La dichiarazione finale dei BRICS con note a margine
di (e traduzione di) Simona Maria Frigerio
Partiamo da un dato di fatto: la Federazione Russa non solamente non è stata isolata a causa delle sanzioni e delle accuse della Corte Penale Internazionale (1) contro il suo Presidente, ma è al centro – proprio grazie a Vladimir Putin – di un rinnovamento che sarà epocale. Lungi dall’essere un paria, il Presidente Putin ha dimostrato ancora una volta come il suo Paese possa essere un faro per chi non accetti oltre l’egemonia statunitense e la sudditanza europea a un’economia capitalistica basata solamente sullo sfruttamento di esseri umani e risorse naturali per arricchire gli oligarchi occidentali, che possono vestire i panni di avidi fondi di investimento – quali BlackRock o Vanguard – della filantropia a scopo di lucro – à la Bill Gates – o di magnati del vuoto pneumatico critico – come Elon Musk con il suo eX ‘uccellino’. Putin e gli uomini e le donne che ha scelto in questi anni per affiancarlo sono stati in grado di ripensare un Paese che Él’cin aveva svenduto al miglior offerente, consegnandolo allo sfacelo sociale e alla speculazione predatoria occidentale. Sono stati capaci di rimetterlo in piedi, tentare la via di una cooperazione proficua con l’Europa, esserne allontanati e vedersi circondati e attaccati su ogni fronte rischiando l’implosione, per rialzarsi nuovamente e guardare al resto del mondo da pari: costruendo alleanze e partnership economiche, politiche, militari, sociali e culturali basate sul rispetto reciproco e con una visione lungimirante verso il Sud del mondo, che non è solamente da depredare in una visione neo-colonialista (che non ha mai del tutto abbandonato l’Occidente) ma è, per molti versi, il futuro del nostro pianeta.
Al vertice di Kazan, si sono riunite le più alte cariche, che rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e il 36% del Pil mondiale (se contiamo solo i nove membri ufficiali: Brasile, Federazione Russa, India, Repubblica Popolare Cinese, Repubblica del Sudafrica, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran), ma è stata anche ufficializzata la richiesta di adesione ai BRICS di ben 13 Paesi: Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Uganda, Uzbekistan e Vietnam. Il che porterebbe i BRICS a essere l’organizzazione di partenariato tecnologico-economico-socio-culturale più importante al mondo – con alleanze bilaterali anche a livello militare, ad esempio tra Russia e Cina (ma forse a breve anche tra Russia e Iran); e scambi sempre più stretti a livello commerciale ed economico con altre organizzazioni come la CSI, l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (SCO) e alcuni membri dell’ASEAN. Ma sarebbe anche una opportunità imperdibile per Cuba di liberarsi dal giogo del bloqueo che, al momento, la sta costringendo a fronteggiare una gravissima crisi energetica.
E però non tutto ha funzionato come avrebbe potuto perché, come al solito, lo zampino di Washington è riuscito ad arrivare fino a Kazan, grazie al Presidente del Brasile, Lula, che ha messo il veto alla candidatura del Venezuela (2). Al di là delle considerazioni su un Lula che torna al potere, come già in passato, dimostrandosi politicamente vicino agli States e aperto ai BRICS solo quando si tratti di fare affari (il Brasile, del resto, tra giugno 2023 e giugno 2024, è salito al sesto posto come economia in crescita, piazzandosi dietro a India, Indonesia, Cina, Russia e Stati Uniti), e che il Presidente Putin ha detto che parlerà con Lula circa tale veto per trovare una soluzione – mentre il Presidente Maduro ha avuto l’occasione per stringere importanti accordi economici bilaterali; resta il fatto che la questione del veto è un problema che andrà risolto. Altrimenti i BRICS rischiano di rimanere invischiati nelle medesime pastoie del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – che ci sta regalando il genocidio palestinese perché impossibilitato ad agire a causa del veto statunitense.
Inoltre, una entità come i BRICS, che si sta allargando, dovrà prevedere meccanismi per cui i nuovi Stati membri non si sentano di Serie B (come già accade ai Paesi del Sud del mondo in troppe organizzazioni internazionali); un veto dovrebbe essere sempre motivato – e quello di Lula, quando persino gli States hanno accettato il verdetto delle urne venezuelane, appare fin troppo simile alle scelte europee che, più realiste del re, si ostinano a sostenere María Corina Machado – consegnandole pure il Premio Sacharov 2024. Sembra ripetersi la triste favola del sostegno della UE all’ex Presidente ad interim della Bolivia, Jeanine Áñez, condannata a 10 anni di carcere per aver condotto un colpo di stato contro il suo predecessore Evo Morales.
