Gianfranco Capitta e Carla Pollastrelli dedicano un libro alla coppia Marconcini/Daddi
di Simona Maria Frigerio
Scener ur ett äktenskap, ossia Scene da un matrimonio, era una miniserie televisiva svedese scritta e diretta da Ingmar Bergman, trasmessa nel 1973 in sei puntate e imposta anche a me bambina – che non ci capivo niente, ricordo, e che mi annoiava terribilmente mentre cercavo di seguire quei due, in bianco e nero (perché noi, in ogni caso, non avevamo la tv a colori), che parlavano e parlavano, seduti a tavola. Ma quello era il tempo dell’impegno: sociale, politico, ideologico e i bambini leggevano Padre e padrone, Il corvo e Quando Hitler rubò il coniglio rosa, e si sorbivano lo squartamento del maiale de L’albero degli zoccoli per comprendere la durezza della vita contadina, o La battaglia di Algeri per capire cosa fosse il colonialismo… Oggi bisogna edulcorare persino La fabbrica di cioccolato e credo finiranno per vietare ai minori di 18 anni Il signore delle mosche…
Curioso quindi aver ritrovato questo titolo per un libro dedicato ai due interpreti meno noiosi della storia del teatro italiano che mi sia capitato di vedere sul palco. Titolo iper-azzeccato come gioco di parole dato che Giovanna Daddi e Dario Marconcini hanno calcato le scene per circa mezzo secolo e, nel contempo, sono stati sposati per altrettanti anni – dando il meglio di sé, forse, proprio con Notte di Harold Pinter, che è il condensato di due vite condivise con le tipiche sfasature dei ricordi di chi, da una vita, si conosce, si ama, si confronta e dialoga – sempre con passione (quella per il teatro come per i viaggi, per gli affetti come per la politica).
Cura, sembra questa la parola che forse meglio di ogni altra caratterizza questa coppia sul e sotto il palco. La stessa che va riconosciuta agli autori di questo volume che è quasi uno zibaldone di ricordi, pensieri, progetti – a volte in forma di intervista. Cura che difficilmente gli artisti dimostrano con i colleghi ma che ha sempre contraddistinto l’attenzione di Marconcini e Daddi per i loro tanti commensali: come ha ricordato durante la presentazione alla Libreria Roma di Pontedera, Roberto Bacci (regista ed ex direttore artistico del teatro Era di Pontedera, quando quello spazio era sinonimo di teatro internazionale di qualità e sperimentazione pindarica). Cura nel dettato, nel gesto, nel porgersi verso l’altro da sé ma anche nel compartecipare, dialogare, rispettare e condividere: perché Marconcini (l’ultimo Ciompi) e Daddi sono cresciuti respirando la politica come pratica di vita quotidiana, etica del lavoro, passione per la vita.
A completare il libro un apparato fotografico in gran parte firmato da Massimo Agus, che ci permettere di immergerci nuovamente in alcune messinscene che sono entrate nella storia del teatro, non quella con la S maiuscola, che scrivono i mattatori con roboanti apparati, ma quella con la s minuscola, che scrivono i mestieranti – come mestierante fu il Bardo, che scriveva al volo le parti per ciascun membro della Compagnia.
E così non abbiamo commentato un solo paragrafo del libro. Perché? Perché questo libro va letto preparandosi come per un viaggio che, se parte da Pontedera, saprà condurvi fin sulla via di Damasco – oggi lastricata di sangue, laddove Dario cercava l’illuminazione che trasformò Saulo in Paolo di Tarso.
Scene da un matrimonio
Il teatro di Giovanna Daddi e Dario Marconcini
Gianfranco Capitta e Carla Pollastrelli
fotografie di Massimo Agus
Titivillus, novembre 2024
venerdì, 20 dicembre 2024
In copertina: La copertina del libro (particolare, per ragioni di layout)