Una denuncia a cui non sappiamo se la Magistratura darà risposte
di La Redazione di InTheNet (traduzione di Simona Maria Frigerio)
In queste settimane ci è stata fornita una denuncia sporta ormai tempo fa a cui non pare sia stato dato seguito ma che contiene diverse richieste di indagine e spiegazioni che riteniamo sia importante affrontare – a livello di magistratura, politica e opinione pubblica.
In questa denuncia si fa notare che “nel febbraio 2020 era in corso una influenza stagionale, notoriamente caratterizzata da sintomi come febbre, tosse, raffreddore e dolori muscolari” – praticamente come ogni anno. E però, come riporta il medesimo documento: “La circolare del Ministero della Salute del 22 febbraio 2020, avente prot. 0005443DGPRE-DGPRE-Palermo, firmata da D’Amario Claudio, Direttore Generale della Direzione Generale Prevenzione Sanitaria, […] indica[va] che il Comitato ICTV (Comitato Internazionale sulla tassonomia dei virus) [aveva] classificato il nuovo coronavirus quale Sars-Cov-2” e “da quel momento” venivano fornite “indicazioni ai medici di medicina generale sul territorio affinché i sintomi sopra citati [fossero] considerati come casi sospetti di Covid-19 (malattia causata da Sars-Cov-2), e nella stessa circolare [era] data indicazione che a quei pazienti che present[assero] febbre 37,5, mal di gola, rinorrea, difficoltà respiratoria e sintomatologia simil influenzale / simil Covid-19 / polmonite, [fosse] imposto isolamento domiciliare sia da conviventi che da estranei compreso il medico curante, nonché indicazioni di non recarsi ai Pronto Soccorso e a qualsiasi tipo di assistenza sanitaria, e segnalazione di caso sospetto al Dipartimento di Sanità Pubblica. Essendo il paziente in isolamento e senza terapia, questi peggiorava progressivamente fino ad arrivare al ricovero ospedaliero con gravi difficoltà respiratorie. Giunto in ospedale, al paziente veniva somministrato il ‘tampone’ per Sars-Cov-2; a fronte di una positività, il caso sospetto diventava caso confermato di Covid-19”.
Da questo resoconto puntuale nascono alcune domande alle quali, come cittadini e Redazione, vorremmo si rispondesse.
In primis, perché si rescindeva il rapporto tra paziente e medico, ossia tra individuo e medicina territoriale, invece di dare immediatamente ai medici generici le protezioni individuali – per le visite indispensabili – e strumenti quali la telemedicina per i consulti che potevano svolgersi anche a distanza o per monitorare l’evoluzione dei sintomi? In secondo luogo, nessuno al Ministero della Salute o nel Comitato Tecnico Scientifico pensava che se una persona era affetta da una patologia che affliggeva le alte vie respiratorie, come un raffreddore, che nel frattempo degenerava in mal di gola, febbre e tosse, lasciarlo a se stesso – in ‘vigile’ attesa – avrebbe comportato quasi sicuramente un aggravamento dei sintomi fino al ricovero ospedaliero? Quando mai una persona che avverta dolori al petto e difficoltà respiratorie, se ne resta chiusa in camera propria, senza il supporto nemmeno dei familiari e del medico curante, in ‘vigile’ attesa (vigile, poi, in che senso? Misurandosi la febbre ogni due ore o utilizzando un pulsossimetro – che non è detto tutti avessero né tanto meno sapessero usare e valutarne l’esito?).
E terzo, visto che le autopsie erano ‘sconsigliate’, come sarebbe stato possibile, anche in ospedale, fare altro che ‘dare ossigeno’? Quando ci si sarebbe accorti che la prima ondata di Sars-Cov-2 causava la trombosi? Eppure il 20 aprile 2020 su Military Medical Research (1), Jing-Chun Song, Gang Wang, Wei Zhang, Yang Zhang, Wei-Qin Li, Zhou Zhou, il People’s Liberation Army Professional Committee of Critical Care Medicine e la Chinese Society on Thrombosis and Haemostasis pubblicavano un articolo intitolato significativamente: Chinese expert consensus on diagnosis and treatment of coagulation dysfunction in COVID-19, in cui scrivevano: “Gli studi hanno dimostrato che una disfunzione nella coagulazione è una causa maggiore di morte in pazienti con forma severa di COVID-19. Di conseguenza, i gruppi di esperti del People’s Liberation Army Professional Committee of Critical Care Medicine e della Chinese Society on Thrombosis and Hemostasis dalla prima linea dell’epidemia, a Wuhan, si sono riuniti e hanno raggiunto una unanimità di opinioni per la diagnosi e la cura delle disfunzioni nella coagulazione associate con una infezione grave da COVID-19. L’unanimità di opinioni include una panoramica delle disfunzioni nella coagulazione correlate alla COVID-19, i test per la coagulazione, la terapia anticoagulante, terapie sostitutive, terapie di supporto e prevenzione. L’unanimità di opinioni ha prodotto 18 raccomandazioni che sono utilizzate come linee guida nel lavoro clinico”.
