Continuano le proteste in Perù, mentre Castillo parla dal carcere
di Luciano Uggè (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
Nel carcere di massima sicurezza di Barbadillo dal 7 dicembre scorso, Pedro Castillo, Presidente del Perù – destituito da quello che alcuni Governi latinoamericani hanno definito un golpe – è stato intervistato dai colleghi del quotidiano El Salto (1).
Castillo racconta alcuni fatti che l’opinione pubblica occidentale forse ha trascurato quando Europa e States hanno deciso di sostenere l’ascesa dell’ex vice Presidente Dina Boluarte.
Ad esempio, quanti tra di noi sanno che il 70% del lago Titicaca non apparterrebbe al suo popolo? La culla della civiltà Inca, il lago navigabile più alto al mondo nonché il più esteso del Sudamerica, simbolo di un Paese (sebbene appartenga a due: Perù e Bolivia), sarebbe nelle mani “di multinazionali. Così come gli aeroporti, la rete stradale, i pedaggi”. Lo racconta lo stesso Castillo dalla prigione. Il bacino idrico è infatti diventato la riserva idrica delle città più popolose della zona, ma è anche lo scarico per le loro acque reflue e, se non bastasse, vi si immettono (anche illegalmente) mercurio e altri metalli pesanti (provenienti dalle miniere). Tali cessioni e concessioni rientrano in un blocco normativo, formato da norme costituzionali e decreti-legge “che ha dato valore legale a tale appropriazione del nostro territorio, delle nostre terre e delle nostre strade pubbliche”, continua il Presidente destituito.
Castillo afferma che il suo Governo avrebbe “realizzato oltre 76 progetti di legge per ridare tali proprietà al Paese ma nessuno è stato approvato dal Congresso”. Non si fatica a crederlo visto che, in queste settimane, è Dina Boluarte (Presidente dopo l’arresto di Castillo) ad aver richiesto sia l’anticipo delle elezioni sia, nella prossima legislatura, la riforma della Costituzione – ma il Congresso ha bocciato entrambe le proposte, probabilmente in quanto i suoi membri temono di non essere rieletti e che si attui quel superamento del ‘sistema Fujimori’ sostenuto, al contrario, dalle destre e che ha permesso il depauperamento delle popolazioni indigene.
Castillo, dal carcere, afferma che voleva rivedere “tutti i contratti delle imprese minerarie estrattive” e ha puntato il dito contro il litio (riportando alla mente il golpe in Bolivia): “Tutti i problemi nascono dal litio. L’imperialismo vuole il litio e il mio Governo voleva dare il litio al popolo”. La rinegoziazione dei contratti di estrazione – anche petroliferi e marittimi, del gas o di altre ricchezze energetiche o minerarie – sarebbe però impossibile a causa della Costituzione e di una forma giuridica che parrebbe (secondo le dichiarazioni di Castillo) equipararli a “contratti-legge”. Impostare, quindi, il proprio piano di Governo su una rinegoziazione di tali concessioni più favorevole agli interessi del popolo o, addirittura, preferendo aziende peruviane a multinazionali straniere, sarebbe stata la causa del golpe orchestrato dalle destre (appoggiate ovviamente dall’Occidente che, di quelle multinazionali, è il garante).
Ecco perché Castillo chiede di cambiare la Costituzione, affinché si abbandoni “l’eredità fujimorista” (2) e si convochi una Asamblea Popular Constituyente.
A proposito Castillo puntualizza: “Gli Stati Uniti e l’Unione Europea si spalleggiano nell’opprimere i nostri Paesi, i popoli, le comunità. Per questo hanno voluto fermarmi” così come sono rimasti “in silenzio di fronte alla sistematica violazione dei diritti umani in Perú: assassini, detenzioni, ferimenti e persecuzione politica di leader e dirigenti, come nel mio caso e di tanti altri”.
Del resto abbiamo già visto come l’uso della magistratura in America Latina, a volta, serva più a sbarazzarsi di politici ‘scomodi’ che a ottenere giustizia e verità per le popolazioni. E Castillo, a proposito, ricorda i casi di “Cristina Kirchner in Argentina, Lula in Brasile, Rafael Correa in Ecuador e così via”. Anche rispetto all’accusa di auto-golpe precisa che il suo discorso al Congresso era un modo per riaffermare che il potere appartiene al popolo. Di certo, Castillo non aveva dietro a sé né l’esercito né mercenari e, quindi, è difficile attribuirgli, oltre a un’alta dose di ingenuità, i mezzi reali per attuare un colpo di Stato.
Nel frattempo registriamo la continuazione delle proteste nel Paese. Dal sud e dalle zone rurali, dove erano iniziate tra i nativi di Cuzco o Puno, sono giunte fino a Lima dove hanno coinvolti settori del ceto medio e studenti, allargandosi a fasce economiche e appartenenze etniche e culturali più vaste. Dalla liberazione di Castillo, si è passati a chiedere la destituzione di Boluarte, poi elezioni anticipate e, finalmente, una nuova Costituzione.
Il Perù lamenta problemi economici, sociali e politici da almeno una trentina d’anni. Con un’economia prevalentemente estrattiva affidata a imprese straniere, un razzismo strisciante nei confronti delle popolazioni indigene (denunciato anche da Castillo nell’intervista) e una corruzione talmente dilagante che quasi tutti i presidenti sono stati indagati o condannati per tali reati, il risultato è che un terzo della popolazione vive ancora sotto la soglia della povertà e oltre la metà non ha la sicurezza alimentare.
Nelle strade, al momento, il numero dei morti (quasi tutti tra i manifestanti) ha raggiunto quota 58, colpiti prevalentemente con armi da fuoco, mentre supererebbe il migliaio il numero dei feriti e circa 600 sarebbero gli arrestati (da varie fonti stampa). Si registra anche il blitz della polizia nell’Universidad Nacional Mayor de San Marcos, a Lima, con l’arresto di decine persone: fatto che riporta alla mente il passato latinoamericano intessuto di colpi di Stato e repressione violenta dell’opposizione anche studentesca. Infine,
la direttrice di Amnesty International per le Americhe, Erika Guevara Rosas, ha denunciato sia le violenze delle forze dell’ordine contro i manifestanti sia le condizioni difficili di vita della popolazione indigenza nel Paese.
Il Perù scardinerà il tassello di quella complicità tra Occidente e destra sudamericana che assicura gli interessi delle multinazionali indipendentemente dal volere e dai diritti dei popoli?
(1) Per l’intervista completa: https://www.elsaltodiario.com/peru/pedro-castillo-entrevista-exclusiva-carcel
(2) L’ex Presidente Fujimori è stato condannato a venticinque anni di carcere per crimini contro l’umanità
venerdì, 17 febbraio 2023
In copertina: Cuzco, Murale. Foto di Carles Chirinos da Pixabay (gratuita da usare sotto la licenza Pixabay)