Russofobia e omofobia: due pesi e due misure?
di Simona Maria Frigerio
“Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto”, Giordano Bruno.
Mai questa frase mi apparve più profetica. Sebbene a volte sembri di urlare al vento.
In questi giorni di calma agostana due argomenti hanno interessato le pagine della politica internazionale e nostrana. Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, socialista e spagnolo, dopo la dichiarazione pubblica – da più parti additata come razzista e neocolonialista: «L’Europa è un giardino» nel quale «tutto funziona»; «È la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l’umanità è stata in grado di costruire» mentre «Il resto del mondo […] non è esattamente un giardino. La maggior parte del resto del mondo è una giungla e la giungla potrebbe invadere il giardino» (1); si è nuovamente fatto notare – non per il suo lavoro diplomatico – bensì per una nuova esternazione russofoba e, quindi, razzista, additando, in un’intervista, la Federazione Russa come una: «Stazione di servizio in cui il proprietario ha una bomba atomica». Ovvie le rimostranze di Mosca, altrettanto ovvio il silenzio della politica nostrana.
I due pesi e le due misure, in Italia, si sono viste in azione quando, al contrario, il generale dell’esercito Roberto Vannacci, ex comandante della Folgore e fino a pochi giorni fa capo dell’Istituto geografico militare di Firenze, ha pubblicato a proprie spese un libro in cui ha espresso idee apertamente omofobe, attraverso frasi quali: “le coppie arcobaleno non sono normali. La normalità è l’eterosessualità. Se a voi sembra tutto normale, invece, è colpa delle trame della lobby gay internazionale”. Vannacci è stato rimosso dal suo incarico, come ha chiesto anche la parlamentare del Pd Laura Boldrini – via tweet (così ormai si fa politica, sic!) – esattamente come fu rimosso dal proprio, presso il Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux, Eugenio Montale per non aver aderito al Partito Fascista. In aperta contraddizione, quindi, il tweet di Boldrini quando afferma: “Le forze armate dell’Italia antifascista non possono avere tra i loro alti ufficiali figure che non si attengano allo spirito democratico della Repubblica, come prescritto dall’articolo 52 della nostra Costituzione. Il generale Vannacci con questo libro dimostra di non attenersi. Va rimosso”.
Leggiamo questo Articolo 52, alquanto sorpassato in alcuni termini e contenuti: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”. Ma l’Articolo 21 recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, mentre l’Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Ora, citare la Costituzione senza ricordare come l’Articolo 11 ma anche il 4 (ossia ripudio della guerra e diritto al lavoro) siano bellamente calpestati, è già fuorviante. Ma anche non rendersi conto che o difendiamo la libertà di pensiero e parola (anche se non la condividiamo minimamente) o rischiamo di comportarci esattamente come ai tempi di quel regime fascista che continuiamo ad affermare non essere compatibile con la nostra Repubblica, è altrettanto fuorviante. Infine, se volessimo agire sulla Costituzione, la prima cosa da fare sarebbe occuparsi di allargare i diritti dell’articolo 3, aggiungendo ‘senza distinzione di orientamento sessuale’ – valore sicuramente più basilare della tutela degli animali, che ha occupato e preoccupato così tanto e a lungo la politica europea ed è adesso inserito nell’articolo 9 della nostra Costituzione.
Due pesi e due misure
Se si stabilisce che chiunque ha diritto a esprimere le proprie opinioni senza tema di essere linciato o licenziato, tale principio varrà per Borrell come per Vannacci.
Ovviamente un discorso a parte si potrebbe fare sull’opportunità – visto il ruolo di entrambi – per tali esternazioni. Se, infatti, come spiega anche Treccani: “L’insindacabilità parlamentare rientra tra le cosiddette immunità parlamentari e costituisce la più importante tra le prerogative del parlamentare”, altrettanto vero è che Borrell quando fa esternazioni come le succitate sul Capo di uno Stato estero o sul livello di ‘civilizzazione’ di altri Paesi forse sta eccedendo, dato che le sue parole potrebbero essere interpretate non come una visione personale bensì come la posizione politica dell’Unione Europea. Il che può causare ripercussioni diplomatiche di una gravità e con ricadute sulle popolazioni europee non facilmente valutabili. Ma qui il problema è un altro: chi ha nominato l’Alto Rappresentante e perché?
