Dal caso Mattei a La vita è bella, passando per Odessa: come noi rileggiamo la storia
di Simona Maria Frigerio
Maksut Shadayev, Ministro dello sviluppo digitale, comunicazioni e mass media della Federazione Russa ha annunciato che, a partire da quest’anno, sarà online un nuovo portale, Knowledge, pensato come un’enciclopedia free alternativa a Wikipedia. Il portale dovrebbe essere multilingue e potrà usufruire del contributo degli utenti, previa iscrizione.
Wikipedia, del resto, dopo la riscrittura a uso e consumo del regime del Presidente Zelensky dei fatti di Odessa, ha perso in parte la sua credibilità e se è vero che la storia la scrivono i vincitori, è altrettanto vero che la propaganda è un antico grimaldello ed è stata ampiamente utilizzata in qualsiasi situazione conflittuale.
Dall’avvento della pandemia la campagna russofobica ha tentato in ogni modo di attecchire (e in parte ci è riuscita) in Occidente. Perché non è a partire dalla guerra in Donbass, nel febbraio 2022, bensì dal lancio dello Sputnik V, il primo vaccino contro il Covid-19 messo in produzione, in avanti che Europa e Stati Uniti stanno cercando in tutti i modi di convincerci che la Russia, non solamente sarebbe governata da un dispotico dittatore contro il quale occorre sollevare le masse (così da sostituirlo con fantocci a noi graditi); ma sarebbe anche un Paese arretrato, che mai avrebbe potuto produrre un farmaco in grado di salvare il mondo. Per la prima volta, forse, nella storia recente della medicina, invece di assumere come priorità la salute dei cittadini e distribuire immediatamente un vaccino, si è optato per scelte politiche che favorissero interessi di aziende private europee e statunitensi – distribuendo così, a distanza di mesi, un prodotto farmaceutico mai testato per interrompere il contagio (come testimoniato dalla stessa Pfizer) e quando ormai la variante Alpha (contro la quale avrebbe avuto una qualche efficacia a prevenire l’aggravamento della malattia) era stata soppiantata dalla Delta. L’importante, per l’Occidente, era sdoganare i prodotti a mRNA e affermare la superiorità della nostra chimica farmaceutica.
Con il riaccendersi del conflitto in Donbass, almeno in Italia abbiamo visto cantanti e direttori d’orchestra messi alla berlina, apologie del nazismo mascherate da canti patriottici, auguri per la Festa del 1° Maggio inviati a chi non può più festeggiarlo (dato che in Ucraina tale giornata è stata cancellata dal calendario dal regime democratico che sosteniamo). Siamo riusciti a mettere in campo il meglio della retorica propagandistica di guerra (quella che ci ha fatto credere, negli ultimi trent’anni, che i nostri soldati partecipassero a ‘missioni di pace’ quando bombardavano città e villaggi, per intenderci), aggiungendovi ridicole epurazioni e la censura dei mass media russi e di qualsiasi voce dissenziente – complici anche i social, i motori di ricerca e i loro algoritmi etero-guidati.
Ma la macchina del fango, in Italia, non sta risparmiando nessuno. Pensiamo a Enrico Mattei che, forse perché citato dal Premier Meloni nel suo discorso alle Camere, forse perché il suo pensiero è tuttora urticante (soprattutto in vista della sempre maggiore dipendenza del nostro Paese dalle fonti energetiche – costose e inquinanti – statunitensi), viene accusato di essere stato fascista dal corrispondente de La Repubblica, Paolo Mastrolilli. Ovviamente a definirlo tale sarebbero dichiarazioni della Cia, alla quale Mattei era inviso in quanto lottava contro le Sette Sorelle. Ma anche lo fosse stato, cosa importerebbe? Non aveva anteposto il benessere del nostro Paese e il suo sviluppo a interessi stranieri? E poi, chi non era stato fascista, durante il ventennio, a parte Eugenio Montale? Basti pensare a uno storico dell’arte come Giulio Carlo Argan, sindaco di Roma – eletto nel 1976 come indipendente nelle liste del Partito Comunista (sic!) – che fece una brillante carriera sotto il fascismo (pur non condividendone probabilmente l’ideologia) e fu, soprattutto, tra i più stretti collaboratori del Ministro Giuseppe Bottai, a sua volta ex squadrista romano e tra i firmatari, convinti, dell’ignobile Manifesto della razza nel 1938. Per non parlare di Luigi Pirandello che, nel 1924, scriveva personalmente al duce per chiedere di iscriversi al Partito Nazionale Fascista. E ancora, Giorgio Morandi che, nel 1928, propose alla rivista oltranzista L’Assalto, sotto forma di breve autobiografia, una dichiarazione di poetica in cui rendeva omaggio proprio al fascismo come “rinnovatore dell’atmosfera artistica italiana” (fonte: Treccani).
Ma la riscrittura della storia e l’assoluzione o dannazione di personaggi più o meno invisi prosegue da anni e il cinema non ne è esente. Quanti italiani (e statunitensi), che si sono commossi e hanno applaudito La vita è bella di Roberto Benigni, pensano oggi che furono gli statunitensi a liberare il campo di Auschwitz? Lui vinse l’Oscar – grazie a tale riscrittura storica. Ma la verità sta altrove: furono le truppe sovietiche a liberare il campo di concentramento il 27 gennaio 1945 e il Giorno della Memoria è dedicato proprio a quel momento e a quel fatto storico – che un film ha spazzato via per sempre dall’immaginario collettivo.
Sarà interessante, nei prossimi mesi, vedere come procederà Knowledge. Non dubitiamo che avrà dei detrattori (anche se sappiamo che la storia inculcata in Occidente attraverso cinema, informazione e arti non sempre corrisponde a verità), ma sarà in ogni caso interessante leggere dello stesso fatto anche una versione diversa da quella occidentale.
venerdì, 13 gennaio 2023
In copertina: Knowledge, il nuovo portale enciclopedico russo online da quest’anno