
L’oiseau incontra the cuckoo
di Luciano Uggè
Amore e morte sembrano i fili conduttori della serata poetico-musicale che ha visto protagonisti Giovanna Daddi e Dario Marconcini, alle voci, ottimamente coadiuvati da Andrea Lupi, chitarre e voce, e Valerio Perla alle percussioni (con un tocco di musica da cucina).
Sfilano, prima, ritratti di uomini e donne, amanti/amati, sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale. Sono tranches de vie, i racconti di Prévert: vite spezzate, vite sul Lungosenna, tra ardore da pochi franchi e miseria nera, come nei romanzi di George Simenon – che ritrae personaggi e ambienti tra Parigi, porti e nebbie, e la provincia francese, solo apparentemente bucolica ma con un cuore più nero di quello che, nei gialli svedesi, vedrà la luce lustri più avanti.
Prévert scivola ma affonda. Pater Noster è una denuncia senza se e senza ma e un inizio di recital da pugno nello stomaco. Il suo humor anarchico e disilluso si tinge persino involontariamente di poesia, di una musicalità diffusa che tocca il cuore usando parole marginali della nostra quotidianità – quasi non possa sottrarsi a essere se stesso, un flâneur disincantato eppure innamorato della vita e dei suoi emarginati, vecchi o giovani amanti (Les Feuilles Mortes diverrà un cavallo di battaglia dello chansonnier, Yves Montand), che, sulle labbra di Marconcini e Daddi, paiono riflettere i medesimi silenzi, smemoratezze e disillusioni di Harold Pinter.
Bob Dylan, al contrario, ha fatto bene a declinare il Nobel per la letteratura (che, se proprio doveva essere conferito a un cantautore, avrebbe dovuto premiare Lou Reed o Fabrizio De André). Per quanto le sue canzoni siano legate (nel suo decennio d’oro, ossia tra il 1962 circa e il 1973) a memorabili momenti storici (la guerra statunitense in Vietnam e l’impegno politico autentico della sua compagna per un breve torno di tempo, Joan Baez), o a film culto (Knockin’ on Heaven’s Door per Pat Garrett e Billy Kid), o ancora a motivi legati al folk ma che coglievano le istanze libertarie del periodo (pensiamo a The Times They Are a-Changin’ ispirata dalle Irish e Scottish ballad) erano e restano canzoni, che hanno un senso quando musicate e ritmate e, soprattutto, sono in inglese – lingua ai più sconosciuta, in Italia, e che, quindi, nel refrain, può aspirare a un senso poetico più elevato di quanto il contenuto reale del testo non riveli. Intensamente poetica, tra le poche, Miss Lonely, la protagonista di Like a rolling stone, che rotola da un universo di lusso alla sbronza col senzatetto, alla fine unico compagno rimastole (forse ben pochi sanno di cosa tratti quella canzone…).
Serata piacevolissima con uno tra i massimi poeti del Novecento e uno tra i più sopravvalutati cantautori del medesimo secolo che, in tempi di guerre e massacri come i nostri, genocidi e sangue, paura e morte, sembrano comunque – entrambi – più attuali che mai. Speriamo davvero che, questa volta, si vada oltre le istanze anti-patriarcali e che si possa cantare nuovamente The Times They Are a-Changin’.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Era – Sala Cieslak
via dell’Indipendenza snc – Pontedera (PI)
mercoledì, 9 aprile 2025, ore 21.00
Prévert-Dylan concerto di poesie
con Giovanna Daddi e Dario Marconcini
musiche di Andrea Lupi e Valerio Perla
a cura di La Compagnia del Bosco
Il programma:
di Jacques André Marie Prévert
Pater Noster
Rue de Seine
Canzone
Questo amore
Barbara
Colazione del mattino
Dalla fioraia
Dove vado, da dove vengo
I ragazzi che si amano
Les Feuilles Mortes
di Bob Dylan
Blowin’ in the wind
A hard rain’s gonna fall
The Times They Are a-Changin’
Mr. Tambourine Man
Like a rolling stone
Just like a woman
All along the watchtower
Knockin’ on Heaven’s Door
Once upon a time
venerdì, 18 aprile 2025
In copertina: Bob Dylan al Nowlan Park, Kilkenny, domenica 14 luglio 2019. Foto di Raph_PH (CC BY 2.0). Particolare per ragioni di layout