Il Giappone ha iniziato a sversare nell’oceano l’acqua di Fukushima Dai-ichi
di La Redazione di InTheNet (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
La salsa di pomodoro e pure la colla sono rimasti sugli scaffali, questa volta, e ben poche sono state le voci dell’universo ambientalista che si sono alzate per manifestare contro la decisione del Governo giapponese di dare il via allo sversamento nell’Oceano Pacifico di 1.335.381 metri cubi di acqua di scarto radioattiva immagazzinata, attualmente, in mille serbatoi d’acciaio.
Quell’energia nucleare che – grazie anche agli sforzi della Presidente della Commissione Europea, Ursula von Der Leyen – in UE ha ottenuto la certificazione verde, continua a essere tutto fuorché green: tra scorie radioattive, incidenti o mal funzionamenti degli impianti, e pericoli (per la salute umana dei lavoratori, soprattutto nei Paesi africani) connessi con l’estrazione dell’uranio.
Ma veniamo al caso di Fukushima perché, almeno teoricamente, si potrebbe ancora intervenire per bloccare i futuri sversamenti. In effetti, le prime 7.800 tonnellate sono state rilasciate nelle ultime due settimane ma la capacità dei serbatoi va altro un milione 300 mila tonnellate – secondo i dati della Tokyo Electric Power Company (TEPCO).
Tale processo è stato immediatamente avversato dalla Cina, il maggiore acquirente di prodotti ittici giapponesi e che, proprio in ragione della nocività per la salute umana di alcuni tra i radioisotopi che potrebbero essere tuttora contenuti nell’acqua sversata – se ingeriti – avrebbe deciso di bloccarne l’importazione e la vendita (1). Come ha spiegato Ken Buesseler, ricercatore senior al Woods Hole Oceanographic Institution del Massachusetts, in un’intervista con Steve Inskeep (1), uno tra i problemi è che l’acqua serve tuttora a “raffreddare i reattori fusi. E così, diversamente da quanto accade in un impianto nucleare normalmente in funzione, quest’acqua viene a diretto contatto con i materiali del nucleo fuso”. Altra preoccupazione espressa da parte della comunità scientifica, ma anche da alcuni Paesi dell’area (compresa ovviamente la Cina), è che la bonifica degli isotopi radioattivi sia stata solo parziale e l’intero processo non del tutto trasparente. Buesseler specifica che il Giappone avrebbe analizzato: “solo il 40% circa di quei 1.000 serbatoi e non per tutti i radioisotopi che destano preoccupazione”. Dopodiché è mancato un controllo indipendente. In effetti, gli isotopi del cesio, dello stronzio, del plutonio e del cobalto “possono accumularsi sul fondo del mare o nella vita marina” e, tenendo conto che lo sversamento potrà continuare anche per mezzo secolo, non si può valutare fino in fondo i pericoli connessi con l’accumulo. Infine, sempre Buesseler specifica che esisterebbero alternative più sicure allo sversamento nell’oceano, come “l’immagazzinamento a terra in vasche a prova di terremoto”.
Il China Daily del 24 agosto scorso ha aggiunto un altro tassello a questa storia, ossia che il “Giappone sta usando il rapporto di revisione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica del 4 luglio come ‘luce verde’ al piano di sversamento dell’acqua radioattiva in mare, affermando che le acque trattate sarebbero innocue per la vita marina e gli esseri umani. Così facendo, il Giappone tenta di scaricare le responsabilità sulla AIEA, il che potrebbe comportare che l’agenzia debba sostenere responsabilità giuridiche per la decisione giapponese” (2). Tutto ciò, però, non corrisponderebbe interamente a verità, in quanto sempre i colleghi del China Daily specificano che: “il rapporto dell’AIEA non supporta né si oppone al piano di sversamento dell’acqua radioattiva giapponese; ma dice solamente che il piano di sversamento dell’acqua è una decisione del Governo giapponese” (2).
Tra le poche voci ambientaliste che si sono sentite esprimere dubbi, quella di Greenpeace International che, il 22 agosto 2023, pubblicava un giudizio molto netto sulla scelta del Governo giapponese: “La decisione non tiene conto delle prove scientifiche, viola i diritti umani delle comunità in Giappone e nella regione del Pacifico, e non è conforme alla legge marittima internazionale. Ancor più importante, ignora la preoccupazione delle persone, inclusi i pescatori” (3). E qui ci riallacciamo a quanto appreso altrove, ossia che i prodotti ittici giapponesi saranno banditi dalla Repubblica Popolare Cinese (il che causerà sicuramente gravi problemi economici a molte famiglie e aziende che lavorano nel settore).
Greenpeace International specifica come a impattare sull’ambiente non vi sia solamente il trizio, ma vi sarebbero anche il “carbonio-14, lo stronzio-90 e lo iodio-129” (3) e che, per tale piano di sversamento, il Giappone non avrebbe rispettato “gli obblighi legali ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS)” (3).
Siamo in attesa che i Fridays for Future inizino una campagna per la salvaguardia dell’Oceano Pacifico – dall’acqua di Fukushima così come dai venti di guerra che spirano intorno a Taiwan.
(1) NPR – Steve Inskeep talks to Ken Buesseler:
https://www.npr.org/2023/08/25/1195858287/concerns-are-raised-after-japan-releases-water-from-damaged-nuclear-plant
(2) Japan threatens planet with radioactive water – Opinion – Chinadaily.com.cn:
https://www.chinadaily.com.cn/a/202308/24/WS64e7046fa31035260b81e091.html
(3) Il documento di Greenpeace International in versione integrale: https://www.greenpeace.org/international/press-release/61364/japan-announces-date-for-fukushima-radioactive-water-release/
venerdì, 8 settembre 2023
In copertina: Foto di Elias da Pixabay