Il Burroughs più crudo coi colori sgargianti di Copi
di Simona Maria Frigerio
Come in Pasto nudo, di William S. Burroughs, anche sul palco del Met vediamo un’identità (qui dell’alter ego di Enzo Moscato) esplodere nei frammenti di un Io destrutturato, che sostituisce alla consequenzialità logico-razionale il flusso di coscienza utile a ricreare un universo di ricordi reali o deliri onirici, abitato da omosessuali, trans, Giocaste dispotiche, drogati, prostitute, rivoluzionari, mondine, razzisti e un morto.
Per mettere in scena questo carnevale di pensieri alogici, Moscato (coadiuvato da Luigi Ferrigno e Dario Biancullo) ricorre all’armamentario camp di Copi nei colori e nel trucco sgargianti, interpretando egli stesso una Loretta Strong un po’ dépassé e, attraverso gli altri attori e attrici in scena (a parte Dolores), le sue tante incarnazioni reali o i frutti di un’immaginazione malata, le esperienze della sua esistenza passata o i voli pindarici delle pagine delle sue future memorie.
Come in Copi, Moscato affonda i denti nei tre temi sublimemente rimossi dalle nostre coscienze (di occidentali opulenti e sazi) insieme fortemente radicati nella nostra psiche eppure indicibili: sesso, violenza e morte. E lo fa attingendo anche a quel bailamme di lustrini della nostra rivista anni 30, di quell’iconografia nazi-fascista cara a Luchino Visconti come a Bob Fosse che trasudava squallore a buon mercato e rettitudine ‘degenerata’, mettendo in scena – tra canzonette e arie – stupri, eroinomani, cadaveri e persino il banchetto di un’umanità necrofaga.
Vi è il tocco di Jean Genet in questa spirale di depravazione e pare quasi sentire la voce del Ladro: “Abbandonato dai miei familiari, già mi pareva naturale aggravare il fatto con l’amore per i ragazzi e tale amore col furto, e il furto col delitto, o col compiacimento del delitto. Così rifiutavo decisamente un mondo che m’aveva rifiutato”.
E alla fine, quando anche l’atto di cannibalismo pasoliniano è consumato, cosa resta all’autore se non rinnegare persino quel libro di memorie? Perché: “è proprio vero. I fantasmi esistono. E come tutti gli esistenti, i vivi, continuano, indefessi, a darci appuntamenti. Ai quali possono pure non venire. Scherzosamente «darci buca», come suol dirsi, con icastico linguaggio. Quello degli appuntamenti (rispettati o mancati) coi propri fantasmi, però, è faccenda troppo segretamente personale, intima, per essere narrata” (1).
(1)Dalla prefazione di Enzo Moscato, intitolata Les Étoiles Psychothiques (Per uno s-congelo/s-congedo di/da Raúl Damonte Botana, in arte Copì), alla raccolta di saggi Il teatro inopportuno di Copi, a cura di Stefano Casi
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Metastasio
via Benedetto Cairoli, 59 – Prato
da mercoledì 22 a domenica 27 novembre 2022
orari: feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30
Libidine violenta
testo e regia Enzo Moscato
con Giuseppe Affinito, Luciano Dell’Aglio, Tonia Filomena, Domenico Ingenito, Emilio Massa, Enzo Moscato e Anita Mosca
scene Luigi Ferrigno
costumi Dario Biancullo
luci Enrico de Capoa
assistente scenografo Sara Palmieri
trucco Vincenzo Cucchiara
foto Pepe Russo
produzione Teatro Metastasio di Prato, Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Casa del Contemporaneo
venerdì, 2 dicembre 2022
In copertina: una scena d’insieme dello spettacolo (foto gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro Metastasio).