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Quiero pero no puedo / Voglio ma non posso
di Daniele Rizzo (traduzione in castigliano al fondo della pagina, a cura dell’autore)
La danza contemporanea, con la sua promessa di sconvolgere le certezze e ridefinire i confini dell’espressione artistica, è un fertile terreno di inesauribile ricerca e sperimentazione. Quello in cui si muove la compagnia Cia. Mar Gómez con Martyrs, nonostante la buona volontà e le premesse di uno spettacolo che intende esplorare le contraddizioni umane e i martiri moderni con ironia e sarcasmo, sembra però non essere abbastanza ben coltivato.
Cia. Mar Gómez, nel celebrare il trentesimo anniversario della sua attività, presenta Martyrs, uno spettacolo che ambisce a fondere danza, teatro e circo per affrontare il tema del sacrificio umano con ironia e sarcasmo. Tuttavia, non bastano l’approccio dinamico dal punto di vista visivo e la tematica potenzialmente interessante per dare spessore ed efficacia a un’opera che non riesce a trovare un equilibrio tra le sue molteplici ambizioni, risultando frammentaria e a tratti dispersiva.
La messa in scena punta su un’estetica metaforicamente ʻminimalista’ e ʻpovera’, con la scenografia di Ramon Simó che utilizza oggetti come un palo circense e rami secchi, mentre la colonna sonora, che mescola musica barocca e melodie di strada (da Vivaldi a Muixeranga) offre momenti suggestivi, ma senza creare una coerenza o una dialettica narrativa con ciò che accade sul palco.
La struttura frammentaria dello spettacolo, se da un lato vuole rappresentare le contraddizioni del martirio e della condizione umana, dall’altro rischia di annoiare nell’attesa di una svolta o di soluzioni originali che non arrivano. La reinterpretazione di figure iconiche come Marilyn Monroe e San Sebastiano, centrali nella messa in scena, si perde nell’impressione di un’ironia che manca di profondità e, di conseguenza, non incisiva, sebbene Mar Gómez e Magda Puyo tentino di bilanciare i registri comico e drammatico. Infatti, l’alternanza risulta a tratti forzata, con momenti che sembrano più appoggiarsi a cliché che a una vera esplorazione dei temi proposti, così come le riflessioni su immagine, sacrificio e pressioni sociali (il montaggio della Billy Ikea) non trovano una forma convincente neanche dal punto di vista del coinvolgimento emotivo.
Diretto da Gómez e Puyo, l’allestimento si presenta come un collage di sketch, ma il risultato finale si edulcora dunque in un’autocompiaciuta celebrazione di stereotipi teatrali e coreografici. Questo approccio, che richiama la tipica estetica postmoderna, finisce per essere un pretesto di accumulazione di quadri che raramente riescono a comunicare una vera urgenza o coerenza artistica e finiscono per ripetere simbolismi palesi e poco incisivi. Peccato, perché nulla da eccepire sulla preparazione fisica e tecnica dei ballerini – tra i quali, anche per la capacità interpretativa, spicca Mai Matsuki – ma ciò non basta a riscattare la qualità del dispositivo scenico nel suo complesso. La ricerca di una indagine sulla vulnerabilità umana, l’aspirazione al dialogo tra fisicità e narrazione accostano, forse, questo lavoro alla poetica di Pina Bausch, che però viene evocata senza l’essenza di una autentica tensione emotiva e significatività.
La scelta di connotare Martyrs di un aspetto minimalista e/o didascalico nelle atmosfere visive e sonore, pensata per favorire l’universalità dei temi trattati, finisce per contribuire a una sensazione generale di indeterminatezza con un’ironia che spesso scivola nel banale.
L’esperienza di Martyrs lascia l’amaro in bocca non tanto per ciò che è, quanto per ciò che avrebbe potuto essere se sostenuto dall’adeguata originalità coreografica e profondità culturale. La promessa di esplorare le contraddizioni umane attraverso una miscela di danza, teatro e circo si infrange contro una autoreferenzialità e a una regia che sembra temere di osare davvero e, in un panorama teatrale già saturo di spettacoli che aspirano a essere ʻcontro’ senza mai rischiare fino in fondo, Martyrs si aggiunge alla lista di opere che non riescono a superare la soglia del proprio potenziale e del ʻvorrei ma non posso’.
