
Variazioni sul tema
di Simona Maria Frigerio
Per recensire il lavoro stratificato e multidisciplinare di Mirko Guido occorre partire dal comunicato stampa, analizzando passo passo la realizzazione del progetto in sé estremamente complesso ed esteticamente ambizioso.
In primis, in scena dovremmo vedere le opere (realizzate con materiali di scarto) di Søren Engsted ricreate da due giovani artisti, Francesco Maggiora e Milo Maricelli. Ora, qui non ci troviamo di fronte a una riproposizione né a livello estetico né a livello poetico dell’arte povera come poteva essere La venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, né alle installazioni site-specific di Steven Siegel (non l’attore, bensì lo scultore statunitense che, da anni, si confronta con il materiale di risulta per le sue creazioni originali, 1). Qui ci troviamo di fronte a una serie di objet trouvé e alcuni objet assemblé, selezionati con cura dai due giovani artisti di cui sopra, che reinterpretano – semplificandole – le suggestioni costruttiviste minimali di Engsted, fornendo ‘occasioni scenografiche’ con le quali interagiscono i performer.
Torniamo al comunicato stampa. A livello di suono leggiamo: “Come in un rituale di guarigione, le loro voci vibrano attraverso i corpi altrui, mentre il sound artist Fredrik Arsæus Nauckhoff cattura ed elabora queste vibrazioni, per poi farle riverberare in tutto lo spazio, amplificando il rituale attraverso il paesaggio”. E questo è esemplificato ottimamente all’inizio della performance, sebbene nel giro di pochi minuti l’input si perda e la musica viri dall’elettronica fino a un rimando – pensiamo voluto – al Carnevale brasiliano (nel finale), perdendo quindi la forte impronta iniziale.
Da queste due prime suggestioni estetico-poetiche discende la perfomance, compatta, precisa e consequenziale nei primi venti minuti circa (il migliore, in scena, Eliott Marmouset). Favoriti ovviamente dall’oggetto scenico con il quale si interagisce, alcune coreografie risultano più pregnanti di altre: è indubbiamente esteticamente più vibrante vedere un danzatore muoversi in un enorme telo di pvc blu o spostare, lentamente, un tronco secco su base di cemento (il rimando a Sisifo viene da sé), che non cercare di creare un dialogo coreografico con un materasso di lattice. Ma al di là di questa ovvietà, ciò che colpisce nella prima parte è la coerenza del segno registico. Una umanità che si risveglia su un’isola di rifiuti (dalla quale forse potremo liberarci solo come presagito nel film di Cronenberg, Crimes of the Future, mangiandoceli), prima, si duole della propria condizione (e da qui il canto corale, quasi chiesastico) e, poi, reagisce prendendo confidenza con la nuova realtà, tentando di confrontarsi con la stessa e di trasformarla in qualcosa di positivo. Al termine del quadro, gli oggetti si rivelano parte di una specie di baraccopoli, nella quale i quattro performer si rifugiano. Facile scorgerci i tanti, troppi senzatetto che affollano ormai le metropoli dell’opulento Occidente, ma ancora di più il popolo palestinese che, tenacemente, è tornato a Gaza – distrutta dalle nostre bombe, vendute a Israele per il 90% – eppure, per un popolo, ancora casa. Basta anche solo un materasso di lattice per coricarsi e un telo di pvc per proteggersi dalla pioggia: questo è ciò che ha un popolo che stiamo condannando al genocidio. Questo può bastare a un popolo per rivendicare fieramente la propria terra.
Perfetto.
Peccato che poi tutto ricominci daccapo, non una bensì due volte fino al Carnevale finale e all’ennesima chiusa su un’isola di rifiuti.
La sensazione è che la Compagnia abbia sviluppato venti minuti perfetti e, in un secondo momento, invece di riprendere in mano quei primi venti minuti per espanderli con nuove soluzioni vocali, con un confronto anche a due o corale con gli oggetti in scena, per arrivare a quel finale, abbia optato per riproporre il medesimo schema più volte – cosa che notiamo sempre più spesso nelle Compagnie di danza.
Lo spettacolo è andato in scena:
Associazione Culturale Dello Scompiglio
Spazio Performatico ed Espositivovia di Vorno, 67 – Capannori (LU)
sabato 15 marzo 2025, ore 19.30
Mirko Guido – Shifting Thoughts (DK) presentano:
All That Remains
concept, coreografia e regia Mirko Guido
danza e collaborazione alla creazione Elisa D’Amico, Zen Jefferson, Roosa Törma ed Eliott Marmouset
progetto luci e video Christoffer Brekne
compositore e musica dal vivo Fredrik Arsæus Nauckhoff
sculture originali Søren Engsted
sculture presso la Tenuta Dello Scompiglio Francesco Maggiora e Milo Maricelli
produttore e responsabile della compagnia Csongor Szabo
consulenti coreografici Alice MacKenzie, Alberto Franceschini, Sunniva Vikør Egenes e Shumpei Nemoto
preparatrici vocali Johanne Baadsgaard Lange e Mariane Siem
consulente costumi Mie Gillings Jørgensen
co-produzione Bora Bora – Dance and Visual Theater (Aarhus)
supporto alle residenze Dansens Hus (Stoccolma), MARC (Knislinge), ccap (Stoccolma), Q&A Studios (Aarhus), Åbne Scene (Aarhus)
supportato da Statens Kunstfond, il Comune di Aarhus, Augustinus Foundation, William Demant Foundation, Wilhelm Hansen Foundation, Konstnärsnämden International Exchange, The Foundation for Danish-Swedish Cooperation
(1) https://www.stevensiegel.net/gallery.html?gallery=Sited Work and Public Art&folio=Public Art
venerdì, 21 marzo 2025
In copertina: Foto di Christoffer Brekne (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa dell’Associazione Culturale Dello Scompiglio)