Da Demetrio Stratos a Nan Goldin
di La Redazione di IntheNet
Come ogni anno nuovo regaliamo ai nostri lettori alcuni suggerimenti sulle arti figurative o visive – che dir si voglia – un po’ fuori dagli schemi. Quelle coi nomi famosi saranno sicuramente sbandierate dalle testate blasonate, quindi noi siamo andati a frugare negli angoli più reconditi di un universo che può ancora stupire.
Partiamo dalle personali che stanno per chiudere e, quindi, occorre affrettarsi. Fino ai limiti dell’impossibile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979. Secondo movimento sarà ospite di Palazzo Malagola, a Ravenna, solo fino al 31 gennaio 2025. A curare la mostra l’artista teatrale Ermanna Montanari e il suo storico tecnico del suono, Enrico Pitozzi – che, per tanti anni, ci hanno regalato i capolavori (anche in ambito di ricerca vocale) del Teatro delle Albe. L’esposizione non si concentra solamente sull’indimenticabile cantante degli Area, ma anche sul suo rapporto con altri artisti, quali John Cage che – ricordiamo – grazie allo Studio di fonologia della Rai di Milano, diretto da Luciano Berio e Bruno Maderna, arrivò nel nostro Paese negli anni 60 del Novecento per trascorrervi un periodo quanto mai prolifico.
Più canonica, ma sicuramente imperdibile, l’esposizione Miró. Il costruttore di sogni presso il Museo Storico della Fanteria di Roma – fino al 23 febbraio. Ciò che è da valorizzare di questa personale è l’approccio all’universo onirico della pittura e della scultura del maestro catalano, in grado con il suo non-figurativismo e i suoi colori fauve, l’uso di materiali e tecniche innovativi per quei tempi, di farci entrare nella tana del Bianconiglio e immergerci in un surrealismo meno psicanalitico e più sognante di quello di altri artisti coevi.
Sempre rimanendo ai confini tra sogno e realtà, Tim Burton’s Labyrinth, a Palazzo Reale di Milano fino al 2 marzo, sarà la mostra immersiva nella psiche di uno tra i cineasti più fantasy degli ultimi trent’anni; l’ideatore di The Nightmare Before Christmas (diretto da Henry Selick) e La sposa cadavere, ma anche di film che hanno immortalato la fantasia di altri registi i quali, prima di lui, con mezzi casalinghi e tecnologie ruspanti hanno saputo regalarci piccoli cult della fantascienza e dell’horror, come Ed Wood.
Fino al 23 marzo, presso il Palazzo della Penna a Perugia, continuerà la personale dedicata a una tra le fotografe più interessanti del Novecento, Dorothea Lange, l’autrice di Migrant Mother (targata 1936) – che ha saputo trasformare la fotografia documentaristica in espressione poetica, in bianco e nero, della nostra umanità (al pari di un Henri Cartier-Bresson o di un Robert Capa). 130 scatti tra gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso per raccontare gli States della Grande Depressione e del New Deal, della segregazione razziale e delle Dust Bowl, ripetute tempeste di sabbia che resero impossibile la vita a migliaia di famiglie costringendole a migrare – come racconta nel proprio capolavoro,Furore, John Steinbeck.
Dalla fotografia al muralismo per narrare il presente il passo è breve. The World of Banksy sarà ‘in mostra’ all’Arena Flegrea Indoor di Napoli fino al 4 maggio. Non aspettatevi però gli originali, sparsi ai quattro angoli del globo o ceduti a collezionisti privati da chi si è fatto scrostare il muro di casa o ha venduto la saracinesca del garage. In esposizione vi saranno le riproduzioni su larga scala dei suoi murales più iconici e, se la tecnica originale non potrà essere valutata, sicuramente faranno riflettere i temi che hanno ispirato le sue opere (e che contraddistinguevano anche quelle dei muralisti messicani dei primi anni del Novecento) – la politica e la giustizia socio-economica.
In equilibrio tra disegno, pittura, scultura, videoarte, installazione e fotografia, Tracey Emin sarà ospite di Palazzo Strozzi, a Firenze, con Sex and Solitude fino al 20 luglio. Sarà la personale più ampia realizzata in Italia dell’artista britannica, forse meno nota e un po’ meno quotata della connazionale, Jenny Saville. Oltre 60 le opere – dagli anni Novanta del Novecento alle più recenti. In mostra anche l’installazione che l’ha resa celebre, Exorcism of the Last Painting I Ever Made, ricostruita in una delle sale del Piano Nobile. Ricordiamo, però, come nacque quella che oggi è solo un’installazione. Nel 1996, dopo aver vissuto il trauma di due aborti, Emin, nuda, si rinchiuse in una sala di una Galleria di Stoccolma per tre settimane per riconciliarsi con se stessa attraverso la pittura o con la pittura attraverso il confronto con i propri stati d’ansia – mentre i visitatori potevano seguire il processo creativo in atto attraverso lenti fish-eye inserite nei muri esterni della sala. A Firenze saranno riproposte tutte le opere e gli oggetti prodotti o utilizzati durante quella performance.
E chiudiamo con This Will Not End Well, la personale dedicata a Milano a Nan Goldin, presso il Pirelli Hangar Bicocca, che sarà inaugurata il 9 ottobre. La più ampia selezione di diapositive mai realizzata finora in Italia ci regalerà le angosce di The Ballad of Sexual Dependency (1981-2022) – che sembra trasferire in un medium visuale e musicale le dinamiche di coppia come, attraverso la parola scritta, fece Raymond Carver con il suo Di cosa parliamo quando parliamo d’amore; o con una miniserie tv, Ingmar Bergman con il suo un tantino noioso e logorroico Scene da un matrimonio.
E questi sono solo spunti, a voi scoprire altre figure – magari marginali rispetto ai circuiti intasati dai nomi di richiamo – che hanno saputo confrontarsi con vari mezzi, tecniche e tematiche per creare universi di senso con i quali confrontarsi da spettatori partecipi e non solamente da visitatori di passaggio in questo mondo.
venerdì, 10 gennaio 2025
In copertina: ©Nan Goldin, Brian and Nan in kimono, 1983 (diapositiva con la quale si sta pubblicizzando la mostra online)