I ritardi della Ue sono dovuti alla rigidità delle regole?
di Federico Giusti
Semplificare le regole, viene detto e scritto ormai da tutti da anni, pensando che l’impianto normativo su cui si regge la Ue sia causa del suo stesso male. Ma non sono i principi guida a essere oggetto di critica – pensiamo all’impossibilità di battere moneta autonoma per i Paesi aderenti o la possibilità di redigere atti di indirizzo della propria economia a fini non di profitto. La Ue si prepara alla guerra e alla sfida economica e strategica con gli altri competitor e, nell’occhio del ciclone, ci sono al contrario gli ‘eccessivi oneri normativi e amministrativi’ che ostacolano la competitività delle imprese rispetto ad altri blocchi. La Ue sta da tempo pensando a dei correttivi, ad esempio ridurre i costi operativi delle proprie imprese per costruire barriere e dazi che scoraggino l’ingresso di aziende non europee sui mercati comunitari e internazionale (1). Ancora una volta si parla di rilancio della concorrenza e della produttività, di cultura del merito e di salvaguardia delle eccellenze senza guardare alla crescita dei prezzi per i consumatori, per le famiglie e i salariati alle prese con inflazione e caduta del potere d’acquisto. Gli indicatori presi in esame sono quelli della Banca Mondiale che, da tempo, parla di un vecchio continente come ambiente non favorevole, rispetto agli Usa e a Paesi amici del Sud-est asiatico, per le imprese – ossia le multinazionali. Mentre si invoca la rimozione degli ostacoli per ampliare i mercati, si pensa che le attuali regolamentazioni siano un ostacolo agli investimenti a lungo termine con troppe autorizzazioni e norme limitanti. Mentre a Bruxelles si usano termini come economia green, digitalizzazione e decarbonizzazione, si sta – in realtà – pensando ad altro, ossia a unificare i processi decisionali in materia di economia e militare (dalla produzione ai commerci) intervenendo direttamente sulle Carte Costituzionali dei Paesi membri come l’Ue fece quando impose ad alcuni Stati il pareggio di Bilancio con le politiche di austerità – che hanno spinto verso il basso i nostri salari.
Con la crisi degli ultimi lustri la Ue punta tutto sull’innovazione che andrà finanziata con fondi prevalentemente pubblici e aprendo le porte alle multinazionali e, anzi, creandone di nuove fondendo aziende, banche e capitali visto che il nanismo produttivo e aziendale è ritenuto non un valore aggiunto ma ostacolo alla crescita e alla competitività.
Stanno valutando, in seno alla Ue, di ridurre gli oneri amministrativi riprendendo una vecchia ricerca del 2014 del Gruppo Stoiber (2) che stimava l’onere amministrativo dell’Ue in 150 miliardi di euro, pari all’1,3% del Pil annuo.
Non è distopia pensare che vogliano rivedere anche l’assetto del settore pubblico con nuovi parametri per valutare i costi, ad esempio i diversi tassi di sconto con criteri e metodologie unificate a livello comunitario. Le direttive dell’Unione Europea saranno in futuro assai più stringenti, non si limiteranno a dettare linee guida attraverso obiettivi politici che poi gli Stati membri dovranno autonomamente raggiungere, bensì le direttive indicheranno anche le scelte che ciascun Paese dovrà mettere in pratica recependo velocemente le direttive comunitarie nel diritto nazionale. Da qui a ipotizzare la fine di ogni sovranità nazionale il passo è breve. Gli Stati membri sono tenuti a rimuovere norme giudicate ostative per il raggiungimento degli obiettivi comunitari e i Parlamenti dovranno solo prenderne atto operando in tempi celeri.
Detto in altri termini, la Ue si prefigge l’obiettivo di armonizzare le decisioni assunte a livello dell’Unione, a rafforzare i processi di unificazione dei mercati e dei capitali, a cancellare gli oneri normativi a carico dell’impresa recependo il tutto nelle normative nazionali – ad esempio, i principi guida della stabilità fiscale o finanziaria, le politiche in materia di investimento nei settori economici trainanti “perseguendo l’obiettivo comune di un mercato unico ben funzionante” per il quale anche i meccanismi di ricorso da parte dei singoli Paesi dovranno essere ridotti ai minimi termini.
Inoltre, quando si parla di unificazione dei mercati e della produzione, di costruire hub dell’innovazione ad alto tasso tecnologico si pensa soprattutto al settore militare. Il Piano d’azione dell’Ue ovvero costruire una politica unica e centralizzata sull’approvvigionamento energetico o sull’innovazione tecnologica è parte delle strutture portanti della nuova Unione Europea.
I processi di fusione e di collaborazione stretta tra le imprese in campo tecnologico e militari sono funzionali a competere con gli Usa nella realizzazione di nuovi sistemi d’arma e a sviluppare progetti di difesa congiunti all’interno di nuovi segmenti industriali strategici. Gli investimenti si concentreranno nei settori ad alto impatto tecnologico per i quali sono indispensabili fondi pubblici cospicui – si pensa a ‘grandi investimenti’ per la realizzazione di droni, missili ipersonici, armi a energia diretta, intelligenza artificiale per la difesa, guerra nei fondali marini e nello spazio, eccetera. La Ue sta lavorando a progetti industriali multinazionali prevedendo non solo ampi finanziamenti comunitari ma anche rivedendo ruoli e funzioni dell’università e dei centri di ricerca per coinvolgerli direttamente nello studio e nella realizzazione di nuovi sistemi d’arma.
Se la guerra in Ucraina, l’embargo a gas e petrolio russo sono tra le cause principali della crisi economica comunitaria, la via d’uscita prospettata è proprio quella della guerra, delle tecnologie duali, del ritorno al nucleare, di università e centri di ricerca impiegati a fini bellici dietro la classica foglia di fico della competitività e del rilancio tecnologico della produzione made in Ue.
(1) Si noti che, ai dazi sulle autovetture elettriche cinesi, la Repubblica Popolare cinese ha risposto con l’aumento dei dazi su brandy, latticini e carne di maiale. Ma è il settore del lusso (dalle berline di grossa cilindrata all’alta moda e accessori) che potrebbe essere messo in discussione a breve, anche semplicemente alzando la tassazione sul valore aggiunto dei beni di lusso, aggirando così eventuali ricorsi al WTO
(2) Per approfondire. Stoiber Group on administrative burdens in EU law: better law-making in action: https://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/EPRS_ATA(2014)536339
venerdì, 31 gennaio 2025
In copertina: Bruxelles, Atomium. Foto di Waldo Miguez da Pixabay