La grande onda sulla riva dell’Arno
di Simona Maria Frigerio
Hokusai approda a Palazzo Blu per una collettiva ricca sull’arte silografica giapponese dei primi dell’Ottocento.
Prima occorre, però, una piccola premessa storica per inquadrare un artista del Sol Levante che, sebbene internazionalmente noto per L’onda (in blu di Prussia, colore importato dalla Germania) forse non è altrettanto conosciuto per la ricchezza e complessità del suo opus.
Katsushika Hokusai nasce a Tokyo, allora denominata Edo (già sede dello shōgun), nel 1760, e vi muore nel 1849. Pittore, ma soprattutto incisore, è famoso per le opere in stile ukiyo-e, un genere di stampe artistiche eseguite tramite silografia, su carta, con matrici di legno. Le stampe erano inizialmente monocrome – come i lavori di Hishikawa Moronobu – e utilizzavano inchiostro cinese; in seguito, furono colorate a mano con i pennelli; e infine – con Suzuki Harunobu e altri artisti coevi – si cominciò a utilizzare la tecnica della stampa policroma, producendo ciò che sarà denominato nishiki-e (uno stile che mixa parole e narrativa visiva realistica, e si sviluppa in formato orizzontale con l’uso degli emaki, fogli di carta o seta uniti insieme in cui la parte finale di sinistra è attaccata a un perno attorno al quale l’emaki si arrotola, per essere conservato come un libro ed esposto solo in occasioni particolari).
Tornando alla parola Ukiyo, la stessa significa ‘mondo fluttuante’ e si riferisce a un contesto socio-economico dinamico che, agli inizi del XVII° secolo, a Tokyo, Ōsaka e Kyōto, vedeva emergere una nuova classe sociale, i chōnin, mercanti e pseudo-borghesi contrapposti all’universo fondamentalmente feudale e contadino del resto del Paese. Proprio questo mondo, queste nuove realtà urbane furono immortalate da Hokusai, che applicò anche la prospettiva, scegliendo soprattutto vedute paesaggistiche con caratteristiche stagionali (come la fioritura dei ciliegi) o elementi architettonici di pregio (templi, ponti e santuari). E Hokusai potè giovarsi della nuova classe sociale anche per allargare la committenza – fu così che le stampe, in Giappone, divennero un fenomeno di massa.
Il periodo storico tumultuoso ma anche fervido di innovazioni culturali in cui visse l’artista è stato anche denominato Tokugawa e si è esteso per oltre 250 anni (1603/1868), durante i quali il potere politico e militare in Giappone fu detenuto dalla famiglia omonima.
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Premessa storica fatta, tuffiamoci nella mostra ospitata a Palazzo Blu – divisa in otto sezioni e con oltre 200 opere esposte, sia di genere più commerciale – visto che le stampe erano prodotte per quella che potremmo definire nuova borghesia – sia più curate, intimamente zen e originali, come dimostrano i dipinti a pennello su carta o seta nell’ultima sala a piano terra.
Tra le stampe, le più pregevoli sono i surimòno, silografie a colori, su carta di gelso – spesso decorata con polvere d’oro, d’argento o di rame – con tirature limitatissime in quanto commissionate da persone di rango. Pur rappresentando scene di vita quotidiana che si relazionavano alle circostanze per cui erano prodotte, erano sempre accompagnate da brevi liriche, e conservate come volumi pregiati che, solo in particolari circostanze, erano appese alle pareti di casa.
La prima sala è dedicata alle stampe prospettiche con vedute in cui la complessità architettonica ci rimanda a un Tintoretto e la minuzia della rappresentazione a un Giovanni Bellini. Tra le silografie policrome, segnaliamo per la vividezza della natura, La cascata di Ono lungo la strada di Kiso della serie Viaggio tra le cascate giapponesi di tutte le province (1832/33) e, per la perfetta diagonale prospettica, Il ponte Nihonbashi a Edo della serie Trentasei vedute del monte Fuji (1830/32). Mentre il gusto per il tout-bleu (aizuri-e) si apprezza in Kajikazawa nella provincia di Kai sempre della serie Trentasei vedute del monte Fuji.
Ipnotico intermezzo col video in loop Memory of waves di teamLab (2024), che rimanda sia al tema dell’onda sia all’uso dell’inchiostro nero cinese delle prime opere in stile ukiyo-e. Di fronte, ancora per la serie Trentasei vedute del monte Fuji, sono immortalati con finezza alcuni momenti di quotidianità rurale tra covoni e capanne, gesti comuni di vita nei campi, la pesca lungo fiumi e canali, contadini alle prese con una ruota idraulica o a lavorare con le gambe immerse nell’acqua nelle risaie, e ancora a caricarsi sulle spalle il peso delle foglie di tè in gerle impagliate o a sfidare il vento che soffia tra alberi spogli e paesaggi vagamente lugubri. Ovviamente troneggia La grande onda presso la costa di Kanagawa in cui la potenza del mare in tempesta sembra plasmata dalla lirica bellezza di un merletto finemente ricamato in varie tonalità di blu.
Nella sala successiva un rotolo in orizzontale con immagini ‘di primavera’ (Shungha), ovvero immagini erotiche che “garantivano entrate sicure a tutti gli artisti” pur circolando clandestinamente a causa della censura. Da notare che gli amplessi amorosi erano “più o meno clandestini, cercati o subiti, romantici e infedeli, etero e omosessuali”.
