Ciò che ci separa dagli animali è l’arte
di Simona Maria Frigerio
De Le Troiane di Euripide e delle sue molteplici riduzioni hanno scritto tutti. Di Ecuba, madre di tutte le tragedie o tragedia madre, anche. Così come del dolore per la perdita, dell’insensatezza della guerra, del potere che accieca, della disfatta, della morte e dell’amore (filiale, materno, fraterno, di amante o sposa), e infine dell’Ade e del suo silenzio – in cui gli eroi riposeranno infine, ed Ettore fascerà le piaghe di Astianatte mentre Achille carezzerà di nuovo le chiome di Patroclo.
Ma la guerra, le razzie, il possesso delle femmine, lo sterminio dei maschi, la conquista dei territori sono prerogativa umana? Tutt’altro. Come ha dimostrato Jane Goodall, gli scimpanzé “possono anche essere cannibali” ma, soprattutto, si fanno la guerra: “tra il 1974 e il 1978 due gruppi del Parco [Nazionale del torrente Gombe, in Tanzania, n.d.g.], in origine uniti, si combatterono fino a quando uno riuscì a sterminare tutti i maschi, sottomettere tutte le femmine e occupare tutto il territorio dell’altro” (1).
Quindi, cosa ci distingue dagli altri animali o, meglio, dagli altri primati? Né la bontà né la ferocia. Bensì l’arte. Solo l’essere umano è in grado di rielaborare linguisticamente e iconograficamente le emozioni più profonde e trasformarle in poesia, solo l’uomo sa narrare con strumenti e tecniche in grado di sollecitare la catarsi. L’arte è ciò che ci distingue e ciò che trasfigura il dolore di una madre, di un singolo, nel simbolo del dolore e poi, grazie al rito laico del teatro, a restituircelo sulla scena coi mezzi di un attore o un’attrice, che sono in grado di farlo compartecipare allo spettatore. Sentiamo anche noi, in platea, il medesimo strazio – più fortemente di quanto faremmo se quel dolore appartenesse a un’amica o persino a una sorella.
Giovanna Daddi è la nostra celebrante: è Ecuba ed è ogni donna a cui è strappato un figlio, un padre, un nipote, un amante amato. Lei ci conduce in questo rito dionisiaco con la freddezza apollinea del suo maestro Jean-Marie Straub (scomparso a novembre) e noi pendiamo da quelle sue labbra che re-citano parole di lutto e poesia, che ergono torri nelle nostre menti e poi le incendiano di fronte ai nostri occhi.
Ma in chiusura è Dario Marconcini, con poche righe da Amleto, a mostrarci la trama e a domandarci dove risieda il mistero del teatro. Citando Konstantin Stanislavskij, noi risponderemmo: “L’attore non recita le parole ma i sentimenti dato che la parte è fatta non di parole ma del sottofondo affettivo: è quella la parte nascosta, da scoprire, dell’attore”.
Questa è l’unica e sola specificità umana.
Lo spettacolo è andato in scena:
Sala Di Bartolo
Buti (Pisa)
venerdì 9 dicembre 2022, ore 21.15
Ecuba, la cagna nera
da Le Troiane di Euripide
con Giovanna Daddi
e Leonardo Greco
cameo Dario Marconcini
scene e luci Riccardo Gargiulo e Maria Cristina Fresia
drammaturgia e regia Dario Marconcini
musica da Le Sacre du printemps (Весна священная) di Igor Stravinskij
produzione Associazione Teatro Buti
(1) Piergiorgio Odifreddi, in Sorella scimmia, fratello verme
venerdì, 6 gennaio 2023
In copertina: Un particolare della Locandina.