Amnesty International denuncia “come il riconoscimento facciale frammenta, segrega e controlla i palestinesi nei Territori Occupati ”
di La Redazione di InTheNet
Amnesty International ha pubblicato recentemente un Rapporto intitolato AI: Israeli authorities use facial recognition technology to entrench apartheid (1), nel quale denuncia come le autorità di occupazione istaeliane stiano utilizzando strumenti di sorveglianza illegale tra i quali spicca Red Wolf (2), che sarebbe in grado di “scansionare i volti dei palestinesi e archiviare i loro dati biometrici”.
Notizia di per sé orwelliana, ma che appare ancor più preoccupante tenendo in considerazione sia le potenzialità del software Toka (3), che “hackera (ossia penetra) nei network preesistenti (del Governo o della security di un hotel, ad esempio), accede ai loro dati in archivio, monitora ciò che accade dal vivo, geolocalizza un veicolo e, soprattutto, può alterare le registrazioni visive, senza lasciare alcuna traccia” (come denuncia anche Haaretz); sia il fatto che in Israele si sia discusso e, in estate, si tornerà a farlo, di una riforma del sistema giudiziario che toglierebbe poteri alla Corte Suprema in favore del Governo. Tutto ciò in uno Stato che è ufficialmente una ‘democrazia’ (termine forse inesatto in quanto lo Stato di Israele è oggi Stato-Nazione solamente degli ebrei) monocamerale, senza una vera e propria Costituzione e dove la Corte Suprema è ormai l’unico simulacro di organo istituzionale che può limitare i poteri del Premier Netanyahu e del suo Governo di destra.
Secondo quanto riferisce Amnesty International, Red Wolf sarebbe impiegato ai posti di blocco militari di Hebron, nella Cisgiordania occupata. Ovviamente le scansioni sarebbero ottenute e archiviate senza il consenso dei diretti interessati. Ma la tecnologia di riconoscimento starebbe aumentando anche a Gerusalemme Est e per Amnesty: “questa sorveglianza” può considerarsi organica a “un deliberato tentativo da parte delle autorità israeliane di creare un ambiente ostile e coercitivo per i palestinesi, con l’obiettivo di minimizzare la loro presenza in aree strategiche”.
Se si può sottoscrivere la denuncia di Agnès Callamard, Segretaria Generale di Amnesty International, sull’utilizzo di Red Wolf a Hebron, in quanto sta “rafforzando le restrizioni draconiane alla libertà di movimento dei palestinesi, utilizzando dati biometrici acquisiti illegittimamente per monitorare e controllare i palestinesi in giro per la città”, erodendo i margini di attivismo e socialità che ancora può esercitare un popolo la cui terra è occupata da 75 anni, pensiamo a cosa potrebbe capitare se tali scansioni fossero utilizzate e manipolate da un software come il succitato Toka.
Fantapolitica? Forse. Ma il 17 aprile scorso, in occasione della Giornata Internazionale dei Prigionieri Palestinesi, sono apparsi alcuni dati che danno la misura dei livelli di segregazione imposti da Israele alla popolazione dei Territori Occupati. Negli ultimi 50 anni sono stati detenuti oltre 800 mila palestinesi e, al momento, come ricorda anche l’Ambasciata dello Stato di Palestina in Italia: “Sono circa 5.000 i cittadini della Palestina incarcerati in Israele. Tra di loro vi sono 31 donne e 160 minori, compresa una ragazza. Si tratta, per almeno 1.000 di questi casi, di detenzioni amministrative senza capo di accusa né processo, utilizzate anche per sei minorenni e due donne”. Nael Barghouti ha trascorso “43 anni dietro le sbarre di cui 34 consecutivi” (Nelson Mandela ne passò solo 27 prima che si mettesse fine all’Apartheid in Sudafrica).
(1) La denuncia di Amnesty International: https://english.wafa.ps/Pages/Details/135597
(2) L’articolo di Haaretz.com: https://www.haaretz.com/israel-news/2023-05-02/ty-article/.highlight/israel-using-facial-recognition-tech-to-entrench-apartheid-amnesty-intl-says/00000187-db8a-d9b4-abaf-fbbe6c080000
(3) L’articolo sul software israeliano Toka:
venerdì, 26 maggio 2023
In copertina: Il logo di Amnesty International