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La danza contemporánea, con su promesa de trastocar las certezas y de renovar los límites de la expresión artística, es un fértil campo de investigación y experimentación sin destino. Sin embargo, el terreno en el que la compañía Cía. Mar Gómez desarrolla Martyrs, a pesar de su buena voluntad y las premisas de explorar las contradicciones humanas y los mártires modernos con ironía y sarcasmo, parece no estar suficientemente cultivado.
Cía. Mar Gómez, celebrando el trigésimo aniversario de su actividad, presenta Martyrs, un espectáculo que anhela fusionar danza, teatro y circo para abordar el tema del sacrificio humano con ironía y sarcasmo. Sin embargo, no bastan el enfoque dinámico desde el punto de vista visual y la temática potencialmente interesante para aportar profundidad y eficacia a una obra que no encuentra su equilibrio entre sus múltiples ambiciones, quedándose fragmentaria y a veces dispersiva.
La puesta en escena se enfoca en una estética metafóricamente ʻminimalista’ y ʻpobre’, con la escenografía de Ramon Simó, que utiliza objetos como un palo circense y ramas secas, mientras que la banda sonora, que mezcla música barroca y melodías populares (de Vivaldi a Muixeranga), ofrece momentos fascinantes sin crear una coherencia o una dialéctica narrativa con lo que sucede en el escenario.
La estructura fragmentaria del espectáculo, que por una parte quiere representar las contradicciones del martirio contemporáneo y de la condición humana, por otra, corre el riesgo de aburrir, quedándose a la espera de un giro o de soluciones originales que nunca llegan. La reinterpretación de figuras icónicas como Marilyn Monroe y San Sebastián, centrales en la puesta en escena, se pierde en la percepción de una ironía que carece de profundidad y que es, consecuentemente, poco impactante, a pesar de que Mar Gómez y Magda Puyo quieran equilibrar los registros cómico y dramático. De hecho, esta alternancia resulta a veces forzada, teniendo momentos que parecen más apoyarse en clichés que en una verdadera exploración de los temas propuestos. Además, la reflexión sobre la apariencia, el sacrificio y las expectativas sociales (el montaje de Billy Ikea) no encuentra una forma convincente, tampoco desde el punto de vista del involucramiento emocional.
Dirigido conjuntamente por Gómez y Puyo, el montaje se presenta como un collage de sketches, pero su destino se apaga en una autocomplaciente celebración de estereotipos teatrales y coreográficos. Este enfoque, que remite a la típica estética postmoderna, acaba siendo un pretexto de acumulación de cuadros que rara vez logran comunicar una verdadera urgencia o coherencia artística y repiten símbolos evidentes y poco impactantes. Qué lástima, porque nada hay que objetar en la preparación física y técnica de las bailarinas, entre las cuales destaca Mai Matsuki; sin embargo, esto no es suficiente para rescatar la calidad del dispositivo escénico en su conjunto. La búsqueda sobre la vulnerabilidad humana, la aspiración al diálogo entre fisicidad y narración, parecen acercarse a la poética de Pina Bausch, pero no logran transmitir su esencia de una verdadera tensión emocional y significatividad.
La decisión de connotar Martyrs como minimalista y/o didáctico en sus atmósferas visuales y sonoras para favorecer la universalidad de los temas tratados acaba contribuyendo a una sensación general de indeterminación y con una ironía que a menudo recae en la banalidad.
La experiencia de Martyrs deja un sabor amargo no tanto por lo que ha sido, sino por lo que podría haber sido si sostenido por la adecuada originalidad coreográfica y profundidad cultural. La promesa de explorar las contradicciones humanas a través de una mezcla de danza, teatro y circo se enfrenta con una autorreferencialidad y a una dirección que parece tener miedo de arriesgar realmente. En un panorama teatral ya saturado de espectáculos que quieren ponerse ʻen contra’ sin jamás osar hasta el final, Martyrs se une a la lista de las obras que no pueden superar el límite de su propio potencial y del ʻquiero pero no puedo’.
venerdì, 14 febbraio 2025
In copertina: Immagine che propone il Teatro di Barcellona per pubblicizzare lo spettacolo