Come infrangere i quadretti standard di felicità
di Lorena Martufi
Si apre con un curioso riferimento a 2001 Odissea nello spazio questa pellicola confezionata con i toni zuccherosi che, per me, non prometteva niente di buono, che non fosse una dolcezza stomachevole – dagli stereotipi melensi e indigesti. E, in effetti, nella prima parte è proprio così. Barbieland paese delle meraviglie, dei sogni stucchevoli, delle illusioni patinate, che solleticano il desiderio di bellezza, soldi, perfezione, felicità in un universo parallelo, firmato rigorosamente Mattel, dove tutte sono Barbie e tutti sono Ken, ma si distinguono chiaramente i prototipi, nella coppia di acclarati protagonisti, Margot Robbie e Ryan Gosling. Un sogno che tutti abbiamo coltivato da bambine, quello di una vita perfetta, possibile per quell’età se possedevi davvero quante più Barbie possibili, comprese di tutti gli accessori, a cominciare dalla fantastica casa Mattel.
Nel film tutto prende meravigliosamente vita – una vita esclusiva e artificiosamente omologata, ripetuta in serie dalle altre Barbie, tutte dignitosamente in carriera, che dominano il loro universo, ammirate e rispettate dai rispettivi e, al contrario, anonimi Ken. Impossibile per la nostra stupida società di massa non riconoscersi in questi quadretti standard di felicità, quasi imbarazzante per la piattezza di contenuti e di spessore, non dico culturale o drammaturgico ma almeno favolisticamente credibile se non realisticamente possibile.
Poi, però, qualcosa succede e qui la storia non solo comincia, ma sorprende e lascia inattese le facili aspettative. Barbie stereotipo nel meraviglioso mondo di Barbieland comincia ad avere pensieri di morte che la fanno cadere dal letto e le rovinano il copione di tutti i giorni uguali a se stessi fino al ʻper sempre felici’. Barbie, proprio l’originale, non una copia, si accorge di avere i piedi piatti, la cellulite e l’alito cattivo a causa di un portale aperto tra Barbieland e il mondo reale e per sistemare tutto dovrà recarsi nella casa della strega, la Barbie stramba, alternativa, brutta e pazzerella che, però, ha poteri di immaginazione fuori commercio e ‘sa’ non solo come sopravvivere a Barbieland, ma anche come salvare Barbie dai suoi inestetismi: Barbie dovrà andare nel mondo reale e trovare la bambina dall’infanzia infelice a cui ridare speranza e innocenza, senza farsi rimettere nella scatola della Mattel.
Non sarà facile dileguarsi dal Consiglio di amministrazione ovviamente, ma polemicamente, tutto al maschile, fedele al sistema del patriarcato e del presidente che ha messo in piedi una vera e propria società di servizi segreti, dietro lo storico logo che continua a regalare sorrisi a tanti bambini. Nel mondo reale Barbie scoprirà di non essere il gioco preferito da tutte come pensava, anzi, viene accusata di essere l’artefice dell’infelicità delle donne e del capitalismo attuale, nonché di essere fascista. Qui prende forma l’interessante rovesciamento dei ruoli e dei pregiudizi che molti, come me, avevano prima di vedere la stravagante pellicola – che molto ha fatto e sta facendo discutere. Nel tentativo di Barbie – accompagnata nel suo viaggio dall’innamorato a senso unico Ken – di riportare la felicità e il gioco al potere (nell’interesse dell’indipendenza e dell’autonomia delle donne), insegnando alle bambine a sentirsi potenti nella fantasia e non nell’asservimento al sistema maschile (che ci vuole impacchettate e confezionate, perfette e a buon mercato), si apre una strada dove l’arte mescolata al femminino diventa protagonista, in una libertà da conquistare e guadagnarsi anche a costo della guerra tra uomini e solidarietà tra le donne – da costruire.
Dopo l’esperienza nel mondo reale sembra che Barbie abbia imparato a pensare come un’umana, complice la sua illustratrice (che Barbie conduce nel proprio mondo con i rollerblades), artefice dei pensieri di morte e dei suoi ricordi infelici. Barbie, incapace di reggere ai sentimenti e ai casini umani, nello stravolgimento di Barbieland trasformato da Ken in un mondo orgogliosamente e goffamente patriarcale, che rispecchia quello moderno, ma meno tragicomicamente reale, intelligentemente demitizzato nell’apparenza laccata, si fa venire un esaurimento. Esplode da questo momento un’inattesa vena fantastica, paradossale, iperrealistica, ironica, pungente, che asfalta il sistema e salva la protagonista, restituendole il ruolo di eroina, saltando da una dimensione individuale a una socialmente collettiva che sferra colpi duri ai pregiudizi e alle questioni di genere grazie al potenziale interno femminile che l’illustratrice le suggerisce di avere e che Barbie riesce non solo a ritrovare ma a trasferire nelle sue compagne.
Bellissima l’invettiva per la riscoperta di una chiamata all’unicità che vale per tutte le donne – e anche per noi – nonostante il sistema ci snobbi e umili volutamente, incoraggiando a farci a sentire puntualmente sbagliate, inadatte, comunque colpevoli, qualunque cosa siamo, o non siamo, dentro e fuori noi stesse, se non siamo abbastanza umili, e grate al sistema truccato e bifolco, che ci fa sentire in colpa mentre facciamo i salti mortali per piacere agli altri, sabotando rughe, inestetismi, paure, morte, e pure le parole. E se questo non vale solo per noi donne, ma anche per le bambole, davvero non sappiamo più che dire, se non che occorre cambiare con i fatti, radicalmente, il sistema, come proprio le bambole ci insegnano: votando per la Costituzione, lasciando che gli uomini si facciano la guerra tra di loro, dimostrandoci solidali tra di noi, incoraggiando i nostri talenti, non diventando come vorrebbe il mondo reale che ci inchioda – esattamente come quello virtuale – ma disegnandone uno per noi, dove è possibile diventare se stesse.
Barbie, grazie all’incontro con la sua inventrice, Ruth Handler, una vecchina di un metro e 50, che evade le tasse e annuncia il finale senza spoilerarlo, diventerà Barbara, in onore della figlia, la versione umana e autentica di Barbie, che muore come bambola e smette di essere l’idea diventando l’ideatrice del suo nuovo destino, dove nessuno potrà più assomigliarle.
venerdì, 11 agosto 2023
In copertina: Teaser ufficiale (particolare)