
…o un lusso insostenibile per l’austerità
di Federico Giusti (delegato Cub PI)
Numerose sentenze restano lettera morta per volontà politica del legislatore: è il caso del pagamento del Trattamento di Fine Servizio ritardato di anni per il personale della Pubblica Amministrazione.
Un anno fa, ne abbiamo già parlato in altri articoli, la Corte Costituzionale aveva stabilito che il ritardo con cui viene erogato il Trattamento di Fine Servizio (TFS) ai dipendenti pubblici risulta illegittimo e anti costituzionale. La Corte ha chiesto al legislatore di intervenire e, con gradualità, rimuovere questo inaudito differimento che nasce dalle politiche di austerità degli scorsi anni e in buona parte ancora vigenti.
Il personale pubblico è stato la vittima sacrificale di scelte che a rigor di logica sono in aperto contrasto con i principi guida della Carta, attendere anni prima del pagamento del TFS è un esempio lampante di un trattamento iniquo e diseguale tra lavoratori pubblici e privati, e la cronica disattenzione del Governo per la tutela dei diritti della forza lavoro è confermata dall’assenza di provvedimenti legislativi pur richiesti dalla Corte Costituzionale. Si allontana, quindi, qualsivoglia soluzione ragionevole e in tempi rapidi proprio per la volontà del Governo di far cassa e risparmiare negando, tuttavia, dei diritti acquisiti.
Una soluzione all’orizzonte, e già ampiamente praticata, è quella dell’ennesimo accordo con le Banche per l’anticipo del Trattamento di Fine Servizio con interessi a carico del singolo lavoratore – prestiti bancari, in parole povere, a conferma che ledendo diritti si alimentano al contempo gli interessi del capitale finanziario. I lavoratori sono costretti a pagare interessi per un prestito su somme che spetterebbero loro di diritto: il TFS è della forza lavoro, ovvero un salario differito e non un capitale di proprietà dell’INPS.
Gli ostacoli non sono insormontabili, sarebbe sufficiente la volontà politica di assicurare trattamenti equi e non diseguali e, al contempo, assumere personale personale all’INPS.
A questo punto il ricorso ad azioni legali diventa la sola arma percorribile visto che non esiste spazio di mediazione con un Governo indisponibile a trovare perfino soluzioni parziali e insoddisfacenti come stabilire un tetto massimo di 18 mesi oltre il quale non andare per l’erogazione del TFS. Alcune associazioni di categoria avevano proposto, fin troppo benevoli con il capitale finanziario e assai meno verso la finanza pubblica, di far pagare all’INPS gli oneri del prestito bancario.
Insomma, la confusione regna sovrana e il personale della PA continua a essere la vittima sacrificale di questa surreale situazione creata ad arte dalla ignavia della politica e dagli interessi del capitale finanziario.
venerdì, 7 marzo 2025
In copertina: Foto di Ryan McGuire da Pixabay