Ma al di là di questo problema – che i BRICS saranno costretti a risolvere se vogliono porsi davvero come organizzazione che promuove il multilateralismo e il rispetto per le scelte politiche, religiose ed economiche di ciascun Paese – veniamo ora alla Dichiarazione ufficiale finale del 23 ottobre scorso, di cui vi tradurremo ampi stralci (3).
Il titolo della Dichiarazione è programmatico di una visione alternativa al capitalismo egemonico imperante: “Rafforzare il multipolarismo per uno sviluppo e sicurezza globali giusti”.
All’articolo 2, i membri dei BRICS si impegnano ad “accrescere la solidarietà e la cooperazione tra i BRICS, basata su mutui interessi e priorità chiave e a rafforzare la partnership strategica”. Mentre all’articolo successivo assicurano il loro impegno al rispetto di principi quali, comprensione, uguaglianza sovrana, solidarietà, democrazia, apertura, inclusività, collaborazione e consenso. Inoltre si impegnano “a rafforzare la cooperazione per espandere i BRICS su tre pilastri fondamentali di cooperazione politica e a livello di sicurezza, economica e finanziaria, culturale e interpersonale, e a rafforzare la partnership strategica per il bene delle popolazioni attraverso la promozione della pace, un ordine internazionale più equo e maggiormente rappresentativo, un sistema multilaterale riformato e rafforzato, uno sviluppo sostenibile e una crescita inclusiva”.
All’articolo 5 i BRICS accolgono con favore il “considerevole interesse dei Pesi del Sud Globale” e più oltre affermano di voler “estendere la partnership dei BRICS con i Paesi in via di sviluppo”, in quanto tale scelta “contribuirà al rafforzamento dello spirito di solidarietà e a una vera cooperazione internazionale a beneficio di tutti”. Da notare come, mentre nella Dichiarazione finale dei G7, i Paesi in via di sviluppo fossero visti come potenziali acquirenti di tecnologie e know how avanzati che l’Occidente deterrebbe gelosamente – per mantenere la propria supremazia – e di cui cederebbe l’utilizzo solo a prezzi di mercato; qui si valutano altri benefici che vanno al di là di quello meramente economico a breve termine.
All’articolo 6 i BRICS notano “l’emergere di nuovi centri di potere, decisionali delle politiche e in crescita economica, che possono aprire la strada per un ordine mondiale multipolare più equo, giusto, democratico ed equilibrato. Il multipolarismo può ampliare le opportunità per i Paesi in via di sviluppo, sbloccare i loro potenziali costruttivi e renderli partecipi dei benefici comuni di una cooperazione e globalizzazione economica equa”. Ma si potranno raggiungere tali obiettivi solo adattando “l’architettura odierna delle relazioni internazionali per riflettere meglio le realtà contemporanee”. A tal fine i BRICS “riaffermano il loro impegno verso il multilateralismo e l’osservanza della legislazione internazionale, inclusi i Principi e Obiettivi contenuti nella Dichiarazione delle Nazioni Unite quale indispensabile pietra angolare, e il ruolo centrale dell’ONU nel sistema internazionale, nel quale Stati sovrani cooperano per mantenere la pace internazionale e la sicurezza, promuovere uno sviluppo sostenibile, assicurare la promozione e la protezione della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, così come la cooperazione basata sulla solidarietà, il mutuo rispetto, la giustizia e l’eguaglianza”; e, inoltre, ribadiscono “la necessità urgente di garantire una rappresentanza geografica equa e inclusiva nella composizione dell’organico del Segretariato delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni in tempi ragionevoli”.
Dopo queste enunciazioni generali, nel prossimo numero analizzeremo tutti gli articoli più interessanti del documento che ha fatto propri diversi spunti della Dichiarazione finale del Russia/Africa Summit del 27/28 luglio 2023 (4).
(1) La Corte penale internazionale non è un organo dell’Onu e non va confusa con la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite, anch’essa con sede a L’Aia
(2) https://www.telesurtv.net/condenan-el-veto-de-brasil-a-venezuela-en-los-brics/
(4) https://www.inthenet.eu/2023/08/11/russia-africa-summit/
venerdì, 1° novembre 2024
In copertina: Una seduta plenaria del Summit dei BRICS allargato a Kazan, http://www.kremlin.ru/events/president/trips/75395/photos/78814
(Заседание саммита БРИКС в расширенном составе. Фото: Станислав Красильников, фотохост-агентство brics-russia2024.ru)