La russofobia non può modificare la storia
di Simona Maria Frigerio
Miniere Urbane, una piccola realtà virtuosa che ha per mission il riuso dell’elettronica, l’alfabetizzazione informatica e l’economia circolare, e ha sede in una frazione di Lucca, ha proiettato venerdì 25 ottobre il documentario Maidan: La strada verso la guerra e ospitato un intervento online del giornalista italiano, Vincenzo Lorusso, che da alcuni anni vive a Lugansk.
Prima di entrare nel merito del documentario, due parole sull’intervento del collega. Lorusso ha voluto denunciare quanto accaduto a Sciacca, piccolo comune siciliano in provincia di Agrigento dove, qualche settimana fa, si sarebbe dovuto svolgere un incontro per affrontare la situazione di alcuni bambini di Lugansk, per la maggior parte orfani, malati di Tbc. Il Comune aveva anche promesso, attraverso due suoi assessori, un piccolo contributo (di 1.500 euro) per aiutare l’ospedale dove i bambini dovranno vivere per almeno uno o due anni prima di guarire (come dovrebbero sapere gli italiani, almeno per sentito dire da nonni e padri, che negli anni Cinquanta venivano spediti a Sondalo o in altri sanatori per mesi o anni nella speranza di salvarsi dalla tubercolosi). Ma a intromettersi in questa iniziativa che aveva solo un fine benefico è stata Giuseppina Picierno – europarlamentare per il Partito Democratico dal 2014 e vicepresidente del Parlamento europeo dal 2022, laureatasi curiosamente con una tesi sulle differenze comunicative del linguaggio politico tra Ciriaco De Mita e Bettino Craxi (testo magistrale che sicuramente vorremmo tutti leggere). Ora, una persona che si laurea in Scienze delle Comunicazioni dovrebbe sapere che, alla base di ogni democrazia, e soprattutto in Italia (dove tale diritto è garantito in Costituzione) esistono la libertà di parola, riunione, opinione e stampa. Quindi, visto il suo background culturale, Picierno – tra l’altro, lei stessa madre e appartenente a un Partito che si fregia del titolo di ‘democratico’ – non avrebbe dovuto intromettersi o, facendolo, sostenere caldamente un incontro per affrontare la situazione di alcuni bambini malati a cui si sarebbe fornito un piccolo aiuto umanitario…
Fuor di retorica: perché questo lo scriverebbe Edmondo De Amicis nel libro Cuore…
L’europarlamentare del PD – laureata in comunicazione – immaginiamo, al contrario, che abbia letto 1984 e, in particolare, le sia rimasta in mente questa frase: “Se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera”.
Se si permette alle persone di conversare su una trentina di bambini malati di tubercolosi, qualcuno poi potrebbe chiedere come mai a Lugansk i bambini ucraini del Donbass muoiano ammazzati fin dal 2014 (1). E magari qualcun altro potrebbe domandare perché Peacelink pubblica, nel 2024, un’inchiesta in cui si può leggere che “Un elemento cruciale nelle recenti ricostruzioni [su quanto accaduto a Maidan, n.d.g.] è emerso quando il ministro degli Esteri estone Urmas Paet ha rivelato una conversazione con l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Catherine Ashton, che i cecchini non erano stati inviati dal governo di Yanukovich, ma agivano presumibilmente sotto la direzione di elementi all’interno della coalizione d’opposizione”. Figuriamoci cosa succederebbe se un terzo si chiedesse perché Vita (3) nel 2015 scriveva: “Non si capiscono le ragioni di tanto accanimento su obiettivi civili da parte dell’esercito ucraino. Kiev continua a ritenere il Donbass una parte integrante dell’Ucraina. Perché quindi continuare a colpire con tanto furore il proprio popolo, il proprio Paese! Rimane lo sgomento davanti a tante vittime soprattutto tra i civili: donne, bambini…”. E infine arriva quello che si fa una grassa risata e, di fronte ai 18mila bambini palestinesi ammazzati da Israele con le bombe europee e statunitensi, si chiede perché tanto clamore per una trentina di bambini ucraini russofoni con la Tbc!
Aprire la discussione significa inficiare la massima di George Orwell: “Se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera”. Non si può parlare o scrivere qualcosa che devii dalla narrazione ufficiale, altrimenti si è ostracizzati, deindicizzati, se giornalisti perfino radiati. Con buona pace per la libertà di parola, opinione e stampa.
