I dati Istat sull’andamento dell’economia italiana
di Federico Giusti
Le roboanti dichiarazioni dei ministri sull’andamento dell’economia italiana sono smentite dai dati Istat. Sarebbe sufficiente, per restituire un quadro veritiero dello stato in cui versa la nostra economia, che i giornalisti facessero il loro mestiere per porre, sulla stampa, in radio e in tivù, domande precise al Governo – e non quesiti addomesticati utili solo a far passare un messaggio rassicurante atto a magnificare le sorti dell’esecutivo.
Vediamo insieme alcuni dati, commentandoli volta per volta.
I salari crescono? Non proprio, se guardiamo agli aumenti derivanti dai rinnovi contrattuali la cifra erogata è pari a un terzo dell’inflazione e, quindi, almeno un quarto del reale costo della vita. Con le detassazioni e la riduzione del cuneo fiscale le imprese risparmiano a scapito delle entrate fiscali destinate al welfare, i vantaggi ottenuti non sono proporzionalmente investiti in nuova occupazione o nell’innovazione dei processi tecnologici. A dirlo non siamo noi ma studiosi universitari, report e perfino articoli tratti dai giornali economici.
L’economia cresce? ll Pil rimane stazionario e tendente al ribasso, l’attività economica rallenta rispetto alla prima metà dell’anno, i risultati conseguiti sono i peggiori tra i paesi UE. Le esportazioni all’estero sono in calo come anche la produzione industriale (-0,6%) rispetto a pochi mesi or sono. La produzione di beni di consumo cala dell’1,0%, forte il rallentamento del settore delle costruzioni dopo la crescita nella prima metà dell’anno.
E i servizi? Anche nei servizi si certifica il calo degli indici di volume, cresce il malessere sociale e la preoccupazione per il futuro tanto che milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi di fronte a lunghe liste di attesa per visite e terapie del Servizio Sanitario Nazionale. Per la Sanità l’Italia, in rapporto al proprio Pil, spende meno di ogni altro Paese dell’Unione, o almeno dei Paesi economicamente più forti.
Ma l’occupazione ha ripreso a salire come asserito dal Governo? Altra inesattezza, se consultiamo i dati Istat aumenta il tasso d’inattività e molti dei nuovi posti di lavoro sono precari. La fascia tra i 35 e i 49 anni vede diminuire il numero degli occupati. Ci sono meno disoccupati rispetto ad un anno fa perché in molti hanno rinunciato a cercarsi un impiego con il mercato del lavoro incapace di costruire politiche attive di formazione per acquisire le competenze e le conoscenze richieste.
E la Germania? La stagnazione economica tedesca ha forti ripercussioni sull’economia italiana dipendendo la nostra produzione, nel settore manifatturiero, da quel Paese. Qualora poi dovessero essere imposti dazi al 10% sulle esportazioni europee verso gli Usa il deficit commerciale dell’Italia determinerebbe anche la riduzione dei posti di lavoro – e un primo segnale potrebbe arrivare direttamente da Oriente, dopo l’imposizione dei dazi sulle vetture cinesi decisa dalla Ue nelle settimane scorse (1).
(1) https://www.inthenet.eu/2024/10/18/perche-tavares-chiede-di-rimuovere-i-dazi-ue-sulle-auto-cinesi/
venerdì, 6 dicembre 2024
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay