entrambi membri dei BRICS), riaffermando, nel contempo “il supporto alla sovranità dello Yemen” (Paese che è stato devastato da una guerra che vedeva su fronti opposti fazioni sostenute proprio dai succitati Paesi). I BRICS sostengono altresì la soluzione del conflitto in Siria, nel rispetto della sua sovranità e integrità territoriale – nazione recentemente riammessa anche nella Lega Araba (con grande ambascia degli States, aggiungiamo noi). Non manca il richiamo ai Territori Occupati da Israele in Palestina, dove si registra una “escalation della violenza con la continuazione dell’occupazione israeliana e l’espansione degli insediamenti illegali”. La soluzione indicata è quella dei due Stati, “che conduca alla creazione di uno Stato palestinese sovrano, indipendente e vitale”. E infine si legge qualche riga anche a supporto di Haiti e degli sforzi di mediazione della delegazione africana per risolvere il conflitto in Ucraina.
Seguono due articoli in favore della non proliferazione delle armi nucleari e contro le armi batteriologiche, e di ferma condanna del terrorismo.
ICT e risorse finanziarie
Col punto 23 si passa dalla politica internazionale alla concretezza della battaglia economica in corso per mezzo dell’ICT: le tecnologie informatiche e della comunicazione indispensabili “per la crescita e lo sviluppo”. A differenza dei G7, i BRICS si “impegnano alla promozione di un ambiente ICT aperto, sicuro, stabile, accessibile e pacifico” (punto 24), “in cui si favorisca la comprensione e la cooperazione nell’uso di tali tecnologie e di Internet”. A tal proposito è nato il BRICS Digital Economy Working Group. Nell’ambito della “cooperazione nello sviluppo delle risorse umane e delle nuove tecnologie” tra i membri dei BRICS, sono nati il BRICS Centre for Industrial Competences (BCIC), il BRICS PartNIR Innovation Centre e il BRICS Startup Forum. Se l’India va sulla Luna, i BRICS sembrerebbe si muovano altrettanto bene nella rete.
Il punto 25 è dedicato alla lotta alla corruzione e ai paradisi fiscali (entrambi ben noti in Occidente). Mentre ai punti 26 e 27, anche riguardo ai danni per l’economia causati dalla recente pandemia, si riafferma l’importanza delle Banche per lo Sviluppo, e a seguire che “gli alti livelli di debito in alcuni Paesi riducono le entrate fiscali necessarie a fronteggiare le attuali sfide dello sviluppo, aggravate dagli effetti spillover dovuti a shock esterni – particolarmente alla forte stretta monetaria delle economie avanzate. Alzare i tassi di interesse e inasprire le condizioni finanziarie peggiora la vulnerabilità debitoria in molti Paesi” (e qui vengono alla mente la scelta della Banca Europea di continuare ad alzare i tassi di interesse a scapito di aziende e famiglie, e delle gerarchie europee di premere per un veloce rientro degli Stati nei parametri debito/Pil pre-Covid). Al contrario, i BRICS vorrebbero affrontare la questione del debito internazionale “supportando la ripresa economica e uno sviluppo sostenibile”. La Nuova Banca di Sviluppo, guidata dall’ex Presidente del Brasile, Dilma Rousseff, sarà un sostegno per gli investimenti nelle infrastrutture, superando i limiti che alcuni Paesi BRICS possono avere nell’attrarre capitali privati e risorse. Centrale anche la partnership pubblico-privato per incentivare economia e concorrenza.
Le relazioni economico-politiche con il continente africano dovrebbero portare a un aumento negli scambi commerciali, negli investimenti e nello sviluppo delle infrastrutture, ma anche a una modernizzazione dell’agricoltura, il miglioramento della sanità, e l’opportunità di affrontare “il cambiamento climatico per uno sviluppo sostenibile” dell’intero continente.
Pragmaticamente il punto 37 riconosce il ruolo delle PMI ma anche i loro limiti – nell’IT, con le pratiche burocratiche fino alla difficoltà nel reperire finanziamenti. Per ovviare a tali problemi nasce il BRICS MSMEs Cooperation Framework – sì da promuovere e informare circa gli eventi e gli incontri B2B che possono facilitare gli scambi di sapere e commerciali. Al punto 38 si parla del diritto a “un lavoro dignitoso che assicuri la giustizia sociale” e in più punti di come aumentare il peso delle donne nel mondo del lavoro ma anche negli organismi internazionali, oltre che dell’abolizione del lavoro infantile. Il punto 39 punta sul rilancio del settore turistico, sostenibile e resiliente.