A seguire, due lunghe teche contenenti una selezione di libri illustrati (manga e manuali), ma non tutti di Hokusai. Interessanti e minuziosi il Manuale di schizzi di fiori e uccelli di Tatsushika Taito II (prima edizione 1848, silografia policroma) e l’Illustrazione di mille mestieri, questo sì di Hokusai (1850, silografia policroma con inchiostro nero e leggero vermiglio).
In mostra, anche un video con la spiegazione delle tecniche silografiche e, subito oltre, la serie Specchio dei poeti giapponesi (1833/34, silografie policrome), in formato nagaban, ossia verticale. Non bisogna, però, pensare di trovarsi di fronte a ritratti naturalistici quanto a paesaggi che rievocano e sublimano attraverso l’arte visiva i versi di dieci poeti cinesi e giapponesi. L’illuminazione rarefatta contribuisce a rendere la sala stessa, che ospita le opere, poeticamente idilliaca. Eminentemente suggestivo I sei poeti immortali (1815) su kakemono in seta a inchiostro e colore – dove possiamo, al contrario, apprezzare proprio le capacità di Hokusai di ritrarre volti espressivi e panneggi preziosi. Blu immersivo e suadente quello che ci avvolge con Toba, e il suo paesaggio totalmente innevato.
Troviamo infine al piano terra l’Hokusai pittore, dotato di un proprio stile e una mano naturalistici che quasi stridono con la nostra idea di arte giapponese precisa e forse un po’ laccata. Basti vedere Gallo e gallina appollaiati su un tamburo da guerra (1820, rotolo verticale di seta con inchiostro e colore), che sembra opera prodotta da un impressionista francese; o Partoriente (1817, rotolo verticale di seta con inchiostro e colore), in cui la scena stilizzata e composta nulla toglie al dolore della madre gravida e alla solitudine nella quale si trova ad affrontare il parto.
Al piano superiore troviamo una serie di silografie sempre di Katsushika Hokusai, miniature policrome che ritraggono interni e momenti di vita quotidiana, quali una giovane con un origami, un letterato al tavolino pensoso o ispirato, donne con bimbo in riva al mare o in visita a un tempio o, ancora, in attesa del traghetto. Un mondo che sembra scorrere placidamente, in primo piano, mentre lo sfondo si liquefa delicatamente. A seguire, la versione tutta al femminile di Cinque poetesse eccezionali (1820, silografie policrome, argento e polvere di mica), dove la ritrattistica sebbene non renda una precisa fisionomia, ci restituisce nel gesto e nelle azioni (come bruciare l’incenso o ammirare la luna) il carattere diverso di ciascuna protagonista e, probabilmente, le tematiche poetiche a lei care. Curiosamente, pur nascendo dalla medesima scuola e tradizione, e persino dal medesimo soggetto, da notare di Totoya Hokkei, La poetessa di Corte Ono no Komachi, luna e fiori di ciliegio (1820 circa, silografia policroma con argento e polvere di mica) per l’abilità negli sfumati e una maggiore fluidità nei panneggi, oltre alla capacità di rendere, sebbene con tratti estremamente stilizzati, alcune precise caratteristiche fisiognomiche del volto.
Con passo calmo arriviamo all’ultima sala che ospita varie nature morte di Ryūryūkyo Shinsai. Seppure sempre degli anni 10/25 dell’Ottocento, le silografie policrome con vari materiali (quali lacca, argento e oro), ci lasciano stupefatti per quel tema morandiano – da utensili per la cerimonia dell’incenso a una succulenta aragosta su piatto di porcellana (che torna in forme quasi à la De Pisis, in Aragosta su carbone e foglie di Totoya Hokkei, 1816/28, silografia policroma, lacca e argento).
Shinsai è anche presente con stilose scene di vita quotidiana in una serie di silografie policrome (1825) intitolate Gara di galli e con ritratti in interni di donne sicuramente di classe agiata alle prese con attività quotidiane come, ad esempio, preparare elegantemente il tè. Incredibilmente colorate e quasi pre-manga alcune silografie policrome (1818/30) di Totoya Hokkei, seppure affiancate da opere più in sintonia con la tradizione. Spicca, per il rosso brillante e la finitezza dell’inciso, Gofuku. Donna che fila la seta accanto a un susino in fiore per Una serie di spettacoli nō per il Circolo Hanazono (1820/25, silografia policroma, argento e oro).
Nel corridoio finale, come sempre gelido, sopportate i brividi e godetevi un’ultima chicca: Yashima Gakutei con Ragazza intenta a scrivere sotto un albero di ciliegio della serie Godendo della fioritura (1825, silografia policroma, foglio parte di polittico). Dal panneggio alla delicatezza delle sfumatura, un piccolo capolavoro di poesia visiva. Mentre Yanagawa Shigenobu delizia con i suoi particolari che restituiscono tradizioni, costumi, calzature e mestieri di un Giappone che ormai non esiste più.
Mostra ricca, variegata ed esteticamente affascinante – corredata da un catalogo pregiato a cura di Rossella Menegazzo.
La mostra continua:
Blu | Palazzo d’arte e cultura
Lungarno Gambacorti, 9 – Pisa
fino a domenica 23 febbraio 2025
orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 10.00 alle 19.00; sabato, domenica e festivi fino alle ore 20.00
Hokusai
organizzazione Palazzo Blu e MondoMostre
a cura di Rossella Menegazzo
venerdì, 8 novembre 2024
In copertina: La [grande] onda presso la costa di Kanagawa,(Kanagawa oki namiura), dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji (Fugaku sanjūrokkei), Katsushika Hokusai, 1830-1831 circa, silografia policroma, proveniente dal Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, Genova ©Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone Genova (foto gentilmente fornita dall’Ufficio stampa di Palazzo Blu)