Verso il divieto di sciopero e a manifestare
di Federico Giusti
Premessa nel sottotitolo: le questioni dirimenti nel dibattito sulla sicurezza se rivolgiamo lo sguardo all’immediato futuro.
“Colpa dei soliti provocatori, infiltrati dei servizi e del Governo, la moderna strategia della tensione, era meglio non partecipare alla piazza pro Hamas, i palestinesi hanno ragione ma il terrorismo va combattuto, violenze inaccettabili ai danni delle forze dell’ordine, vanno vietate le manifestazioni future Pro Palestina…”.
Questi alcuni commenti letti sui social e sui giornali all’indomani della manifestazione del 5 ottobre a Roma con oltre 10mila partecipanti e conclusasi con alcuni scontri tra parte dei manifestanti e le forze dell’ordine. Ma sfugge all’opinione pubblica quanto accaduto nelle ore antecedenti al ritrovo in piazza della Piramide: oltre 1.600 fermati e identificati prima del concentramento, quasi 40 fogli di via a manifestanti fermati e, avendo precedenti penali per reati di piazza, subito espulsi da Roma con il daspo (1), autobus fermati per ore ai caselli autostradali e manifestanti caricati ai caselli appena hanno protestato contro i fermi preventivi.
Un antipasto di quanto avverrà con l’approvazione definitiva al Senato del DdL 1660, subito criticato da innumerevoli giuristi per i quali “le norme che intervengono in materia penale sono espressione di un ricorso al diritto penale in chiave simbolica di rafforzamento della sicurezza pubblica che, assunta ad oggetto diretto della tutela penale, implementa una linea di politica criminale che prosegue quella già tracciata dall’avvio della legislatura”.
Possiamo condividere o condannare l’operato dei manifestanti ma quello che dovremmo fare è non dividerci sulla gestione delle piazze, specie se siamo a casa seduti sul divano, o sulle piattaforme di convocazione del corteo del 5 ottobre (per altro vietato). Occorre, al contrario, assumere un punto di vista articolato e critico sull’operato di Governo, Viminale e, a cascata, delle forze dell’ordine e prendere posizione sul divieto che incomberà sulle prossime manifestazioni a favore del popolo palestinese.
Perché è indubbio che oggi manifestare contro le scelte di politiche estera e interna del Governo Meloni rappresenta una sorta di minaccia all’ordine costituito, una offesa alla sicurezza interna e internazionale. In questa ottica gli antisionisti diventano antisemiti, chi osteggia la guerra un pericoloso sovversivo, il diritto a manifestare previsto dalla Costituzione andrà quindi sacrificato in nome di interessi ‘superiori’.
Stiamo andando verso l’approvazione di un decreto che prevede pene pesantissime per alcuni reati commessi “contro le forze dell’ordine (violenza, resistenza, lesioni personali)”. Perfino innumerevoli esperti di diritto e avvocati richiamano l’attenzione su “l’utilizzo dello strumento penale in funzione repressiva in contesti complessi che distolgono l’attenzione rispetto ai fattori economici e sociali che proprio in quei contesti interagiscono”.
Si inventano di sana pianta reati che vanno a colpire situazioni di marginalità rimuovendo la ragione economica e sociale delle occupazioni di immobili per inasprire la disciplina penale vigente: esistono già oggi norme per punire i reati ma è evidente che all’occhio securitario del Governo le stesse non sono giudicate sufficienti.
È in discussione, anzi sotto minaccia, non solo il diritto a manifestare ma anche aldissenso: la repressione si fa più severa perché i reati scaturiscono da ragioni di carattere sociale e politico. Sta qui il salto di qualità in chiave autoritaria del DdL 1660 che mira direttamente alle criminalizzazioni perfino di condotte caratterizzate da resistenza passiva come avverrà nei Centri di Permanenza per i Rimpatri e negli Istituti di pena con il reato di rivolta – contestabile perfino in presenza del rifiuto al cibo o di usufruire dell’ora d’aria.
Quanto accade in questi giorni è solo un’anticipazione degli scenari futuri quando il Senato approverà tale legge e, di questo, dovremmo occuparci, non dividerci sulla gestione delle piazze o avere la pretesa di elargire lezioni al movimento palestinese su quali posizioni assumere di fronte al genocidio del loro popolo.
I penalisti hanno ribattezzato il decreto come una sorta di diritto penale d’autore – del resto un mero atto di violenza contro un membro delle forze dell’ordine sarà punito più severamente rispetto a quello commesso contro un qualsivoglia dipendente pubblico.
Criminalizzare il dissenso è parte integrante della logica securitaria e di una visione dello Stato autoritario che costruisce norme repressive contro i conflittuali elevandoli a nemici dell’ordine pubblico.