Meglio avrebbero fatto, gli assessori di Sciacca, a fare una semplice colletta da inviare a Lugansk in silenzio – come si faceva con l’elemosina una volta (4), prima dello scandalo con panettoni e socialite… Se appoggiamo, noi italiani ed europei, un Governo, quello israeliano, che impone che “l’83% degli aiuti alimentari necessari non arrivi a Gaza, rispetto al 34% del 2023. Questa riduzione significa che le persone nella Striscia sono passate da una media di due pasti al giorno a un solo pasto a giorni alterni” (5); e siamo alleati con un Paese, gli Stati Uniti, che ha avuto un Segretario di Stato, Madeleine Albright, che nel ʻ96 disse che “ne valeva la pena” di avere emanato “il pacchetto di sanzioni che portò a morire di fame 500mila bambini pur di rovesciare Hussein” (6), cosa saranno mai 30 bambini di Lugansk con la Tbc? Basta cancellarli dalla narrazione e scompaiono, insieme ai milioni di altri…
Tirèmm inànz, come disse quel patriota milanese…
Il documentario proiettato in una sala non gremita ma occupata da persone interessate, informate, senzienti e critiche era Maidan: La strada verso la guerra – in cui si parla pochissimo di Europa e ancor meno di Russia. Niente dietrologia, nessuna accusa specifica né analisi sul prima o sul prosieguo. Ci si concentra su immagini e testimonianze di quelle poche settimane – tra il 2013 e il 2014 – in cui scoppiò la guerra civile: ucraini contro ucraini. Militari che si rifiutarono di sparare contro i propri connazionali (tra le scene più commoventi, obiettivamente) e il sangue, la carne, il fuoco, la violenza e il terrore del massacro alla Casa dei Sindacati di Odessa.
Come farvi capire cosa successe? Immaginate se domani gli italiani – bisognosi dei miliardi di entrate fiscali dell’Alto Adige e che gli altoatesini ridistribuiscono solo nella loro Provincia Autonoma – magari per foraggiare Zelensky e con la scusa che sembra che alcuni politici locali vogliano imporre che, nelle scuole tedesche, possano iscriversi solamente persone di ‘origine etnica tedesca’ (argomento che approfondirà Maurizio Prescianotto in un articolo che pubblicheremo la settimana prossima), decidessero di bombardare Bolzano e soprattutto Merano o Bressanone e di azzerare tutte le garanzie autonomiste ottenute dai sudtirolesi a suon di bombe (7). Cosa accadrebbe?
Il documentario è quindi ‘deviante’ rispetto alla narrazione ‘ufficiale’ solo perché non avalla l’idea che l’esercito russo si sia confrontato con quello ucraino (fin dal 2014) per conquistare i territori dal Donbass, bensì mostra come due visioni del mondo si siano scontrate nel momento in cui una delle due ha deciso di azzerare differenze linguistiche, culturali e politiche di una minoranza, che in una parte del Paese era maggioranza.
Il pre e il post
Il documentario è quindi, essenzialmente, un reportage filmato in quel preciso momento storico, al quale ci sembra importante aggiungere qualche elemento. Il pre è la spiegazione del perché l’Ucraina nel 2013/2014 non entrò nell’Unione Europea e che resta fatto alquanto nebuloso nel documentario. L’antefatto ce lo racconta una testata sicuramente non filo-russa (thefederalist.eu) quando scrive: “Alla base della mancata firma dell’accordo di associazione [con la UE, n.d.g.] vi è stato, pertanto, il disperato bisogno di denaro che la Banca centrale ucraina stimava, a novembre 2013, in 15 miliardi di dollari, necessari per poter far fronte alle scadenze dei titoli del marzo 2014. A quel punto la crisi politica era solo questione di mesi. Prima che la situazione sfuggisse di mano, l’Unione europea venne interpellata per avere l’aiuto finanziario e ottenere così anche la firma dell’accordo di adesione. L’Europa rispose offrendo 1 miliardo di dollari ai primi di dicembre 2013 per voce dell’Alto Rappresentante per la politica estera Catherine Asthon. La cifra era assolutamente insufficiente, e il governo di Kiev la giudicò, sprezzantemente, poco più di un’elemosina. Nel frattempo, Mosca offrì 15 miliardi e un forte ulteriore sconto sul prezzo del gas rispetto a quello già in essere” (8).
Sempre dal medesimo documento aggiungiamo un ulteriore tassello: “In Ucraina, mentre nel mese di dicembre iniziavano le prime manifestazioni anche violente contro il governo in carica, deputati repubblicani statunitensi guidati dal sen. McCain erano a Kiev, per garantire il proprio sostegno a favore dell’associazione all’Unione europea. Nel contempo il Segretario di Stato Kerry sosteneva la necessità che Moldavia, Georgia e la stessa Ucraina entrassero a far parte della NATO. Iniziative, queste, che dal punto di vista di Mosca rappresentavano una sorta di provocazione nonché ingerenza diretta degli USA nella crisi ucraina”.
