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Follow the money
di La Redazione di InTheNet (traduzione di Simona Maria Frigerio)
In queste settimane è scoppiato lo scandalo (anche se sembra la scopetta dell’acqua calda) sui fondi dell’USAID, che sarebbero andati non solamente a organizzazioni terroristiche (1), o a giornalisti (sembra che finanziassero oltre il 90% di tutti i media in Ucraina, 2) e vip per avvalorare la narrazione degli States in ogni controversia; o a un laboratorio di Wuhan per ricerche sul potenziamento dei virus corona (come denunciato anche da noi in base alle risultanze della Commissione d’Inchiesta statunitense (3); ma altresì alla “produzione di un musical ‘DEI’ [diversità, equità e inclusione] in Irlanda”; a un’“opera transgender” in Colombia, a un “fumetto transgender” in Perù; e ben 2 milioni di dollari per “cambi di sesso e attivismo LGBT in Guatemala” (1).
Piccola parentesi: programmi e progetti per il rispetto di ogni diversità (culturale, linguistica, di tradizioni, religiosa, etnica o di scelta sessuale) sono encomiabili. Ma ci chiediamo come mai in Ucraina (e altrove in Europa) sia lecito mettere al bando la lingua russa (per non parlare delle persecuzioni religiose) mentre i fondi per l’inclusione e lo sviluppo internazionale finiscono, in Siria, ad al-Qaeda (notoriamente rispettosa del ruolo della donna nella società…), o nella produzione di un fumetto transgender (la qual cosa, oltre a sapere di controllo e indirizzo politico della cultura, implica una sottovalutazione del problema della disforia di genere, che non è una moda, bensì una situazione di disagio psicologico profondo e di non accettazione del proprio genere che implica cure ormonali, interventi chirurgici e modificazioni drastiche del proprio fisico, ivi comprese quelle sulle corde vocali, che devono essere affrontate da adulti e consapevolmente – e non strumentalizzate).
Ma lasciando da parte la superficie e immergendoci più a fondo, ecco che scopriamo Unlock Aid (4), nata nel 2021, e ben presto trasformata da progetto di ricerca a coalizione per innovare la società statunitense e attuare cambiamenti profondi nelle politiche di governo: così si presenta sul proprio sito ricco di informazioni. Vi partecipano un centinaio tra aziende, università di ricerca, multinazionali, e filantropi (speriamo veri e non a fini personali), sparsi in 20 Paesi e che si occupano di salute, energia, alimentazione, educazione, risorse idriche, eccetera.
La loro attuale battaglia sarebbe non più contro singole agenzie governative ma contro il Governo federale statunitense, dato che affermano che le problematiche vanno oltre la gestione dei 2 trilioni di fondi pubblici e di decidere in quali settori andrebbero spesi: “Gli Stati Uniti hanno bisogno di focalizzarsi su chi sta prendendo le decisioni e per chi e per quali fini tali risorse sono drenate. È tempo di ricostruire le nostre istituzioni pubbliche per il XXI° secolo”. Dichiarazione quanto mai ambiziosa.
I 2 trilioni di dollari annuali sarebbero spesi dal Governo statunitense per costruire ponti e strade, fornire assistenza a veterani e bambini, affrontare emergenze sanitarie e per altri servizi pubblici. Ma le Agenzie federali che dovrebbero occuparsene ormai sarebbero legate a doppio filo ad alcuni contractor e società di consulenza (molto costosi), i quali svolgerebbero i compiti del settore pubblico. Il risultato sarebbe che solo una minima parte dei finanziamenti raggiungerebbe gli specifici obiettivi. E qui viene da pensare a destra e sinistra italiane, impegnate da decenni a smantellare il servizio pubblico per appaltarlo (o subappaltarlo) a privati…
Burocrazia, lobby, stretti legami tra agenzie pubbliche e aziende private creerebbero situazioni come quella che avrebbe denunciato The Guardian; ovvero, che i 60 miliardi finanziati dal Governo statunitense per la Legge denominata Inflation Reduction – i quali sarebbero dovuti essere spesi per investimenti nel settore ambientale – non sono stati resi accessibili alle “molte, piccole organizzazioni a base comunitaria che ne avrebbero fruito maggiormente” e ciò a causa delle pastoie burocratiche.
Ma a questo punto ecco comparire nella denuncia, USAID (l’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale), che sarebbe stata creata per fornire aiuti a Paesi terzi e negli stessi States, ma è accusata di gravissime inefficienze (quindi, non solamente i fondi sarebbero spesi in attività non propriamente legittime, ma addirittura sparirebbero in rivoli nascosti ai più).
Unlock Aid denuncia che dei 60 miliardi di dollari votati dal Congresso per investimenti nello sviluppo globale, 10 miliardi dovevano andare in sanità, 8,5 in progetti umanitari, 2,9 per la democrazia (e sappiamo come è stata esportata in Siria o della recente accusa del Presidente Maduro sul dirottamento di fondi per il Venezuela nelle tasche di Guaidó), 1,2 per l’istruzione elementare, e 475 milioni per le risorse idriche, oltre a programmi ambientalisti e per contrastare il traffico di esseri umani. Teoricamente (ma basta guardare poi alle voci effettive, come, in Afghanistan, la produzione di papavero ed eroina, 1) tutte iniziative meritevoli.
