Israele conferma la sua posizione egemonica di fronte all’Onu
di Luciano Uggè (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
In questi giorni l’Ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia, S.E. Abeer Odeh, ha denunciato le ultime decisioni del Governo israeliano riguardo all’UNRWA e all’approvazione “in prima lettura, da parte della Knesset, di un disegno di legge che proibisce alle missioni straniere di operare a Gerusalemme e fornire servizi ai cittadini palestinesi” (1). Ricordiamo che Gerusalemme Est, secondo le Risoluzioni Onu e, come ribadito recentemente a Kazan durante il summit dei BRICS, dovrebbe essere la capitale dello Stato palestinese.
La dichiarazione dell’Ambasciatrice (che riportiamo integralmente) va arricchita con altre considerazioni.
La prima è che l’UNRWA (2) è un’Agenzia ufficiale delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, i quali sono ospitati, in parte, in campi profughi all’interno del loro stesso Territorio, in quanto dislocati forzosamente dall’esercito israeliano negli scorsi decenni e costretti a vivere lontano dal loro luogo d’origine in campi, quali Dheisheh o Jenin, in Cisgiordania; Jabaliya e Khan Yunis, nella Striscia di Gaza. Ma sono ospitati anche in altri, situati in Paesi limitrofi, come la Giordania, la Siria e il Libano. Una vera diaspora (o esodo, la Nakba), quella del popolo palestinese, che è iniziata nel 1947/48 con la feroce espulsione a opera dei futuri israeliani degli abitanti arabi della Palestina (sul territorio del Mandato britannico, protrattosi tra il 1920 e il 1948).
Nel 2015, proprio secondo l’UNRWA, i rifugiati palestinesi e i loro discendenti, distribuiti nei vari campi profughi erano oltre 5 milioni. Del resto, basta guardare la cartina che pubblichiamo qui sotto, per comprendere la vastità dei Territori Occupati illegalmente da Israele nel corso di quasi ottant’anni di guerre.
L’UNRWA, in questi anni, ha fornito accesso alle cure mediche, all’istruzione, all’alfabetizzazione informatica, finanziamenti alle piccole imprese, e aiuto materiale a milioni di civili palestinesi. Inoltre, riguardo al presunto coinvolgimento di 12 membri del suo staff (su oltre 30mila addetti nella regione, inclusi 13mila a Gaza) nei fatti del 7 ottobre 2023, è la stessa UNRWA a rispondere, specificando che: “dal 2022, l’organizzazione ha indagato 66 membri tra i 30mila che compongono il suo staff e non solamente a Gaza, cercando di verificare un’ampia gamma di accuse relative a crepe nella neutralità, incluso il presunto supporto ad Hamas o ad altri gruppi. Alcune di queste indagini sono tutt’ora aperte. 66 casi su 30mila persone – dei quali non tutti comprovati – è solo lo 0,22%. Non vi è alcun supporto alla descrizione dell’UNRWA come «istituzione nel suo complesso totalmente infiltrata [accusa non comprovata, mossa ovviamente da Israele, n.d.t.]». Al contrario, l’esigua percentuale sottolinea che l’assoluta maggioranza dei membri dell’UNRWA agisce conformemente ai principi verso i quali si sono impegnati quando si sono uniti all’Agenzia”.
Ma non solo, le accuse di Israele (e di altri Paesi che avevano supportato gli aiuti umanitari dell’UNRWA e, negli ultimi mesi, hanno sospeso la corresponsione di detti fondi) non sono basate su prove. Basti pensare, ad esempio, che è la BBC in un video girato presso l’Al Sahel Hospital a Beirut, dove “Israele dichiara che sono nascosti milioni di dollari in contanti e oro in un bunker sotterraneo di Hezbollah” (4), a negare la veridicità di tali affermazioni.
Il secondo dubbio che ci sorge spontaneo è come mai l’Europa, così attenta a preservare i diritti delle Organizzazioni non governative in Stati quali la Georgia, che ha approvato una Legge che impone a “tutte le società – compresi i media e le Ong” di registrarsi come “soggetti che perseguono gli interessi di una potenza straniera” (da fonti stampa) se ricevono oltre il 20% dei propri fondi dall’estero – non abbia preso le difese dell’UNRWA sapendo che, da sempre, al di là dell’essere un’Agenzia dell’Onu (e non semplicemente un’organizzazione non governativa), segnala i “nomi, i numeri dei dipendenti, e le loro funzioni ogni anno per ognuna delle cinque aree operative alle autorità dei Paesi ospitanti (Libano, Giordania, Siria, e l’Autorità Palestinese) e, per la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, e Gaza, anche alla potenza occupante, ossia a Israele. Ciò significa che in ogni momento, gli Stati ospitanti e Israele sono informati e a conoscenza di tutti i dettagli riguardanti i membri dello staff che lavorano per l’UNRWA. Altri Stati membri delle Nazioni Unite ricevono tali dati e liste su richiesta”. Inoltre, “l’Agenzia esamina ogni due anni il proprio staff confrontandone i dati con i nomi riportati sulla Lista Consolidata delle Sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu” (3).
Purtroppo viene da pensare che il doppio standard imperi anche riguardo all’UNRWA.
Ciliegina sulla torta vorremmo che i nostri lettori sapessero che la legge georgiana, per la quale è quasi scoppiato un golpe e che è stata definita dai nostri media come “russa”, in realtà è simile allo US Foreign Agents Registration Act (5), che regolamenta i gruppi di pressione, o lobby straniere. Lo stesso, infatti, “obbliga gli individui che lavorino in ambito politico o nella difesa [ad esempio, dei diritti umani, n.d.t.] a nome di entità straniere negli Stati Uniti a registrarsi presso il Dipartimento della Giustizia (DOJ) e a rivelare le loro relazioni, attività, guadagni ed esborsi a supporto delle loro attività”.
Le Ong in Georgia, l’UNRWA in Palestina, qualsiasi Ong o lobby negli States: tre modelli giudicati diversamente a seconda di chi li governa e a quali scopi.
(1) Dichiarazione ufficiale dell’Ambasciatrice:
(2) Per approfondire: https://www.unrwa.org/
(3) https://www.unrwa.org/unrwa-claims-versus-facts-february-2024
(4) https://www.instagram.com/bbcnews/reel/DBbxnbPs8F6/
venerdì, 15 novembre 2024
In copertina: Il logo dell’UNRWA