Il terzo e ultimo tassello della premessa è come si evolverà la situazione sotto il Governo di Poroscenko, eletto soprattutto dai sostenitori dell’Euromaidan. Ce lo raccontava Il Fatto Quotidiano nel lontano 2015 (9), quando definiva la situazione ucraina più grave di quella greca: “L’Ucraina occupa il 142° posto su 175 nella classifica stilata da Transparency International e quindi risulta come una delle economie più corrotte del mondo”; e più oltre: “Il caso più eclatante è quello della regione di Dniepropetrosk dominata da Kolomoyski che fino a pochi giorni fa ne era il governatore. Kolomoisky controlla non solo Dniepropetrosk ma anche Odessa attraverso un suo affiliato. Lo scontro fra Poroshenko e Kolomoiski, estromesso dal presidente dal governatorato di Dniepropetrosk e privato del controllo di una grande impresa energetica, ha causato come reazione l’occupazione della sede dell’impresa da parte di truppe del battaglione Dnipro, finanziato proprio da Kolomoisky. Un altro oligarca, Akmetov, controlla parte del Donbass. Kiev legifera in un contesto quasi semifeudale in cui esistono milizie armate private, un debole esercito centrale, una magistratura poco indipendente”. L’articolo del professore Gianpaolo Caselli prosegue con molte altre informazioni.
Quindi, l’Ucraina era un Paese sull’orlo del fallimento (e perciò non si capisce come sarebbe potuto rientrare nei parametri richiesti dalla UE per aderire all’Unione), dominato da milizie e oligarchi, nel quale il nazionalismo si mascherava dietro a velleità europeiste e che firmava i famosi (o famigerati) Protocolli di Minsk I e II non per garantire l’autonomia del Donbass e mantenere l’integrità territoriale ma (come ammesso da Poroshenko, dal Presidente Hollande e dalla Cancelliera Merkel nel 2022) in quanto vi era “una sostanziale piena consapevolezza della Nato che nel 2014 la guerra non [sarebbe] stata evitata con gli accordi di Minsk, ma soltanto rimandata” (10). In pratica, Kyiv voleva risolvere la guerra civile uccidendo o costringendo all’esodo milioni di cittadini di lingua russa, entrando nella Nato e diventando l’ennesima spina nel fianco della Russia per costringerla a un regime change che consegnasse l’egemonia del mondo agli States e, grazie magari a un’implosione della Federazione, tramutasse Mosca (come Tripoli) in un Bancomat energetico della UE a costo quasi zero.
Ciò che resta (almeno a me), alla fine della visione del documentario e del dibattito vivace che ne è seguito, è la sensazione che stiamo permettendo, in Medio Oriente, il genocidio dei palestinesi – come durante il nazi-fascismo quello degli ebrei. Mentre in Europa abbiamo mandato al macello centinaia di migliaia di giovani, come il soldato in mimetica intervistato nel documentario, che ci racconta perché abbia deciso di non sparare contro la popolazione del Donbass e unirsi ai separatisti: perché in Donbass c’era la sua famiglia, c’erano i suoi amici, c’era la sua intera esistenza fino a quel momento.
Il documentario è stato trasmesso presso:
Miniere Urbane
via Piaggiori Basso, 212
Segromigno in Monte (LU)
venerdì, 25 ottobre 2024, ore 21.00
Maidan: La strada verso la guerra
documentario di Russia Today
doppiato in italiano da Vincenzo Lorusso
(1) https://www.bbc.com/news/world-europe-29912055
(2) https://www.peacelink.it/conflitti/a/50134.html
(3) https://www.vita.it/nel-donbass-la-violenza-e-senza-tregua/
(4) Dalla Bibbia: “Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini”
(7) Dal 1956 al 1967 (con una ripresa negli anni Ottanta) il terrorismo altoatesino, a matrice etnico-linguistica provocò quasi 350 attentati, per un bilancio complessivo di 17 vittime: https://www.memoria.san.beniculturali.it/contesto-storico/-/contesto-storico/view/be3c59cc-71ff-4f64-a3e2-912d9595e559#e1f19f79-5594-4d59-a571-fdf9cf8de11f/Terrorismo+altoatesino
(8) https://www.thefederalist.eu/site/index.php/it/?view=article&id=1419&catid=2
(10) https://www.money.it/guerra-ucraina-grande-bugia-svelata-merkel-hollande
venerdì, 1° novembre 2024
In copertina: La Locandina dell’evento