Torniamo a USAID. La stessa gestirebbe la metà di tale budget, mentre il restante sarebbe suddiviso tra il Dipartimento di Stato, i Centers for Disease Control (ormai noti a tutti dopo la Covid-19 e le accuse contro Anthony Fauci e i suoi collaboratori, 3), e diversi Dipartimenti, tra i quali quello dell’agricoltura (per il quale varrebbe la battuta che, in Afghanistan, sembrerebbe aver funzionato ottimamente per 20 anni…).
Ma, come denuncia Unlock Aid (e come ha dichiarato recentemente Zelensky rispetto ai miliardi di aiuti elargiti all’Ucraina) è il segreto di Pulcinella che “troppo pochi degli aiuti all’estero statunitensi lasciano la capitale, Washington, D.C.”. E aggiunge, citando un titolo del 2022: “Gli aiuti esteri di Biden stanno finanziando la Bolla di Washington”. Secondo un Report del giugno 2023, “quasi 9 su ogni 10 dollari che USAID ha speso nell’anno fiscale 2022 sono finiti nelle tasche dei suoi contractor internazionali, la maggior parte dei quali ha sede a o vicino all’area di Washington, DC. Solo 1 ogni 10 dollari è arrivato direttamente in prima linea, a gruppi locali, e forse persino meno”. Inoltre pare che sia Oxfam (5) sia Publish What You Fund (6) abbiano denunciato come sia difficile, se non impossibile, capire a chi e per che cosa sono distribuiti i fondi.
Unlock Aid non esita ad affermare che la macchina dei cosiddetti aiuti sia ormai consolidata: “Se nel 2017, il 60% dei finanziamenti a USAID andavano solo a 25 gruppi; nel 2022, secondo Devex (7), solamente 10 contractor si accaparravano di oltre il 50%” dei medesimi (e, secondo il think tank conservatore statunitense Heritage Foundation – come rende noto L’Antidiplomatico – la Open Society Foundations (OSF) di George Soros era “il principale esecutore degli aiuti dell’USAID” almeno dal 2009…).
Tornando a quanto pubblica Unlock Aid, i ricercatori dell’Università di Washington avrebbero ribattezzato gli aiuti all’estero statunitensi, “aiuti fantasma”, proprio in quanto gli implementing partner (ovvero contractor e consulenti privati che dovrebbero effettivamente implementare i progetti) si accaparrano la maggior parte dei fondi – molti dei quali sia per pagare i salari dei dipendenti sia le loro dimore nei luoghi in cui operano (e sembra riecheggiare il segreto di Pulcinella sui finanziamenti spesi dalle Nazioni Unite per il personale delle sue Agenzie nei Paesi meno sviluppati economicamente). Inoltre, secondo i ricercatori, gli stipendi dello staff dei contractor sono molto superiori a quelli dei residenti, addirittura dieci volte tanto, “il che può distorcere le economie locali e causare una fuga di cervelli”. Inoltre, per ogni progetto, esisterebbero sub-appaltatori, il che causa un dispendio di risorse in rivoli sempre più esigui e che arrivano alla foce quasi secchi (metaforicamente parlando).
Secondo il Report del Center for Global Development per il quinquennio 2017-2021, “i contractor con sede negli States avrebbero distribuito approssimativamente solo il 14% di quanto incamerato alle organizzazioni locali, in prima linea. Secondo una analisi di Devex, i contractor di USAID hanno trattenuto l’82% di ogni dollaro ottenuto nel 2022, subappaltando circa oltre il 17% del valore totale dei contratti ad altre organizzazioni (non solo locali)”.
Nel Report di Devex, infine, si sottolinea che si riscontrano dati mancanti nelle relazioni dei contractor: “i contractor primari spesso presentano rapporti duplicati” e per questo Devex stima che gli stessi abbiano subappaltato “poco più di un miliardo di dollari” su, approssimativamente, 5,9 miliardi di dollari del totale dei contratti ottenuti nell’anno fiscale 2022.
La nostra Redazione si chiede: ma se con solo il 10% dei fondi di USAID (8), gli States sono riusciti a sovvenzionare gruppi terroristici, fomentare golpe e controllare la narrazione mediatica, cosa avrebbero ottenuto ottimizzando le procedure, semplificando la burocrazia (usata come scusante dall’Agenzia per il coinvolgimento dei contractor), ed evitando che 9 dollari ogni 10 finissero nelle mani di pochi oligarchi statunitensi (che, a ben vedere, come denunciava Noam Chomsky già anni fa, sono quella élite economico-finanziaria che controlla con le proprie lobby la politica di Washington, a sua volta trasformatasi da demo- a plutocrazia)?
(1) Fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_spese_pi_ridicole_dellusaid_dal_sostegno_ai_terroristi_ai_fumetti_trans_in_america_latina/82_59023
(2) Fonte: https://colonelcassad.livejournal.com/9656276.html
(3) La nostra inchiesta:
(4) Per approfondire: https://www.unlockaid.org/follow-the-money
(5) Oxfam si occupa da 80 anni di sviluppo in ambito rurale e di portare acqua e servizi igienici nelle emergenze: https://www.oxfam.org/en
(6) Campagna globale che mira a una informazione sugli aiuti e lo sviluppo trasparente, accessibile e utile per le decisioni politiche, la responsabilità del settore pubblico e un cambiamento duraturo nella vita dei cittadini: https://www.publishwhatyoufund.org/
(7) Piattaforma media per lo sviluppo globale della collettività: https://www.devex.com
(8) Per approfondire: https://www.whitehouse.gov/fact-sheets/2025/02/at-usaid-waste-and-abuse-runs-deep
venerdì, 21 febbraio 2025
In copertina: Il logo di USAID