In 220mila alla manifestazione per chiederne le dimissioni
di (e traduzione in spagnolo di) Noemi Neri
Valencia. Si è tenuta, sabato 9 novembre, la manifestazione contro la gestione della Dana al grido di “Mazón dimissió” per chiedere le dimissioni del presidente della Comunità valenciana Carlos Mazón. Organizzata da 65 organizzazioni sociali, civiche e sindacati di sinistra, a cui poi si sono aggiunti altri 83 enti, ha visto la partecipazione di circa 220mila persone che hanno riempito le strade del centro, nonostante ancora non ci siano né treni né metro, con striscioni, cartelli e bandiere.
“Mio padre è morto per la vostra incompetenza, assassini”; “Siamo la voce di quelli che non potranno più parlare”; “Spiega ai bambini che il loro padre non tornerà a casa”; “Se il popolo non avrà giustizia che il Governo non abbia pace”; “Le nostre mani sporche di fango, le tue di sangue”; “Mazón mangia mentre il popolo muore”; “Se non ci fossero stati i volontari chi ci avrebbe aiutato”; “Mazón in prigione”; “Presidente a Picassent”, ovvero dove si trova il carcere. Sono solo alcune delle frasi che si leggono nella moltitudine di striscioni e che le persone gridano all’unisono. La parola più ricorrente è: “Assassino”.
L’appuntamento in piazza del Comune era per le 18.00, qui, dopo un minuto di silenzio, tre persone che si sono salvate dalla Dana hanno letto un manifesto in cui si chiede l’avvio di un procedimento giudiziario d’ufficio per stabilire e determinare i responsabili delle conseguenze evitabili della catastrofe. Il Governo valenciano non è stato all’altezza della situazione, ha dimostrato incompetenza e negligenza e per questo si chiedono le dimissioni del suo presidente.
Di fronte al Comune ci sono scarpe piene di fango, mazzi di fiori in mezzo ai quali si può leggere la scritta “Tutti siamo Valencia”. È la presenza silenziosa delle vittime dell’inondazione che il 29 ottobre ha colpito la Spagna e, in particolare, la zona sud di Valencia. Un numero di vittime non ancora precisato e su cui rimangono tante zone d’ombra. “Valenciani alziamoci in piedi” (“Valencians en peu alcem-se”) recita un cartello richiamando l’inno della Comunità. Una marcia dolorosa e pacifica, quella di sabato, interrotta solo da atti circoscritti di vandalismo che sono stati repressi dalla polizia. Sono stati lanciati, contro il palazzo comunale, fumogeni, oggetti per pulire il fango e bengala: quattro gli arrestati, trentuno i poliziotti feriti. Si respira un clima di forte tensione, il popolo è in lutto ma anche pieno di rabbia.
I manifestanti hanno lasciato intorno al Palazzo della Generalità i propri cartelli, scarpe sporche di fango, attrezzi da lavoro, rifiuti, impronte di mani infangate e pittura rossa a simbolizzare il popolo e la politica. Davanti alla sede del Governo valenciano, dunque, si trova una replica in piccola scala di ciò che possiamo vedere nelle zone colpite: fango, rifiuti e disperazione.
Il messaggio dei valenciani è chiaro e inequivocabile: Carlos Mazón non è degno della città e ha sulla coscienza tutte le vittime dell’inondazione – che si dimetta. La sua immagine compare a testa in giù tra i cartelli, ma anche in una ghigliottina costruita con il cartone. Una scritta sul Palazzo della Generalità recita: “L’unico cadavere dovrebbe essere il tuo”. Parole forti, dure, che provengono da un popolo messo in ginocchio. “València plora”, piange, urla per chi non può più farlo e chiede giustizia.
Valencia desconoce a Mazón como presidente
220.000 personas en la manifestación para pedir su dimisión
Valencia. El sábado 9 de noviembre se celebró una manifestación en contra de la gestión de la DANA bajo el grito de “Mazón dimisión”, para exigir la dimisión del presidente de la Comunidad Valenciana, Carlos Mazón. Organizada por 65 organizaciones sociales, cívicas y sindicatos de izquierda, a las que luego se sumaron otros 83 colectivos, la marcha reunió a aproximadamente 220.000 personas que llenaron las calles del centro, a pesar de que no hay tren ni metro, con pancartas, carteles y banderas.
“Mi padre murió por vuestra incompetencia, asesinos”; “Somos la voz de los que ya no pueden hablar”; “Explícale a los niños que su padre no volverá a casa”; “Si el pueblo no tiene justicia, que el gobierno no tenga paz”; “Nuestras manos sucias de barro, las tuyas de sangre”; “Mazón come mientras el pueblo muere”; “Si no hubieran estado los voluntarios, ¿quién nos habría ayudado?”; “Mazón a prisión”; “President a Picassent” (en referencia a la cárcel ubicada en esa localidad). Estas son solo algunas de las frases que se podían leer en las numerosas pancartas y que los manifestantes coreaban al unísono. La palabra más repetida: “Asesino”.
La cita en la Plaza del Ayuntamiento era a las 18:00, donde, tras un minuto de silencio, tres personas que sobrevivieron a la DANA leyeron un manifiesto en el que se pedía el inicio de un procedimiento judicial de oficio para establecer y determinar a los responsables de las consecuencias evitables de la catástrofe. El gobierno valenciano no estuvo a la altura de la situación, demostró incompetencia y negligencia, y por ello se exige la dimisión de su presidente.
Frente al Ayuntamiento, se colocaron zapatos llenos de barro y ramos de flores con mensajes que decían “Todos somos Valencia”. Era la presencia silenciosa de las víctimas de la inundación que el 29 de octubre azotó España, y especialmente la zona sur de Valencia. Un número de víctimas aún sin concretar y sobre el que persisten muchas incógnitas. “Valencianos, pongámonos en pie” (“Valencians en peu alcem-se”) rezaba un cartel que hacía referencia al himno de la Comunidad Valenciana. Fue una marcha dolorosa y pacífica, interrumpida solo por actos aislados de vandalismo que la policía logró contener. Se lanzaron granadas de humo, objetos de limpieza y bengalas al edificio del ayuntamiento, resultando en cuatro detenidos y trece policías heridos. Se respiraba un clima de gran tensión; el pueblo está de luto, pero también lleno de rabia.
Los manifestantes dejaron alrededor del Palacio de la Generalidad sus carteles, zapatos manchados de barro, herramientas de trabajo, residuos e impresiones de manos con barro y pintura roja, simbolizando al pueblo y a la política. Ante la sede del gobierno valenciano se encuentra una réplica a pequeña escala de lo que se ve en las zonas afectadas: barro, residuos y desesperación.
El mensaje de los valencianos es claro e inequívoco: Carlos Mazón no es digno de la ciudad y tiene en su conciencia a todas las víctimas de la inundación, que dimita. Su imagen aparece boca abajo en los carteles, pero también en una guillotina hecha de cartón. Un escrito en el Palacio de la Generalidad dice: “El único cadáver debería ser el tuyo”. Palabras fuertes, duras, que provienen de un pueblo puesto de rodillas. “València plora”, llora, grita por quienes ya no pueden hacerlo y pide justicia.
venerdì, 15 novembre 2024
In copertina e nel pezzo: Foto di Noemi Neri (tutti i diritti riservati)