Dai pesticidi all’uranio impoverito passando per i laboratori di armi biologiche
di Simona Maria Frigerio
Nell’ultimo mese si è accesa la discussione sul grano importato dall’Ucraina. L’accordo per il trasporto di grano, cibo e fertilizzanti attraverso tre porti sul Mar Nero (firmato da Mosca, Kiev, Ankara e le Nazioni Unite nel luglio 2022), che avrebbe dovuto permettere di esportare alcuni prodotti agricoli di prima necessità dal territorio ucraino verso l’Europa in maniera tale che la stessa li distribuisse (per buon cuore) ai Paesi africani si è rivelato, purtroppo, l’ennesimo boomerang per le economie europee. Innanzi tutto, come ha denunciato il Presidente Putin recentemente: “Quasi il 45% [del grano] è stato consegnato ai ben nutriti Paesi europei, nonostante il fatto che tale patto fosse stipulato per assicurare gli interessi dei Paesi africani” (t.d.g.). L’accordo doveva anche consentire al popolo ucraino di avere delle entrate sicure (forse per continuare la guerra e foraggiare l’industria degli armamenti dato che, prima o poi, quel Paese sarà costretto a fare i conti con gli enormi debiti che sta accumulando?, ci domandiamo noi). Ma l’eccesso di produzione e l’ingordigia europea hanno portato alle conseguenze che la Russia aveva previsto. Ossia a un eccesso di prodotti immessi sui nostri mercati con conseguente diminuzione dei prezzi – che adesso sta mettendo in ginocchio gli agricoltori dei Paesi dell’Est europeo. Non a caso, Ungheria e Polonia hanno annunciato di vietare l’importazione dei prodotti agricoli e alimentari dall’Ucraina. Mentre le medesime proteste si registrano anche in Romania, Bulgaria e Slovacchia.
Bruxelles per tutta risposta ha rivendicando che: “La politica commerciale è una competenza esclusiva dell’Ue, azioni unilaterali non sono accettabili” (come fece per i famosi vaccini: quei lotti che pagheremo per anni senza nemmeno riceverli, e quegli altri che abbiamo ‘donato’ all’Africa quando ci siamo accorti che gli europei non li avrebbero più accettati perché provocavano trombocitopenia).
Ma questo grano ucraino, che crea distorsioni del mercato e che a breve potrebbe essere contaminato dall’uranio impoverito (e su questo punto torneremo), che sicuramente non cresce in zone green, visto che da anni il Paese è in guerra e, da febbraio 2022, la stessa si è inasprita e allargata (come ben sappiamo), già nel 2018 era stato messo sotto accusa a causa del contenuto di sostanze nocive alla salute. Quando la Slovacchia, in queste ultime settimane, attraverso il proprio Ministro dell’Agricoltura, Samuel Vlcan, denuncia che sono stati rintracciati livelli di pesticidi più elevati di quanto consentito dalle leggi in materia, in lotti di grano ucraino (1), non fa che confermare quanto già denunciato nel 2018 dall’UNEP, ossia dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (2). Nei documenti si legge che l’Ucraina utilizzava 100mila tonnellate di pesticidi l’anno per “un investimento approssimativamente di 2 miliardi di dollari. Una tale elevata domanda inevitabilmente attrae malfattori. Imperfezioni nella legislazione, corruzione, mancanza di esperienza nell’affrontare il giro d’affari del settore, così come la difficile situazione economica generale, rende l’Ucraina vulnerabile alla circolazione di prodotti illegali per la protezione dei raccolti”. Non solo. Le Nazioni Unite, ben un lustro fa, denunciavano anche la mancanza di strutture per la distruzione dei pesticidi illegali e altresì che: “i prodotti contraffatti confiscati, conservati in magazzini poco controllati, ritornano spesso sul mercato dopo un po’ di tempo” (t.d.g.).
Come abbiamo scritto in un altro articolo, nessuna buona azione europea rimarrà impunita.
Dai pesticidi all’uranio impoverito
Mentre il nostro Premier (che, come i suoi predecessori, ha giurato sulla Costituzione e sul suo Articolo 11) invia circa 20 obici semoventi M109L (3) all’Ucraina (che poi dovremo ricomprare nuovi di zecca con le nostre tasse); il granaio d’Europa sta anche ricevendo i famosi carri armati Challenger 2 dal Regno Unito, corredati di munizioni all’uranio impoverito – ovviamente per la controffensiva primaverile che, nel frattempo, sta diventando estiva.
Siccome molti colleghi si sono affrettati a scrivere che non si tratta di armi ‘nucleari’, chiariamo che le radiazioni non provengono solo da bombe come quelle statunitensi che conserviamo nelle basi militari di Ghedi o Aviano, ma anche da semplici munizioni sparate in un poligono di tiro. Inoltre, laddove vi sia una qualche forma di dispersione radioattiva, la stessa non danneggerà solamente i militari nel momento in cui le armi sono utilizzate, ma per lunghi periodi anche le popolazioni che abiteranno quelle aree a causa dell’inquinamento che interesserà terreni, raccolti, bestiame e falde acquifere.
