Carlo Bertini ricorrerà al Tar contro il licenziamento di Banca d’Italia
di Simona Maria Frigerio
Premessa. Esattamente dieci anni fa assistemmo a un bel dialogo teatrale tra due ottimi attori, Matteo Romoli e Caterina Simonelli, intitolato R…esistere. 13 buoni motivi per rinunciare al suicidio. Il tema era ‘per quale ragione ha senso continuare a lottare e a vivere’. Inutile negarlo: soprattutto in questo lungo periodo di crisi che, per tanti giovani si protrae da almeno due decadi, a volte prende lo sconforto quando ci si accorge di sopravvivere a stento tra lavori mal retribuiti, sempre più precari (pardon: flessibili), spesso lontani non solamente dalle ambizioni degli anni di studio ma persino dalle aspettative di sicurezza e crescita professionale sulle quali potevano contare i nostri genitori.
In questo clima plumbeo, figurarsi se qualcuno può avere il coraggio di portare avanti le proprie idee o esercitare il diritto di critica sul posto di lavoro! Lampante ormai nel mondo del giornalismo mainstream, l’adesione al pensiero unico imperante o ai diktat della proprietà, vale un po’ in tutti i settori e, quando qualcuno obietti o denunci mal funzionamenti della macchina produttiva (pensiamo, ad esempio, alle battaglie nel settore dei trasporti pubblici), va da sé il rischio il licenziamento. Se a questo, si aggiunge l’italica mancanza di senso civico che ci porta a idealizzare come eroi coloro che si comportano in maniera diversa – ovvero assumendosi responsabilità che, come tali, comportano anche rischi – è ovvio che sarà sempre più difficile cambiare una situazione ormai incancrenita. I dati Istat ci consegnano, ad aprile, un calo della produzione industriale su base annua del 7,2% (il più significativo dal luglio 2020, in piena crisi pandemica, quando toccammo il fondo con un -8,3%). Del resto, come scrive Pasquale Cicalese su L’Antidiplomatico, commentando un titolo apparso su Il Sole 24 Ore, Allarme competitività, produttività e innovazione giù: “che innovazione possono avere settori portanti dell’industria italiana quali arredo, alimentare, tessile, abbigliamento, calzature ecc.? Sono settori che occupano una parte non indifferente degli occupati industriali. In questi settori puoi fare solo innovazione di processo, non di prodotti, perché i prodotti sono quelli, peraltro richiesti dal mercato mondiale. E per fare innovazione di processo devi mettere soldi sulla struttura dell’azienda, fare cioè gli investimenti. Che non fanno da 50 anni, basandosi tutto su salari bassi” (1).
In questo quadro è ancora più importante battersi al fianco di quelli che dicono no a questo sistema: ai lavoratori in lotta per conservare il proprio posto di lavoro e la fonte di mantenimento per sé e, magari, la propria famiglia; a quelli che affermano diritti come l’autodeterminazione sul proprio corpo, e sono sospesi per mesi senza nemmeno l’assegno alimentare (pandemia docet); e ancora a coloro che – come Carlo Bertini – denunciano quello che secondo loro è un illecito o un ‘mal funzionamento’ di un qualche ‘meccanismo all’interno della macchina amministrativa o burocratica’ (in questo caso specifico, di uno dei sistemi di vigilanza più importanti del nostro Paese, ossia Banca d’Italia).
Il secondo licenziamento di quest’epopea kafkiana
Del caso avevamo già scritto (2) ma ora arriva un nuovo provvedimento disciplinare a carico del funzionario. Dopo che il T.A.R. per il Lazio, il 27 marzo scorso, aveva annullato il precedente licenziamento – senza però entrare nel merito, in quanto “pregiudiziale all’esame degli altri profili dedotti” era il fatto che a Bertini era stato impedito “di avvalersi dell’assistenza di un legale di fiducia in sede di audizione disciplinare” – Banca d’Italia applica nuovamente la sanzione disciplinare della destituzione in base all’articolo 80 nn. 1) e 3) della parte I del Regolamento del Personale. Traduciamo. Banca d’Italia licenzia, con effetto retroattivo, dal 29 marzo 2023 (sebbene la delibera sia stata adottata nella seduta del 31 maggio), Carlo Bertini: “1) per particolare gravità dei fatti punibili con la riduzione della retribuzione o la sospensione dal servizio e dalla retribuzione” e “3) per violazione del segreto d’ufficio o dei segreti delle lavorazioni che abbia portato grave pregiudizio alla Banca”.