Il punto 44 affronta i sistemi di pagamento. Argomento di primaria importanza in un mondo sempre più globalizzato a livello mercantile ma dove i sistemi bancari, creditizi, finanziari e assicurativi (come la valuta per gli scambi internazionali) sono ancora saldamente nelle mani dell’Occidente. “Riconosciamo i benefici di sistemi di pagamento veloci, economici, trasparenti, sicuri e inclusivi”, si afferma nella Dichiarazione. Per non essere più soggetti al dollaro e al sistema Swift, ecco che i BRICS fanno un passo verso quella rivoluzione monetaria e finanziaria che gli States paventano più di tutto: “Sottolineiamo l’importanza di incoraggiare l’uso delle valute locali nel commercio internazionale e nelle transazioni finanziarie tra i Paesi BRICS così come con i rispettivi partner commerciali. Incoraggiamo il rafforzamento di reti di banche corrispondenti tra i Paesi BRICS che rendano fattibili i pagamenti in valute locali”. Senza il ricatto delle sanzioni e del Foreign Corrupt Practices Act (che si applica a tutte le transazioni in dollari), quali altre armi potranno sfoderare gli States per eliminare i concorrenti (2)?
Lo sviluppo sostenibile
In un ampio capitolo della Dichiarazione finale si riaffermano i principi dell’Agenda 2030 (3) – a livello economico, sociale e ambientale – e si preme affinché i Paesi donatori onorino la promessa di facilitare lo sviluppo di competenze e trasferire tecnologia, “unitamente a risorse addizionali per lo sviluppo, ai Paesi in via di sviluppo”. Si rimanda altresì al Summit che si terrà a New York il 18 e 19 settembre, dove si discuteranno i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, che i BRICS vogliono che siano affrontati “in modo olistico e integrato, inter alia attraverso l’eradicazione della povertà, così come la battaglia contro il cambiamento climatico ma, nel frattempo, promuovendo una gestione sostenibile delle terre e dell’acqua, la conservazione della diversità biologica, e un uso sostenibile delle sue componenti e della biodiversità, un’equa e corretta suddivisione dei benefici provenienti dall’utilizzo delle risorse genetiche, incluso un accesso appropriato a tali risorse, conformemente all’Articolo 1 della Convenzione sulla Diversità Biologica – CBD (4) – e concordemente alle circostanze, alle priorità e capacità nazionali”.Si sottolinea “inoltre l’importanza della tecnologia e dell’innovazione, della cooperazione internazionale, della partnership pubblico-privato, inclusa la cooperazione Sud-Sud”.
Più oltre si riafferma l’importanza della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la Desertificazione – UNCCD (5), e del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework – KMGBF (6); sottolineando, però, che debbano essere i Paesi più sviluppati a fornire “mezzi adeguati di implementazione, inclusi: risorse finanziarie, la costruzione di capacità, la cooperazione tecnica e scientifica, l’accesso e il trasferimento di tecnologia” (esattamente ciò che l’Occidente non vuole fare per mantenere il proprio predominio). “Riconosciamo altresì il potenziale della cooperazione per un uso sostenibile della biodiversità a livello imprenditoriale così da supportare lo sviluppo delle economie locali, l’industrializzazione, la creazione di posti di lavoro, e le opportunità per un business sostenibile”. E ancora, al punto 56 si riafferma l’importanza di “potenziare il trasferimento di tecnologie per il clima a basso costo” (…) e “di rendere disponibili nuove risorse finanziarie sostenibili, adeguate e fornite puntualmente per progetti sostenibili a livello ambientale”. Tutto ciò conformemente alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – UNFCCC (7), l’Accordo di Parigi (8) e il principio delle Common but Differentiated Responsibilities and Respective Capabilities – CBDR-RC (9). Quest’ultimo principio è basilare per comprendere la posizione dei BRICS, ossia che non possono essere i Paesi del Sud del mondo a indebitarsi, o addirittura a rinunciare allo sviluppo, per favorire quel Nord che è responsabile della situazione attuale. Ecco perché premono affinché “le misure prese per contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità siano coerenti con il WTO e non si trasformino in mezzi di discriminazione arbitraria o ingiustificabile o in restrizioni camuffate al commercio internazionale”. Si legge ancora: “Esprimiamo la nostra preoccupazione per qualsiasi misura incoerente e discriminatoria del WTO che distorca il commercio internazionale, imponga nuove barriere commerciali e sposti il carico di affrontare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sui membri dei BRICS e sui Paesi in via di sviluppo”.
Transizione e sicurezza energetica
Al punto 57 si affronta il discorso della transizione energetica verso economie a bassa emissione di CO2, che deve essere “economica e sostenibile” in base alle differenti situazioni nelle quali si trovano le nazioni. Mentre al punto 58 si ribadisce che i Paesi in via di sviluppo devono poter “accedere alle attuali e alle nuove tecnologie e soluzioni a bassa emissione”. Un’affermazione in linea con quanto emerso anche nel recente Summit tra Federazione Russa e Paesi africani (10).
