Da Bryansk a Londra passando per Francoforte
di Simona Maria Frigerio
Le regole della semantica ci insegnano che lo ‘slittamento semantico’ avviene quando una parola esistente “assume un nuovo significato in un campo tematico differente”. L’esempio par excellence in tempo pandemico era la parola ‘tamponare’ che da: “causare un incidente automobilistico” passava a significare: “effettuare un test antigenico rapido per la malattia denominata Covid-19”.
In questi ultimi trent’anni di guerre Nato (o statunitensi con alleati occidentali), però, sono moltissime le parole (e le frasi) che hanno iniziato ad assumere un significato diverso, non allo scopo di descrivere una realtà differente ma di distorcerla tout-court a uso e consumo dei media e, in caduta libera, dei lettori e telespettatori.
Sulle bombe ‘intelligenti’, i ‘danni collaterali’ e le missioni di ‘pace’ con vari appellativi a infiocchettare l’Operazione del momento si è già scritto (su questo come su centinaia di altri online). Ma negli ultimi giorni sono emerse diverse parole (terrorismo, neonazismo, antisemitismo, paura) per altrettante situazioni che ci fanno comprendere come l’operazione di disinformazione capillare non sia portata avanti né da hacker né da fabbricanti di fake news a cottimo bensì dal potere stesso, ben consapevole che proprio se si hanno di fronte greggi di ignoranti, sarà più facile effettuare lo slittamento indispensabile a rinchiuderci negli angusti recinti delle tifoserie.
Partiamo da Bryansk, dove giovedì 2 marzo alcuni terroristi (definiti sabotatori) ucraini – o russi neonazisti “residenti in Ucraina, che hanno tra l’altro combattuto nelle file del Reggimento Azov” (come riferisce anche la Rai) – hanno ucciso insensatamente due persone e hanno ferito un undicenne mentre portava in salvo due bambine persino più piccole di lui. Due slittamenti semantici, nelle notizie pubblicate, ci hanno fatto riflettere. La prima è da collegarsi al termine ‘sabotaggio’ che, secondo Treccani, è: “azione di resistenza o di rivolta intesa a diminuire il potenziale bellico e a intralciare il funzionamento dei servizî di un nemico interno o esterno”. Ora, sparare contro un’auto e uccidere dei civili non può in nessun modo rientrare in questa fattispecie (fin dai tempi di Collateral Murders). E però se persino i media italiani hanno avallato la definizione netta del Presidente Putin di attacco terroristico, non si comprende come non si usi il medesimo termine, ad esempio, quando si descrive uno qualsiasi degli attentati ucraini che si susseguono con cadenza regolare in Donbass da 9 anni – come quello avvenuto in questi giorni a Lisichansk, dove le forze armate ucraine hanno utilizzato proiettili Nato da 155 millimetri contro le persone in fila, in attesa dell’automezzo che distribuisce acqua potabile (1). Sette feriti e un morto l’esito di tale brillante ‘operazione’. Il secondo slittamento semantico è più sottile. Se fosse provato che l’azione di terrorismo perpetrata a Bryansk non è da attribuire direttamente agli ucraini ma a russi neonazisti militanti della Azov e residenti in Ucraina sarebbe meno grave? Kiev, a quel punto, non avrebbe colpa (almeno di questo attentato)? Se, come affermano i russi fin dall’inizio dell’Operazione Speciale (o della guerra, come preferite), uno tra i problemi capitali in Ucraina resta il neonazismo, il fatto che Kiev attiri, ospiti e abbia tra le sue fila neonazisti di varia provenienza (compresa russa) dovrebbe essere, in realtà, un’aggravante che avalla le accuse di Putin e ci mette di fronte alle nostre responsabilità come occidentali: a chi stiamo fornendo armi? A un inerme popolo attaccato da una potenza nucleare, o a un crogiolo neonazista nel cuore dell’Europa che ha tentato una pulizia etnica contro il proprio popolo per riconquistare porzioni di territorio economicamente ricche, utili anche a ripianare i debiti contratti in Occidente?