D’altro canto, non si può nemmeno dire che le affermazioni di Borrell non corrispondano al sentimento almeno di una parte del parterre politico e della popolazione europea. Basti pensare al Niger – sfruttato per decenni dalla Francia (ma anche da altre Nazioni) e adesso sotto la minaccia di un intervento armato dell’Ecowas che sembra etero-guidata per ristabilire i diritti francesi in uno Stato sovrano (non riuscendo, forse, il Paese d’Oltralpe a giustificare agli occhi della propria opinione pubblico, in questo momento storico, un intervento armato diretto, come fece al contrario in Libia). Oppure basti pensare alle affermazioni del G7 del 20 maggio 2023: “Riconosciamo inoltre la necessità di proteggere certe tecnologie avanzate che potrebbero essere utilizzate per minacciare la nostra sicurezza nazionale senza limitare eccessivamente il commercio e gli investimenti” (2) e che suonano, se unite alle pressioni per una transizione ecologica che dovrebbe essere portata avanti anche nei Paesi in via di sviluppo, come un’ulteriore forma di neo-colonialismo, dato che le tecnologie green rimarrebbero nelle nostre mani e costringerebbero l’Africa, ma anche il Sudamerica e parte dell’Asia, a continuare sulla strada della “periferizzazione” – come la definiva Samir Amin. Non è infatti più sostenibile la visione occidentale che “il sottosviluppo è ritardo e non supersfruttamento” (3). Del resto, il motivo della crisi odierna del capitalismo, forse sta nel fatto che l’imperialismo (il quale comporta delocalizzazioni e accumulo di capitali solo nei ‘centri’ del potere) è esso stesso la fine della possibilità di crescita del capitalismo in quanto, per sostenersi, non ammette la nascita di nuovi ‘centri’ ma solo lo sfruttamento delle zone periferiche. In questo quadro, tratteggiato ormai quasi 40 anni fa da Amin, il quale già puntava su un mondo multipolare e uno “sviluppo autocentrato”, le esternazioni di Borrell sono perfettamente in linea con i diktat dell’élite economico-finanziaria al potere. Censurarlo servirebbe solo a non permetterci di essere coscienti delle reali forze in campo.
Lo stesso dicasi per Vannacci. L’ipocrisia non aiuta a comprendere il pensiero e il sentire di parte della popolazione italiana, ivi inclusi i membri dell’esercito – che, ovviamente, sono una fetta di questa nostra società. D’altro canto, se la sinistra italiana e la politica europea non avessero confuso l’omosessualità con la disforia di genere (pretendendo di intervenire medicalmente e chirurgicamente anche sui minori), o non avessero fatto credere all’opinione pubblica che la maternità surrogata è solo appannaggio di coppie gay (ricche) bensì pratica largamente diffusa (ma legalizzata in pochi Stati) tra le coppie eterosessuali, forse non ci troveremmo di fronte a questi rigurgiti omofobi. La battaglia per l’eguaglianza passa dal matrimonio e dal diritto di adozione e non da gag volgari al Festival della canzone nazional-popolare. E se esprimere opinioni è diritto di tutti, acquistare o meno un libro è scelta che può farsi politica.
Dalla macropolitica alla microsocialità
E chiuderò per una volta raccontando un’esperienza personale. Alcuni anni fa mi capitò di essere a tavola con una decina di commensali: borghesi, settentrionali, mediamente istruiti, professionisti, benestanti e di sinistra, tra i 30 e i 45 anni. Si stava discutendo del più e del meno quando raccontai di un ottimo ristorante nel quale avevo cenato qualche settimana prima e che si trovava nella città lombarda di due tra i commensali. Alla mia affermazione, l’uomo cominciò a fare allusioni scurrili e ammiccanti al mio accompagnatore (che era stato presente alla medesima cena). Visto che io stavo fraintendendo, ovvero pensavo che il richiamo a fare attenzione ai ristoranti che sceglievo riguardasse il cibo che veniva servito o l’igiene del locale, il tipo si fece più esplicito, avvertendo il mio accompagnatore di badare al suo «culo» (sic!) dato che il proprietario era gay. Risate grasse dei commensali. Imbarazzo del mio accompagnatore. Mi guardai intorno: quelli erano i miei parenti e i loro amici?, mi chiesi. La prima reazione che mi venne fu quella di alzarmi e andarmene. Ma, al contrario, con tutta la compostezza che riuscii a conservare chiesi: «Scusi, ma lei è omofobo?». Calò una coltre di silenzio imbarazzato e sentii una gelida rabbia montare: non verso il ‘giulivo’ amico quanto verso di me che avevo ‘rovinato’ la ‘bella’ serata. Quanto sarebbe stato più utile se quella mia domanda fosse stata usata per aprire una sana discussione sull’argomento! Ma la politically correctness – ossia l’imperversante ipocrisia – impone che nessuno sia omofobo, apertamente o formalmente, sebbene lo siano più o meno tutti ivi compresi quei politici che si fanno paladini di diritti solo negativi – vietando il diritto di parlare o scrivere le proprie idee ma non eradicando il problema, ovvero garantendo i medesimi diritti e doveri a tutti i cittadini e le cittadine.
(1) Le esternazioni di Borrell: https://europa.today.it/attualita/giardino-giungla-capo-diplomazia-ue-colonialismo.html
(2) La dichiarazione finale del G7 targato 2023: https://www.inthenet.eu/2023/06/23/g7-e-cina-botta-e-risposta/
(3) Dalla prefazione di Stefano Semenzato a La teoria dello sganciamento, Samir Amin, edizione italiana 1987
venerdì, 25 agosto 2023
In copertina: Foto di Magee da Pixabay