Più oltre la Dichiarazione torna sul problema della “sicurezza energetica, l’accesso e la transizione energetica”. Perché quest’ultima avvenga in maniera equilibrata, occorre un “uso efficiente di tutte le risorse energetiche, ovvero: energie rinnovabili, inclusi i biocombustibili, idroelettrica, i combustibili fossili, l’energia nucleare e l’idrogeno prodotti sulla base di tecnologie e processi a emissione zero, che sono cruciali per una transizione equa verso sistemi energetici più flessibili, resilienti e sostenibili”. I BRICS riconoscono “il ruolo dei combustibili fossili nel supportare la sicurezza energetica e la transizione energetica”. Ovviamente per fare tutto ciò sarà necessaria una stretta collaborazione tra i Paesi BRICS affinché adottino “standard e regole comuni, efficaci, chiare, eque e trasparenti per la valutazione delle emissioni”.
Salute, educazione, sport e scambi culturali
Cambiando argomento e passando alla salute, i BRICS riconoscono l’importanza dell’assistenza sanitaria di base. In particolare, mentre l’Europa si orienta sempre più verso la privatizzazione della sanità – seguendo la filosofia statunitense – i BRICS puntano sulla sanità universale, ossia garantita a tutte e tutti indipendentemente dal reddito e dalla capacità di spesa; e rimandano al prossimo meeting che si terrà, sempre nel corso di questo mese di settembre, presso l’Assemblea delle Nazioni Unite e verterà su alti standard qualitativi per un sistema sanitario universale e gratuito – UHC (11). Al punto 66 si afferma altresì di voler continuare a cooperare nell’ambito della medicina tradizionale – anche in questo settore in controtendenza rispetto all’Occidente.
Al punto 73 si affronta il tema dell’educazione, promuovendo il mutuo riconoscimento dei titoli accademici tra i Paesi BRICS, gli scambi culturali e la mobilità delle persone, che permette – attraverso la conoscenza reciproca – una maggiore comprensione di società ed economie diverse dalla propria. Si riconosce l’importanza dei giovani e del ricambio generazionale, delle donne e della loro partecipazione nell’economia digitale, nelle imprese e nell’innovazione, ma anche – con la dovuta attenzione per le realtà del Sud del mondo – al loro accesso alle terre, tecnologie e mercati nel caso di donne contadine.
Al punto 83, si riafferma l’impegno per la “protezione, preservazione, restauro e promozione” dell’eredità culturale, sia tangibile sia intangibile. Oltre al supporto alla partecipazione di imprese culturali, musei e istituzioni a festival e mostre internazionali, ospitati nei Paesi BRICS. Per quanto concerne lo sport, in ottobre si terranno i BRICS Games, sempre in Sudafrica. Avendo i Paesi BRICS “una ricca cultura sportiva tradizionale”, gli stessi si impegnano a supportare e promuovere sia gli sport tradizionali sia quelli indigeni.
Da 5 a 11
In chiusura, come scrivevamo a inizio pezzo, si annuncia l’adesione ai BRICS, a partire dal 1° gennaio 2024, della Repubblica dell’Argentina, la Repubblica Araba d’Egitto, la Repubblica Federale Democratica di Etiopia, la Repubblica Islamica dell’Iran, il Regno dell’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. La Presidenza dei BRICS nel 2024 passerà alla Russia, dove si terrà – nella città di Kazan – il prossimo vertice. Nel frattempo altri Paesi potranno presentare la propria candidatura, dato che è intenzione dei BRICS un ulteriore allargamento della partnership.
I G7 sembrano sempre più g7?
(1) Il testo in formato integrale: Dichiarazione Ufficiale BRICS 2023
(2) L’audizione di Arnaud Montebourg: https://www.inthenet.eu/2023/06/23/julian-assange-in-pericolo-messaggio-agghiacciante-per-la-liberta-di-stampa/
(3) L’Agenda 2030 e i suoi 17 obiettivi: https://unric.org/it/agenda-2030/
(4) La Convenzione sulla Diversità Biologica: https://www.cbd.int/
(5) La Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la Desertificazione https://www.unccd.int/
(6) Il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework https://www.cbd.int/article/cop15-final-text-kunming-montreal-gbf-221222
(7) Per tutti i documenti relativi, vedasi: https://unfccc.int/documents
(8) L’Accordo di Parigi: https://eur-lex.europa.eu/content/paris-agreement/paris-agreement.html?locale=it
(9) Il principio della comune ma differenziata responsabilità e rispettive capacità: https://legalresponse.org/legaladvice/the-principle-of-common-but-differentiated-responsibilities-and-respective-capabilities-a-brief-summary/
(10) La Dichiarazione finale: https://www.inthenet.eu/2023/08/11/russia-africa-summit/
(11) Il Diritto alla copertura sanitaria universale: https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/universal-health-coverage-(uhc)
venerdì, 1° settembre 2023
In copertina: Image courtesy of Pixabay
Nel pezzo: Foto di PIRO e di Yves Bernardi – entrambe da Pixabay