Dalla Russia a Francoforte il passo è breve. In fondo, non solamente gli States manovrano per continuare la guerra in Donbass, ma anche i tedeschi stanno dando manforte in vista di una nuova ‘soluzione finale’ (e non utilizzo il termine a caso). Mentre il Parlamento Europeo ospitava (il 31 gennaio di quest’anno) il Forum delle libere nazioni della post-Russia, un gruppo minoritario che vorrebbe spezzettare la Federazione Russa in tanti staterelli da svendere all’Europa (ecco perché abbiamo utilizzato il termine ‘soluzione finale’), il musicista Roger Waters si vede cancellare i concerti nella ‘democratica e verde’ Germania perché antisemita, ossia “contrario, avverso agli Ebrei e alle loro istituzioni” (come da Treccani). Essere a favore delle legittime rivendicazioni del popolo palestinese, significherebbe essere avverso agli ebrei. Ora, dato che la Corte Suprema israeliana ha convalidato la Legge che definisce “Israele come Stato della nazione ebraica” e non di tutti i suoi cittadini, molti dei quali sono arabi, in realtà lo slittamento semantico sta nel fatto che tecnicamente chiunque, dal luglio 2021, critichi Israele (uno Stato che non può più, per definizione sua propria, definirsi democratico) può essere tacciato (proprio per la succitata definizione di Treccani) di antisemitismo. A questo punto la società civile dovrebbe porsi due domande. La prima se la definizione di antisemita, nell’attuale contesto storico, politico e sociale abbia ancora un senso (aldilà di quello storico, indubitabile). La seconda se l’Onu stesso abbia ancora un senso – visto che nessuna delle sue risoluzioni in merito ai diritti del popolo palestinese ha mai avuto un seguito.
E chiudiamo il nostro giro del mondo con Londra, dove sono stati pubblicati dal Telegraph i cosiddetti Lockdown Files (2). Detti messaggi via WhatsApp (ormai parrebbe che i politici svolgano il proprio mestiere via sms, come i mafiosi via pizzini…: ma è solo una battuta!) mostrano alcune sfaccettature della ‘psiche’ dell’allora (Governo Johnson, anno 2020) Ministro alla Salute britannico, Matt Hancock. Ora, la bulimia nelle comunicazioni del succitato e dei suoi sodali è tale che i colleghi del Telegraph stanno analizzando circa 100 mila messaggi e non vogliamo certamente entrare nel merito di tutte le esternazioni (molte estemporanee) del ministro, ma una ci ha colpiti particolarmente. “La conversazione via WhatsApp tra Hancock e il suo consulente ai media, Damon Poole, ebbe luogo il 13 dicembre 2020, due giorni dopo l’emergenza della nuova variante, nota come Alpha o la variante Kent. Poole suggerì che la variante poteva essere utile per preparare il terreno per un futuro lockdown e restrizioni più severe nella corsa verso il Natale. Hancock rispose: «Spaventeremo tutti a morte [letteralmente: we frighten the pants off] con la nuova variante». Poole concordò che questo avrebbe portato a un cambiamento verso un comportamento più appropriato. Lo scambio si verificò mentre vi erano preoccupazioni che le discussioni circa la Brexit dominassero i titoli di testa riducendo l’impatto della nuova variante. Hancock sondò Poole per un consiglio circa i media, chiedendogli: «Quando utilizziamo la nuova variante?»”.
