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Un potere lobbista destinato a snaturare il lavoro pubblico
di Federico Giusti
La domanda dirimente riguarda gli albi e gli ordini professionali e la loro presenza sempre più forte nella Pubblica Amministrazione.
Sono realmente utili questi albi? Perché corre l’obbligo di iscriversi a un ordine professionale, quando un dipendente pubblico dovrebbe innanzitutto rendere conto al suo datore di lavoro e svolgere solo nell’ambito della PA le sue attività lavorative, eccezion fatta per sporadiche e occasionali autorizzazioni senza conflitto di interesse? Non siamo davanti a una sorta di auto abdicazione della PA nell’incapacità di assicurare formazione aggiornata e permanente al suo personale con elevata specializzazione? Eppure qualcuno, anche al Governo, non riteneva la presenza di ordini e albi un retaggio del passato e un inutile fardello burocratico?
L’ultima trovata riguarda l’albo dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici – ma attenzione alle fake news: per insegnare nella scuola d’infanzia servono i soli titoli di accesso già oggi vigenti, ossia diploma di scuola o istituto magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/02 oppure Laurea in Scienze della formazione primaria.
La legge n. 55/2024, in vigore dallo scorso 8 maggio, dopo la pubblicazione dei Decreti attuativi rinvia alle Regioni il compito di prevedere una data entro la quale correrà l’obbligo dell’iscrizione a carico delle dirette interessate. Ma l’istituzione di associazioni professionali alla fine determinerà l’indebolimento della contrattazione nazionale e decentrata – prova ne sia che gli iscritti agli ordini professionali in taluni casi, dentro la cornice degli attuali contratti, ricevono trattamenti migliorativi.
Ci chiediamo se oggi la PA necessiti di iscritti agli albi professonali. Del resto, proprio l’attuazione del PNRR ha spinto verso figure professionali ultra-specializzate da assumere a tempo determinato, salvo pensare poi di riconoscere loro dei punteggi per i futuri concorsi. Ci si arrampica sugli specchi: siamo ancora ostaggio degli albi: non si pensa al rilancio e potenziamento della PA mentre i percorsi di aggiornamento e formazione riguardano solo una minoranza dei dipendenti.
L’iscrizione a un albo non comporta esami di ammissione ma a cosa serve se il personale interessato è stato assunto attraverso un concorso pubblico con titoli di studio specifici e il superamento delle prove? Si pensa agli Ordini professionali per erodere i residui spazi di contrattazione sindacale inventandosi un nuovo soggetto ai tavoli negoziali? Si pensa forse di gestire il Pubblico secondo logiche private visto che l’iscrizione a un albo, in teoria, dovrebbe servire a esercitare una libera professione? O piuttosto gli albi sono pensati come un cavallo di Troia per il sindacato presente nella PA? Inoltre, l’iscrizione a un albo, il cui costo dovrebbe essere sostenuto eventualmente in toto dall’Ente di appartenenza, serve a misurare competenze e professionalità attestate già dal superamento di prove concorsuali, oppure è l’ennesima concessione a lobby per una contrattazione nazionale al ribasso e ulteriori disparità di trattamento?
Ci sembra del tutto inutile per le educatrici di nido dipendenti degli Enti locali tale iscrizione. Al contrario, è assai preoccupante che numerosi Enti locali vadano esternalizzando la gestione diretta dei nidi e sia in estremo ritardo l’attuazione di quel progetto da 0 a 6 anni che necessiterebbe di reali investimenti dello Stato e degli Enti locali. Da anni si parla di un’unica figura professionale per lo 0/6 ma, in concreto, cosa è stato fatto? Stando alle cifre prosegue il depotenziamento dei servizi educativi statali e comunali a solo vantaggio del privato, quello cosiddetto sociale, in primis, che inquadra il suo personale con contratti sfavorevoli e 300 euro di differenza al mese rispetto ad analoghi profili professionali degli Enti locali.
Nel corso degli anni alcuni Enti locali hanno restituito allo Stato le scuole materne, rinunciando a erogare un servizio importante e pensato a suo tempo per fini educativi e sociali. Rispetto a questa situazione molti sono rimasti in silenzio e oggi alcune sigle sindacali sembrano vedere nell’istituzione di un albo professionale una sorta di valore aggiunto quando, al contrario, rappresenta un inutile fardello finalizzato a ben altri scopi.
venerdì, 28 febbraio 2025
In copertina: Foto di Engin Akyurt da Pixabay