Ricordiamo che quanto avvenuto nelle carceri italiane ai tempi della Covid-19, e non solo, un domani non sarà oggetto di attenzione da parte della Magistratura – prova ne sia l’offensiva dei parlamentari della destra contro il reato di tortura, il diniego a introdurre codici identificativi sui caschi delle forze dell’ordine fino alla richiesta di parlamentari che vorrebbero introdurre un encomio solenne al corpo di polizia penitenziaria in servizio presso l’istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere dove sono avvenuti fatti di inaudita gravità e oggetto per altro di un’inchiesta, e di un processo (2), dopo le indagini della Magistratura.
Si sta creando una sorta di Stato di eccezione nel quale l’operato delle Forze dell’ordine sarà sempre meno oggetto di indagine dalla Magistratura. Se un dipendente pubblico sbaglia le procedure di una gara d’appalto rischia sanzioni pesantissime anche dalla Magistratura contabile; al contrario, con la 1660 si propone il riconoscimento di un beneficio economico per gli aderenti delle Forze dell’ordine a fronte delle spese legali sostenute (10mila euro per ciascuna fase del procedimento) nel caso di processi riguardanti fatti inerenti al servizio svolto.
E per chiudere, lo ricordiamo ai salottieri sinistrorsi o ai comunisti da tastiera, le «Disposizioni in materia di sicurezza urbana» contro i reati di occupazione di immobili che andranno a colpire anche le organizzazioni sindacali e i movimenti solidali.
Di queste norme dobbiamo parlare ogni giorno: è in gioco la libertà e la democrazia nel nostro Paese ma anche la nostra stessa agibilità sociale, sindacale e politica.
Ogni ulteriore considerazione sulla violenza dei manifestanti e le obiezioni sulle piattaforme di indizione dei cortei ci sembrano argomenti fuorvianti per deviare l’attenzione dal problema reale – ossia dalla deriva securitaria e repressiva in corso in Italia con il silenzio/assenso anche delle opposizioni parlamentari che, al momento della votazione alla Camera, vedevano decine di parlamentari assenti.
(1) Misura a tutela del decoro di particolari luoghi
La Redazione di InTheNet, presente in piazza a Roma anche con altri collaboratori vuole aggiungere solo un paio di tasselli al puzzle perfettamente ricostruito dal collaboratore Federico Giusti. In primis, la manifestazione è stata pacifica e allegra, con il coinvolgimento di persone di ogni fascia di età e anche di due in sedia a rotelle fino alle 16.30, quando – ancora prima che iniziassero le trattative tra manifestanti e Forze dell’ordine per far partire un corteo – già tutti i valichi alla piazza erano stati bloccati con i blindati (valichi peraltro controllati attivamente fin da prima delle ore 14.00: pare, quindi, difficile che dei manifestanti si siano potuti introdurre con spranghe o altre armi visto che si passava in 2/3 alla volta di fronte ai poliziotti e alla Guardia di Finanzia, come da foto che pubblichiamo). In secondo luogo, pare strano che il sindacato dell’Orsa abbia sospeso lo sciopero a Milano (per non interferire con una partita: sia mai che l’Italietta e i milanesi calcio-dipendenti si perdano Inter/Toro!) ma abbia dimenticato che, primo dovere di un sindacato, sarebbe quello della solidarietà tra lavoratori: e un palestinese a cui è stata tolta qualsiasi fonte di sostentamento, la casa, il lavoro, persino i servizi igienici e l’acqua potabile dovrebbe ottenere la piena solidarietà dei lavoratori italiani, che come popolo (costituzionalmente) ripudiano la guerra; terzo e ultimo fattore che vorremmo porre all’attenzione dei nostri lettori è il rumore mediatico che, inondando i Tg di immagini di guerriglia, ha completamente azzerato le urla di un intero popolo che sta subendo un massacro di inaudita violenza, e se fino a poche settimane fa potevamo descrivere solamente quello dei palestinesi, adesso anche i numeri dei civili in Libano (Paese sovrano) stanno diventando eticamente, moralmente e umanamente insostenibili: l’Unicef denunciava il 1° ottobre scorso che “Nell’ultima settimana, secondo le notizie, almeno 80 bambini sono stati uccisi negli attacchi [israeliani], mentre altre centinaia sono rimasti feriti. Secondo i rapporti del Governo, il numero di sfollati interni a causa delle violenze è salito a più di 1 milione, tra cui oltre 300.000 bambini”.
Autodefinirsi ‘razza eletta’ (quando gli esseri umani non sono divisi in razze, come i cani – bensì al massimo in etnie e culture) non rende nessun popolo superiore a un altro (e dopo Hitler e il nazismo questo dovrebbe ormai essere patrimonio comune). Tanto meno al punto da poter infrangere qualsiasi legge internazionale, commettendo etnocidi e crimini di guerra sicuri di restare impuniti perché si opera all’ombra degli Stati Uniti.
venerdì, 11 ottobre 2024
In copertina e nel pezzo: Foto della Redazione scattate il 5 ottobre 2024, a Roma