A proposito rileggiamo alcuni passaggi della Proposta di Relazione sull’attività svolta dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta della XVII Legislatura (4), istituita con delibera della Camera dei deputati italiana il 30 giugno 2015 e modificata con delibera della medesima il 15 novembre 2017. La quarta, in ordine di tempo: “per indagare sulle complesse questioni che concernono l’utilizzo dell’uranio impoverito da parte delle nostre Forze armate, nonché, nel caso specifico della XVII legislatura, su un ampio spettro di fattori patogeni ad esso correlati e incidenti sia sulla salute dei militari, sia quella dei dipendenti civili dell’amministrazione della Difesa e delle popolazioni residenti nei territori su cui insistono i poligoni e le installazioni militari nel nostro Paese”.
Secondo tale documento, le Forze Armate, ma anche la Polizia di Stato e i Vigili del Fuoco rischierebbero la propria salute e la vita a causa di diverse sostanze, tra le quali amianto, uranio impoverito, vaccini e “quel killer silenzioso che è la seconda causa di tumore polmonare, il radon”.
Tra i molti spunti interessanti, vediamo quello che riguarda il ‘riciclo’ delle acque inquinate. Fa specie “la testimonianza resa il 5 luglio 2017 dal Ten. Col. Medico Ennio Lettieri, per più anni in missione in Kosovo, l’ultima volta in qualità di direttore dell’infermeria del Comando KFOR, una base situata nella capitale, a Pristina: «Appena sono arrivato in questa base di Pristina che si chiama Film City mi hanno subito fatto notare che era distribuita e venduta nei vari negozi, pizzerie o ristoranti un’acqua dal sapore molto particolare, ne discussi anche con il comandante della missione che attualmente è un generale italiano e quindi decisi di cercare qualcosa inerente alla composizione sia chimica che batteriologica di quest’acqua. Innanzitutto all’occhio arrivò subito la provenienza di questa acqua, che era un’acqua kosovara, veniva distribuita sia in forma naturale che in forma frizzante e poi venduta nei ristoranti e nelle pizzerie”. In breve, dopo aver affrontato il consueto muro di gomma, Lettieri scopriva che la quantità di bromato nei campioni d’acqua che era riuscito a far analizzare “eccedeva di circa dieci volte il massimo consentito”. Lo ione bromato “è un cancerogeno di classe 2 B, possibile cancerogeno per l’uomo, ma legandosi con il potassio forma il bromato di potassio, che è un cancerogeno puro”. A comprova che dall’inquinamento ambientale non ci si protegge.
Riguardo all’uranio impoverito (che, d’un tratto, sembra acqua di fonte in questa Europa green solo quando si tratta di caldaie per uso domestico e batterie al litio ma non per gas di scisto e armi), sempre nel documento della Commissione d’Inchiesta si legge: “Particolarmente significative sono le sentenze […], con le quali i giudici amministrativi hanno censurato l’atteggiamento negazionista del CVCS (4) in merito agli effetti dell’esposizione all’uranio impoverito. «La probabile connessione tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgenza di gravi patologie, anche di natura oncologica, ha indotto l’ONU a vietare l’utilizzo di armi contenenti tale elemento (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e di precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO»”.
Ovviamente, come già scrivevamo, se è possibile in qualche modo proteggere i militari impegnati in operazioni che prevedano l’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito, non è però possibile proteggere l’ambiente da una forma di inquinamento che, indirettamente (attraverso l’acqua, la carne o le verdure e i cereali, il pesce e qualsiasi altro alimento vi venga prodotto) finirà per minare la salute di quegli stessi militari ma anche, e soprattutto, dei civili che vivranno in quelle zone o che, anche vivendo in un altro Paese, acquisteranno i loro prodotti agroalimentari.
La settimana prossima chiariremo anche l’ultimo punto, ossia scriveremo delle inchieste russe sui laboratori statunitensi di armi biologiche su territorio ucraino. Nel frattempo, a tutti gli europei, buon appetito!
(1) L’articolo originale: https://interfax.com/newsroom/top-stories/89590/
(2) Il documento dell’UNEP: https://www.unep.org/news-and-stories/story/fake-pesticides-real-problems-addressing-ukraines-illegal-and-counterfeit
(3) L’articolo originale su Sputnik International: https://sputnikglobe.com/20230416/italy-sends-two-dozen-m109l-self-propelled-howitzers-to-ukraine—reports-1109579001.html
(4) Proposta di Relazione sull’attività svolta dalla Commissione d’Inchiesta, datata 7 febbraio 2018, relativa ai “casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all’esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e della dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni”: https://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=18082:2018reluranioimp&catid=81&Itemid=142
(5) Il CVCS è il “Comitato di verifica per le cause di servizio”, ossia “un organo consultivo che emana pareri sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte o lesioni subite da dipendenti pubblici, civili o militari, e sulla interdipendenza tra infermità”
venerdì, 28 aprile 2023
In copertina: Foto di Piet van de Wiel da Pixabay (Gratis da usare sotto la Licenza per i contenuti)