Conversando con l’avvocato Mattia Crucioli, tra i legali che assistono Bertini, capiamo che il nocciolo delle motivazioni per tale provvedimento, come riassunto poi nelle conclusioni, è che Banca d’Italia contesterebbe al suo funzionario, oltre alla violazione del segreto d’ufficio, anche le dichiarazioni pubbliche rilasciate a Report (3) ma non per il contenuto delle stesse quanto per alcune ‘illazioni’ emerse nel corso della trasmissione e il grande riscontro di pubblico ottenuto dalla stessa. Il grave nocumento alla reputazione non sarebbe, quindi, da imputarsi alle parole di Bertini ma al contenuto giornalistico d’inchiesta della puntata di Report – che va aldilà del racconto del funzionario nella puntata tuttora visibile su Rai Play.
Quindi, ancora una volta, si contesta a Bertini la violazione del segreto d’ufficio. Eppure, a breve, diventerà un diritto di ogni lavoratore denunciare pubblicamente l’illecito o il mal funzionamento che, precedentemente fatto presente all’azienda, non trovi risposta. In effetti, con il Decreto Legislativo del 10 marzo 2023, n. 24 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale S.G. n. 63 del 15 marzo 2023), che entrerà in vigore il 15 luglio 2023, si proteggono finalmente i cosiddetti segnalanti di un illecito del settore privato, pubblico e di aziende soggette a controllo pubblico.
Vogliamo segnalare nuovamente che tra i contenuti vincolanti, la direttiva prevede “che la tutela sia riconosciuta anche in caso di segnalazioni o divulgazioni rivelatesi poi infondate, qualora il segnalante abbia avuto fondati motivi di ritenere che la violazioni fossero vere”. Inoltre, “nel settore dei servizi finanziari il legislatore dell’Unione ha già riconosciuto il valore aggiunto della protezione degli informatori”.
Sempre l’avvocato Crucioli ci spiega che il DL del 10 marzo scorso ha in realtà dato attuazione a una precisa Direttiva, la 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, la quale è già stata applicata a livello giurisprudenziale anche in Italia. Se Bertini non potesse usufruirne si creerebbe una disparità di trattamento tra il suo caso e altri già giudicati – il che è contrario alla nostra Costituzione – oltre al fatto che “dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che una norma possa avere valore retroattivo se ciò risponde a un criterio di ragionevolezza e di maggiore giustizia” (4).
Carlo Bertini farà ricorso al T.A.R. e si spera che questa volta il Tribunale Amministrativo entri nel merito – ma non solo. Si spera che sia affermato definitivamente il principio contenuto nel Decreto Legislativo e nella Direttiva Europea e che ogni lavoratore possa denunciare un eventuale fatto illecito, senza temere di perdere il lavoro per aver svelato un qualche segreto d’ufficio.
L’immagine di un’azienda, vi e ci chiediamo, si salvaguardia meglio licenziando il lavoratore che ha fatto presente un eventuale ‘mal funzionamento’ o ammettendo i propri eventuali errori e risarcendo chi abbia subito un danno?
Vi terremo aggiornati…
(1) L’articolo di Pasquale Cicalese con l’analisi dei motivi della crisi di produttività in Italia: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_mito_del_made_in_italy_bassi_salari_e_ci_parlate_di_innovazione/29785_49956/
(2) L’intera vicenda di Carlo Bertini e della cosiddetta truffa dei diamanti da investimento, venduti da alcuni importanti gruppi bancari ai propri clienti: https://www.inthenet.eu/2023/05/05/carlo-bertini/
(3) L’inchiesta di Emanuele Bellano, intitolata The whistleblower, trasmessa il 13/12/2021: https://www.rai.it/programmi/report/inchieste/The-whistleblower-9e4078fa-6c68-41d9-89e8-602c6837efd1.html
(4) Si veda: http://www.consulentidellavoro.pa.it/quando-una-norma-puo-avere-valore-retroattivo/
venerdì, 16 giugno 2023
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay