Poetiche emozioni
L’esperienza di muoversi come attori sul palcoscenico del Museo della Scienza e della Tecnologia, vuoto e silenzioso, quasi fosse il Louvre di Belfagor.
Per anni, spinta e premuta dalla folla che assale frenetica le teche dei musei, ho sognato di tornare in quel museo, di notte, con le sale abbandonate nella penombra lunare, per vagare nei corridoi cullata dalla musica di Terror and Magnificence e la voce da contralto di William Purefoy. Muoversi in uno spazio altro rispetto a quello teatrale e lasciare che gli occhi dell’immaginazione creino mondi, mentre la nostra vista si sofferma, nelle sale in penombra, su oggetti sconosciuti. Essere in un teatro altro, vuoto, condividere l’esperienza di un testo e musiche solo con pochi iniziati che, come noi, separati dall’esterno silenzioso e immersi nel racconto proveniente dalle cuffie, vagano nel Museo della Scienza e della Tecnologia. Tutto ciò può accadere, a Milano, in una serata ottobrina che ha i colori e la temperatura di una notte di fine estate.
Nelle cuffie un testo di David Leddy, giovane drammaturgo scozzese che intesse la storia di diversi personaggi: voci legate-slegate, memori delle onde di Virginia Woolf. I frammenti di una vita individuale, che finisce sempre per essere strettamente collegata a quella di tutti gli altri e, come le onde tornano al mare, così al termine del racconto i frammenti di ogni esistenza ricostruiscono quel puzzle di esperienze comuni che ci rendono parte di una storia collettiva. Mentre capiamo a chi appartiene ciascuna voce e ricostruiamo la vita di un individuo, il cantante d’opera Robin Goodfellow, i suoi errori, i suoi amori, l’influenza che ha avuto sugli altri – figli, colleghi, una fan – anche la nostra vita si ricompone davanti ai nostri occhi attraverso gli oggetti quotidiani che hanno fanno parte della storia individuale e collettiva: il set de Il pranzo è servito, la televisione in un angolo di un bar degli anni 50, il giradischi, il telefono a muro e poi quello di plastica grigia della Sip, e ancora i dischi in vinile, le radio di legno e quella di plastica colorata delle prime vacanze al mare.
Un’esperienza che ha diversi piani di fruizione e rimanda continuamente a testi altri. Il racconto, innanzi tutto, che parte dai ricordi di chi ha amato e odiato Goodfellow, ma che è intessuto sullo sfondo di Sogno di una notte di mezza estate, nella versione operistica di Benjamin Britten. Le musiche che, a loro, volta, ci accompagnano da una stazione all’altra come nei Misteri e nelle Sacre rappresentazioni medievali. I luoghi, che si caricano di significati nuovi a mano a mano che la storia si dipana ma, a loro volta, la investono di segni diversi. In particolare, quando si entra nella stazione ferroviaria e, immersi nella penombra, si percepisce la suggestione degli antichi treni a vapore o, ancora, quando si ammira il pendolo di Foucault e, d’un tratto, nel museo vuoto si rabbrividisce quasi, ricordando le pagine di Eco. E il cordone ombelicale dell’umanità si riavvolge tra le macchine da guerra di Leonardo o gli strumenti musicali del Settecento, che ci appartengono come la memoria collettiva di Jungiana memoria, come l’incesto, l’abuso, il desiderio negato.
L’interpretazione degli attori storici dell’Elfo è impeccabile ma la voce di Ferdinando Bruni ha un calore, una sensualità e una gradualità di modulazioni rari.
Unica pecca l’ultima sala, l’ottava, sacrificata a causa della posizione laterale rispetto all’ingresso, e la meno suggestiva di tutte. Per le ultime battute, per godere appieno gli ultimi snodi del racconto, ci sarebbero voluti dei posti a sedere (anche perché, prosaicamente, a quel punto il viaggiatore-spettatore è stanco) e, mai come in questo caso, una panchina sarebbe d’uopo.
Lo spettacolo è andato in scena:
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci
via San Vittore, 21 – Milano
Susurrus
versione in esclusiva per MilanOltre
scritto e diretto da David Leddy
voci italiane di Ferdinando Bruni, Cristina Crippa, Elio De Capitani e Ida Marinelli
venerdì, 29 settembre 2023 (la recensione riguarda lo spettacolo andato in scena il 17 ottobre 2009, in originale in Anche i critici nel loro piccolo…)
In copertina: ll Logo del Festival MILANoLTRE