Tutto questo mentre le nostre autorità sanitarie prescrivevano la ‘vigile attesa’ e avrebbero continuato a farlo ancora per due anni? Perché tali inducazioni non diventavano di dominio pubblico nel resto del mondo, anche attraverso l’Oms?
Più avanti nella denuncia leggiamo: “Il 26 marzo 2020 la Regione Sardegna, con delibera n.16/3 della Giunta Regionale, diramava le Linee Guida per la Codifica della SDO (Scheda di dimissione ospedaliera) per Casi affetti da malattia da Sars-Cov-2 (Covid-19). Tali linee guida […] redatte in collaborazione con il Centro collaboratore italiano dell’OMS per la famiglia delle classificazioni internazionali, Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità, regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non firmate e senza riferimenti di firmatari alcuno né riferimenti di protocollo, non si rinvengono in atti ufficiali del Ministero della Salute, ma vengono ciononostante adottate anche da altre Regioni, sempre come allegati a delibere di giunta. Specifico però che in realtà alcune Regioni non hanno utilizzato quelle linee guida, utilizzando un’altra codificazione del tutto difforme. Dato il presupposto per cui le Linee guida, sempre che fossero ufficiali, sarebbero necessarie proprio per uniformare la codificazione della patologia ai fini epidemiologici” – si chiede il denunciante e ci chiediamo noi – perché alcune Regioni hanno proceduto diversamente?
Da quanto sopra esposto, in parole povere, ciò che, ad esempio in Cina ma anche in molti altri Paesi, era prassi comune, ossia – in base a dati, ricerche, esami e autopsie, pratiche mediche e riscontri a livello di medicina territoriale e ospedaliera – creare delle linee guida sulle quali progettare interventi mirati alla cura dei pazienti, con conseguente contenimento dell’epidemia, in Italia sembra fosse una chimera (nel senso di “idea senza fondamento” e non di “organismo che contiene cellule con patrimonio genetico diverso”…).
Proseguiamo a leggere la denuncia: “il virus è stato classificato dall’ICTV (Comitato Internazionale sulla Tassonomia dei Virus) quale appartenente alla famiglia dei ‘coronaviridae’ che, in base al decreto legislativo 81/2008, viene attribuito a un gruppo di rischio biologico ‘2’. Tale gruppo di rischio prevede ‘un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori, ma è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche’. Ciò è in contrasto con le misure che sono state messe in atto, in quanto totalmente sproporzionate e aggravate rispetto all’effettivo rischio biologico in atto. Quelle attuate, le misure profilattiche e terapeutiche sarebbero invece state corrispondenti a un gruppo di rischio biologico ‘4’, che infatti corrisponde al dettato del decreto 81/2008 e precisamente «corrispondente a un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può rappresentare un elevato rischio di propagazione nella comunità e non sono disponibili di norma efficaci misure profilattiche e terapeutiche»”.
Questa parte della denuncia pone nuovi quesiti. Ossia, è stata sottovalutata la Covid-19 o si è sopravvalutata per imporre norme liberticide – quali, in seguito, un obbligo vaccinale surrettizio; e prima, il lockdown, con la chiusura di scuole, esercizi commerciali, aziende e l’azzeramento della possibilità non solamente di viaggiare ma persino di allontanarsi oltre i 200 metri da casa? Visto che da subito si è sottolineato come la Covid-19 fosse particolarmente grave solo per le persone anziane o con co-morbilità (come affermato anche dalle risultanze della Commissione d’Inchiesta statunitense, già pubblicate su questo Settimanale), quale era il reale rischio biologico del Sars-Cov-2? Può apparire ormai una domanda velleitaria ma, primo, una pandemia potrebbe propagarsi nuovamente (come profetizzano i guru dei vaccini) e, allora, dovremmo essere preparati a reagire; e, secondo, in Italia milioni di persone hanno subito forme di ghettizzazione, fustigazione morale, derisione pubblica, sospensione o perdita del lavoro e hanno persino dovuto migrare in Paesi stranieri proprio per la risposta univocamente vaccinistica e la narrazione da ‘peste manzoniana’ che mass media, politica e un’ampia fetta della scienza medica nostrana hanno dato della Covid-19.
