La testimonianza di una performer sulla situazione culturale ed economica che si vive a Spalato e Zagabria
di Simona Maria Frigerio
Continuiamo il nostro viaggio nella vita quotidiana di chi ha scelto il teatro quale mestiere ma anche di coloro che vivono la pandemia esercitando altre professioni nel settore della cultura. Dopo aver sentito alcune testimonianze da Francia, Israele, Spagna e Irlanda, è la volta della Croazia dove, nonostante l’adesione all’Unione Europea, non sembra che il Paese riesca a far fronte alle difficoltà e alla disoccupazione provocate dalla pandemia. Oltre al fatto che, alla vigilia di Capodanno 2020, il Paese è stato colpito da una scossa di terremoto che ha provocato danni ingenti nelle città di Petrinja, Sisak e Glina e al patrimonio artistico della zona.
Qual è la sua professione e dove la svolge abitualmente?
Martina Freyja Kartelo: «Al momento vivo nel mio Paese d’origine, in Croazia e, per la precisione, a Spalato. Sono un’artista performativa e lavoro in diversi ambiti ma principalmente come attrice. In questo periodo, però, sono disoccupata e non a causa del Covid-19 ma in quanto la pandemia rende molto complicato viaggiare. Anche prima dell’insorgenza del virus era difficile, per me, avere un lavoro continuativo proprio per la natura di questo mestiere. In effetti, ho vissuto e lavorato per la maggior parte della mia vita adulta in Islanda e nel Regno Unito».
Nel corso dell’ultimo anno cinema, teatri, musei, in Croazia, sono stati chiusi o si sono preservati il mondo della cultura e la scuola?
M. F. K.: «Dato che ho una vita nomade e che lavoro molto spesso all’estero, avendo eletto il viaggio a parte essenziale della mia esistenza, la pandemia mi ha letteralmente bloccata. Parlando della situazione generale croata, vedo che il Covid-19 ha interrotto anche il lavoro dei miei colleghi. L’anno scorso, in marzo e aprile, quando vi fu il primo lockdown, chiusero tutto. Essendo un piccolo Stato con un alto numero di attori e attrici, abbiamo cercato di riunirci e di aprire un dialogo con il Ministro della Cultura [dal 2016, ricopre l’incarico Nina Obuljen-Koržinek, n.d.g.] perché vi sono alcuni, tra di noi, che si stanno davvero impoverendo e dipendono totalmente dallo stipendio che percepiscono lavorando in teatro. È stato un periodo davvero difficile. Adesso va un po’ meglio ma è tuttora parecchio complicato. Alcuni artisti e vari teatri propongono spettacoli e performance online. Ma in Croazia il settore è molto centralizzato. Se accade qualcosa, accade a Zagabria. Quindi, lì si trovano anche teatri che hanno riaperto ma devono confrontarsi con i contingentamenti degli spettatori. Una sfida al quadrato! L’altra maggiore fonte di sostentamento per gli attori era il lavoro nelle scuole, ma anche questa attività è venuta meno».
I tecnici e gli attori hanno percepito sussidi di disoccupazione?
M. F. K.: «Personalmente non ne ho usufruito perché non ho lavorato in Croazia il tempo sufficiente per avere i requisiti per richiederlo. Ovviamente, ogni Stato ha regole diverse per ottenere il sussidio di disoccupazione. Alcuni artisti performativi che conosco, lo hanno percepito ma non coloro che vivono grazie a collaborazioni freelance. Bisogna anche dire che non tutti coloro che lavorano nel settore sono assunti dai teatri e, quindi, possono giovarsi delle normali garanzie. La Croazia è un Paese povero, ci sono diversi problemi, alcuni che si trascinano fin dalla guerra dei Balcani, altri dovuti alla corruzione, e la pandemia ha acuito una situazione già di per sé non buona».
Il settore culturale, in Croazia, suscita attenzione o chi vi lavora non è considerato realmente un professionista?
M. F. K.: «I lavoratori della cultura e gli artisti, nel mio Paese, sono discriminati. Non hanno un proprio status che susciti il rispetto dovuto alla loro professione».
Dietro le quinte, sebbene chiusi al pubblico, alcuni teatri hanno continuato a svolgere le proprie attività?
M. F. K.: «Sì, è accaduto in alcuni teatri. Ma parliamo sempre dei maggiori, nella capitale».
Com’è la situazione economica nel Paese al momento?
M. F. K.: «Il nostro è un Paese che ha diversi problemi a livello economico e si basa principalmente sulle entrate del settore turistico. La Stagione passata è andata molto male. Ci sono state parecchie perdite a livello di entrate e anche per quest’anno si avverte una certa preoccupazione. Siamo quasi a maggio e, di solito, la Stagione inizia già in aprile ma, nonostante le frontiere siano aperte e ci sia solo un parziale lockdown, i turisti stranieri non arrivano».
La campagna vaccinale come sta andando? La vita quotidiana sta tornando alla normalità?
M. F. K.: «Sta proseguendo ma ci vuole tempo. Ovviamente il personale sanitario e gli anziani sono i primi a dover essere vaccinati. Le persone più giovani, che vorrebbero fare il vaccino, non possono perché non ci sono le dosi. Così so di gente che si reca in Serbia a farsi vaccinare. La verità è che la situazione è alquanto caotica anche da questo punto di vista».
Le persone sono ancora molto spaventate dalla pandemia o hanno voglia di tornare alla vita normale?
M. F. K.: «Penso che la risposta sia sempre individuale. Ci sono persone che hanno cercato di andare avanti con la propria vita normalmente – penso soprattutto ai giovani, alle persone con meno di quarant’anni e alle coppie con bambini piccoli. Altro discorso per gli anziani e anche per coloro che hanno perso il lavoro. I primi perché temono di contrarre il Covid-19 e di ammalarsi. I secondi perché hanno paura che non troveranno facilmente una nuova occupazione».
Quali prospettive lavorative vi sono, in questo momento, per lei e il suo settore?
M. F. K.: «Al momento sto lavorando per un Festival ‘alternativo’, che si terrà a fine maggio, con il quale avevo collaborato anche precedentemente. Credo che la sensazione che abbiamo tutti, nel nostro settore, sia quella di dover trovare un modo per tornare sul palco. Troppi festival, artisti, compagnie hanno smesso di lavorare ed è importante fare tesoro di qualsiasi opportunità per tornare a essere visibili e a fare il nostro mestiere. Quando si parla, al contrario, di risorse finanziarie e di come ottenerle, non saprei cosa suggerire. So di troppi artisti che, al momento, sono ridotti a elemosinare. Dobbiamo creare dei progetti davvero validi, di qualità, portati avanti con competenza così da poter chiedere dei finanziamenti al Ministero della Cultura. Non si può pensare di avere dei fondi solamente perché si è in questa condizione – siamo in troppi ridotti sul lastrico. Dobbiamo resistere ma abbiamo la necessità di trovare le idee giuste e di trasformarle in progetti validi».
Venerdì, 30 aprile 2021
In copertina: Zagabria, Croazia. Foto di Websi da Pixabay.