Cerchiamo di rammentare il contesto perché lo slittamento semantico porta a quello della percezione della realtà e la memoria è una delle migliori armi che possiamo utilizzare contro la riscrittura del passato. In Italia l’11 novembre 2020 compariva sul Corriere della Sera l’affermazione fatta dall’allora Ministro degli Affari regionali, Boccia, a Porta a Porta: «Se riapriamo non si potrà farlo come a Ferragosto, da qualche parte in estate è sfuggita la frizione». La narrazione pandemica nel nostro Paese, infatti, addebitava allora l’aumento dei contagi (3) a partire da novembre (ma più deciso dal 1° dicembre) 2020, e che registrò il picco assoluto il 14 gennaio 2021 con 177.514 nuovi contagi in un solo giorno, alle cosiddette ‘libertà’ che gli italiani (quegli scellerati!) si erano ‘ripresi’ durante l’estate. Ora, con un virus di fronte al quale non avevamo bisogno delle rivelazioni di Hancock per sapere che una quarantena di 14 giorni era eccessiva – dato che, dopo cinque giorni dalla positività o due dalla scomparsa dei sintomi, oggi come oggi in Italia non si è più contagiosi! (provate a farlo con l’ebola tale ‘sconticino’ e poi vediamo…) – come si sia potuto imputare ai vacanzieri di luglio e agosto l’aumento dei contagi di tre mesi dopo è una questione di lavaggio del cervello più che di slittamento della realtà. Oppure, sia nel caso britannico che in quello italiano, come ha scritto in un altro messaggio Simon Case, il Segretario di Gabinetto inglese a gennaio 2021: il «fattore paura/colpa» era «vitale» per il terzo lockdown nazionale.
La paura, quindi, ha permesso un continuo slittamento della percezione della realtà da parte della popolazione, in epoca pandemica, mentre oggi è la cattiva coscienza di coloro che hanno sostenuto le misure coercitive e punitive come il Green Pass, ma anche l’utilizzo su larga scala di vaccini non immunizzanti e ancora in fase sperimentale, che continua ad agire a livello subliminale. La tecnica del gaslighting applicata (generalmente) non più da un maschio narcisista e manipolatore contro la propria compagna ma da un’intera classe politica sulla propria popolazione è forse l’unica spiegazione non solamente per un politico che voglia terrorizzare a morte la nazione (mentre l’Oms invitava a messaggi rassicuranti e positivi) ma soprattutto per quel senso di distorsione della realtà e incapacità di affrontare la stessa, seppur spiacevole, che interessa ancora la maggioranza di noi. Curiosamente il termine gaslighting proviene da Gaslight, titolo di un film del 1938 diretto da George Cukor (in italiano, Angoscia, con Charles Boyer e Ingrid Bergman) nel quale, per rovistare in soffitta in cerca delle pietre preziose appartenute alla zia della moglie, un marito bigamo e assassino è costretto ad accendere la luce a gas, facendo diminuire la luminosità delle lampade nel resto della casa. Per non far insospettire la donna, l’uomo comincia a manipolarne le sensazioni e i ricordi, instillandole dubbi sulla propria memoria e sulla conseguente capacità di giudizio.
Come scrisse George Orwell: “Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato” e, in questa epoca di cancel culture, in cui la conoscenza deve scomparire e la letteratura del passato deve essere distrutta (o edulcorata per compiacere i moralisti e auto-gratificare coloro che brandiscono le regole), stare attenti a ogni termine (e conservare i vecchi WhatsApp) può ‘salvarti la vita’.
(1) Fonte: le autorità cittadine, riprese da Tass.com e altri mezzi stampa
(2) Uno tra gli articoli che analizzano quanto emerso finora: https://www.telegraph.co.uk/news/2023/03/04/matt-hancock-lockdown-files-covid-10-things-learnt/. Traduzione di Simona Maria Frigerio
(3) I grafici precisi de IlSole24Ore relativi al 2020, 2021 e 2022: https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/#box_20
venerdì, 10 marzo 2023
In copertina: Foto di Gordon Johnson da Pixabay (gratuita da usare sotto la licenza Pixabay). Nel pezzo: Roger Waters nel Palau Sant Jordi a Barcelona durante The Wall Live (particolare). “This file is licensed under the Creative CommonsAttribution 2.0 Generic license”