E ancora, nella denuncia emerge un altro fatto del quale ci siamo già occupati in passato (ossia del maggior addebito di costo dell’assistenza destinata ai pazienti con Covid-19 rispetto ad altre patologie, 2): “i pazienti affetti da Covid-19, come stabilito dalle linee guida SDO generiche e diramate dal Ministero della Salute (Decreto Ministero della Sanità n. 380/2000 e seguente Decreto Ministero della Salute n. 261/2016 di modifica) definiscono le modalità di compilazione della scheda di dimissione ospedaliera, indicando come formulare la diagnosi principale e la diagnosi secondaria, si evidenzia che nelle Linee guida SDO si indica come regola generale di annotare in scheda di dimissione ospedaliera come diagnosi principale la patologia che ha comportato il maggior consumo di risorse durante l’episodio di ricovero, ma che nel sistema di classificazione delle malattie (ICD-9-CM nel nostro caso, che peraltro doveva essere aggiornato e comunque sostituito con il sistema ICD10), prevede che la malattia di base, Covid-19 con codice 078.89 vada indicata in diagnosi principale e la malattia respiratoria in diagnosi secondaria. Ma poiché le linee guida di codifica SDO del marzo 2020 impongono di invertire questa regola, prevedendo l’inserimento del codice di malattia respiratoria in diagnosi principale e la Covid-19 in diagnosi secondaria, ne è derivato che, a fronte di un semplice tampone quale discernimento diagnostico, è stato alterato il percorso diagnostico stesso e si sono assicurati rimborsi economici per spese ingenti e costosissime, per terapie in contrasto ai principi base del sistema sanitario nazionale (sicurezza, qualità, efficacia, efficienza e appropriatezza) che peraltro devono essere evidenti come stabilisce la legge sanitaria vigente”.
Infine, ancora oggi ci si chiede se i dati sulla letalità del virus siano stati valutati con la dovuta accuratezza: “La polmonite rientra tra le complicanze diffuse dell’influenza e da letteratura consolidata e ufficiale si presenta quasi sempre (70%) come batterica e non già come virale, fatto che modifica sostanzialmente le terapie indicate e utili al trattamento. Dato il fatto che la polmonite batterica è sovente conseguenza di patologie croniche di base, specialmente negli anziani, e che il sistema ICD10 prevede l’inquadramento del decesso quale conseguenza della patologia cronica di base e non già delle sue conseguenze, la quasi maggioranza dei decessi noti quali morti per la Covid-19 sarebbero stati in realtà annotati quali decessi per patologie croniche di base e le complicanze respiratorie trattate quali complicanze batteriche. Ciò avrebbe prodotto un dato inferiore di quasi il 50% dei decessi dovuti a polmonite batterica in meno, fermo restando che sarebbero state trattate con antibiotici, mentre l’aver escluso la complicanza respiratoria quale batterica, ha inibito l’uso di terapia antibiotica, peraltro a basso costo, a fronte di costosissime spese ospedaliere”.
Leggendo la denuncia ci chiediamo: se, in passato, una persona era affetta da e ricoverata per un cancro all’ultimo stadio e, durante una terapia chemioterapica – vista la diminuzione delle difese immunitarie – il paziente prendeva anche l’influenza e l’infiammazione degenerava in polmonite, normalmente si sarebbe data prevalenza – come causa di morte – al cancro? Così non è stato per la Covid-19? E ancora, se una polmonite non è curata appropriatamente poteva e può condurre alla morte. Quindi, capire se fosse batterica o virale e, in caso di batteri quali fossero coinvolti, poteva e può fare la differenza? Non essendo medici attendiamo risposte.
Più avanti la denuncia sottolinea che: “In realtà quel ‘virus’ è stato valutato come conosciuto quando classificato appartenente alla famiglia delle coronaviridae, poi considerato sconosciuto nella considerazione a base della campagna vaccinale sperimentale”.
Ultima domanda obbligatoria: un virus corona tendenzialmente si sa cosa comporta e come la medicina può tentare di affrontarlo?
Noi continueremo a tenervi informati per cercare di giungere il più possibile vicini alla verità di ciò che è accaduto. Perché non si ripeta.
(1) https://mmrjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/s40779-020-00247-7
(2) 31 luglio 2021: “Nella proposta si prevede che le prestazioni di ricovero per acuti a pazienti affetti da Covid, indipendentemente dal codice DRG della dimissione finale, siano remunerate maggiorando l’ordinaria remunerazione prevista dal decreto ministeriale 18 ottobre 2012 con il seguente incremento tariffario: per ciascun episodio di ricovero con durata di degenza maggiore di 1 giorno, è pari a 3.713 euro se il ricovero è avvenuto esclusivamente in area medica e a 9.697 euro se il ricovero è transitato in terapia intensiva. In caso di dimissione del paziente per trasferimento tra strutture di ricovero e cura, l’incremento tariffario è ripartito tra le strutture in proporzione alla durata della degenza in ciascuna”: https://www.aogoi.it/notiziario/archivio-news/covid-tariffario
(3) Spieghiamo la differenza tra tasso di letalità, che si ottiene dividendo il numero delle persone decedute a causa della malattia con il totale dei malati. Mentre tasso di mortalità si ottiene dividendo il numero delle persone morte a causa della malattia con quello del totale della popolazione potenzialmente interessata
venerdì, 10 gennaio 2025
In copertina: Foto di Alexandra Koch da Pixabay