Il fascino delle case-museo
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Tra stucchi, ori e una profusione di specchi – che ricoprono anche le porte – Villa Mimbelli si presenta come una serie di spazi senza soluzione di continuità, contraddistinti dai colori che predominano nelle tappezzerie e nei tendoni di ogni sala e da un gusto, tipico dell’epoca, a tratti moresco.
Edificata nel 1865 dall’architetto (ma con competenze anche di ingegneristica) Vincenzo Micheli – noto per aver progettato, con i colleghi Mariano Falcini e Marco Treves, il Tempio israeliano di Firenze e aver firmato la ridefinizione del piano regolatore di Pisa, che occorreva preservare dopo i danni provocati dalle piene del 1864 e del ‘69 – fu inaugurata nel 1868. Costruita su tre piani (due nobili, ossia per la famiglia, e l’ultimo per il personale di servizio), vi svetta tuttora anche la caratteristica altana. Di pianta squadrata, di una pulizia palladiana nella compostezza delle forme e nell’armonia dei pieni e dei vuoti che contraddistinguono le, essenzialmente, quattro facciate (sebbene con soli tre ingressi ufficiali), unisce le suggestioni rinascimentali del Micheli a un gusto, negli interni riccamente decorati, decisamente eclettico.
Al piano terra si entra, in primis, nella Sala rossa, dalla quale si accede alla pregevole Sala da biliardo o turca, dove predomina il legno in motivi intarsiati per il pavimento policromo, sulla volta a botte più chiara e ariosa per soffitto, e nella boiserie che fregia le tre porte con rimandi all’iconografia orientale.
In fondo al corridoio, la Sala da pranzo e, contigua, quella da fumo o moresca. Mentre nella prima prevale un uso di legni scuri e tappezzerie in tono (nell’intera villa, tappezzerie e tendaggi sono il prodotto dell’attento restauro operato negli anni 80 e nei primi ’90 del Novecento); la successiva, con i suoi divanetti imbottiti blu, le pareti e il soffitto moreschi (che rimandano alle trine riccamente decorate delle volte dell’Alhambra) paiono intrisi del gusto delle candele intagliate portoghesi, spiccando per i loro intensi colori che vanno dall’oro al rosso fiammeggiante fino al blu che richiama i sofà. Una specie di boudoir (“Je suis un vieux boudoir plein de roses fanées”, scriveva Charles Baudelaire) a metà strada tra il gusto francese e quello arabo proprio del rito del narghilè.
Nel corridoio (comprese le volte), sulle pareti e (invetriate) a fare da ringhiera allo scalone, si notano le ceramiche e i gessi che le imitano, nelle tonalità salvia, azzurro e ocra. Qui, un’ampia finestra arieggia e dà luce allo scalone che unisce il piano terra al primo piano. Anche i lampadari, originali, e in particolare quelli in vetro soffiato, trasfondono leggerezza mentre alcuni pregevoli camini in marmo restituiscono le atmosfere luminose e, in qualche misura, frivole dell’epoca.
Nella Sala Liegi si notano, oltre alle opere esposte (di cui scriveremo nell’articolo dedicato alla Pinacoteca), il color zafferano dei tendaggi che rimanda, forse inconsapevolmente, a quelle spighe di grano dorato che avevano fatto la fortuna della famiglia Mimbelli, e le delicate decorazioni del soffitto – tra putti, ghirlande e fauni muliebri – vagamente pompeiane.
Ampia la Sala degli specchi o da ballo con pavimento di legno con motivo intarsiato, due lampadari, la profusione di stucchi dorati e putti, e la fuga di specchi (da cui il nome) in cui pare perdersi l’occhio del visitatore (e, immaginiamo, delle coppie di danzatori nelle grande soirée). Nell’adiacente salottino, notevole il camino con struzzi e putti in altorilievo e l’ulteriore gioco di specchi ad infinitum. Accanto, una piccola stanza in rosso – i tessuti dei tendaggi e delle tappezzerie – e nero – il camino con specchio che rimanda agli intarsi in madreperla delle lacche cinesi.
Il terzo piano, originariamente dove si alloggiava il personale di servizio, è interamente adibito a Pinacoteca e vi si accede da una scala che ospita, in piccole nicchie, busti in marmo di vari artisti.
Ne parleremo in un articolo a sé, la prossima settimana.
Villa Mimbelli
via San Jacopo in Acquaviva, 65 – Livorno
orario: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00
Venerdì, 29 gennaio 2021
In copertina: Saletta Fattori. Foto gentilmente fornita dall’ufficio stampa di Villa Mimbelli – Museo Fattori.