Tutti i luoghi comuni occidentali smentiti da un italiano che ha scelto di vivere a Lugansk
di Simona Maria Frigerio
Lunedì 30 settembre 2024. Nel giorno in cui si celebra la riunificazione delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk e delle regioni di Zaporižžja e Kherson alla Russia, il Presidente Putin ha ricordato con queste parole come le popolazioni del Donbass e della Novorossija abbiano: “resistito al colpo di Stato di Kiev e alla dittatura neo-nazista che cercava di recidere per sempre i legami con la loro madrepatria storica, la Russia”. Lo stesso ha poi ricordato come la Federazione Russa abbia tentato a lungo: “una soluzione pacifica a questo grave conflitto” e quali siano stati, al contrario, i frutti di tali colloqui e accordi: “menzogne, inganni e tradimento da parte delle élite occidentali, che nel frattempo trasformavano l’Ucraina in una propria colonia, un avamposto militare contro la Russia. Instillando sistematicamente odio e nazionalismo radicale, alimentando l’ostilità contro qualsiasi cosa fosse russo, fornendo armi, inviando mercenari e consulenti [militari], e addestrando l’esercito ucraino per una nuova guerra, così da lanciare nuovamente, come nella primavera/estate del 2014, un’operazione punitiva nel sud-est del Paese”, ovviamente mirando non solamente alla riconquista del Donbass ma anche della Crimea.
Mentre Putin ringraziava le popolazioni del Donbass e della Novorossija, ma anche delle regioni di Kursk, Belgorod e Brjansk per la loro determinazione e forza nel resistere e prometteva qualcosa che gli statunitensi – dopo aver bombardato e raso al suolo interi Paesi per mire, quelle sì, neo-colonialiste – non hanno mai fatto, ossia: “il ripristino delle aziende, e la costruzione di nuove aree residenziali, ospedali, scuole e asili nei territori liberati”, noi abbiamo intervistato un italiano che ha scelto di vivere in Donbass, Vincenzo Lo Russo, e gli abbiamo posto quelle domande scomode che sono il mantra preferito di coloro che in Occidente – e in Italia – perseverano nel definirsi democratici, portatori della fiaccola delle libertà e difensori dei diritti civili.
Queste le sue risposte.
Lei vive in Donbass e possiamo dire che appartiene alla componente russofona dell’oblast’. Non le chiederò, quindi, se le persone che incontra si sentano liberate o conquistate dai russi perché sembrerebbe una ‘risposta di parte’. Ma se, dove arrivano i russi, gli ucraini non russofoni sono espulsi, discriminati in qualche modo o costretti per forza a prendere il passaporto russo.
Vincenzo Lo Russo: «Assolutamente no. Addirittura, qui a Lugansk, puoi tranquillamente veder girare automobili con targa ucraina. Al contrario, nella famosa e democratica Europa, non è possibile per il proprietario di un’auto targata Russia entrare in Polonia, anche se il proprietario è europeo e italiano. È il caso di un mio caro amico che, purtroppo, essendosi traferito qui, avendo la moglie russa e la vettura con targa russa, ha chiesto – e la Polonia ha confermato che gli avrebbero sequestrato il mezzo. Non c’è nemmeno l’obbligo, ad esempio, di cambiare il passaporto. Se uno volesse rimanere con passaporto ucraino senza prendere quello russo, non ha alcun problema. Tra l’altro, anche a coloro che scelgono di prendere il passaporto russo, non viene ritirato quello ucraino. Il problema sorge, al più, una volta scaduto quest’ultimo, dato che il cittadino – per rinnovarlo – deve recarsi in Ucraina e questo può essere complicato, sia perché gli tocca passare dalla Bielorussia e sia perché non è detto che sarà trattato benissimo una volta rientrato in Ucraina».
In Italia e in Occidente si ripete che da noi c’è la democrazia. In Russia una dittatura retta da Putin e nessuna libertà di parola e manifestazione. Come cittadino e giornalista indipendente avverte tale costrizione?
V.L.R.: «Quando sono in Italia, sì. In Europa anche peggio. In Polonia, ad esempio, ho rischiato l’arresto. E questo è accaduto perché mi hanno scansito il passaporto e non so cosa ci fosse scritto sulla loro videata ma, immagino, le rimostranze e le proteste del Governo ucraino contro il mio lavoro, accolte dalla polizia polacca non so su quali basi, dato che l’Ucraina non fa parte dell’Unione Europea né della Nato. Per farla breve, ho passato un brutto quarto d’ora… Quindi, sì, avverto tantissimo la mancanza di democrazia e libertà quando sono in Europa! Qui in Russia faccio tutti i servizi e nessuno mi chiede di vedere i video che giro, non c’è un controllo preventivo, pubblico su Rutube e DZen senza problemi; mentre su YouTube non mi è più possibile perché il mio canale è stato bloccato ‘democraticamente’ – sempre democraticamente. Anche quando mi invitano a conferenze, vi partecipo senza ostacoli. Al contrario, in Italia non si possono proiettare né film né documentari. Quindi sì, avverto la dittatura, ma non in Russia!».
Gli italiani hanno tuttora l’immagine della Cecenia come invasa e annientata dai russi. E Anna Stepanovna Politkovskaja come vittima di Putin perché raccontava le brutalità dell’esercito russo. Ci spiega cosa fu quella guerra e perché mai oggi i ceceni – se volevano la secessione – combattono accanto ai russi, invece di fare implodere la Federazione?
V.L.R.: «Perché la narrazione occidentale non è per niente veritiera. La Cecenia ha vissuto quello che, in parte, sta vivendo l’Ucraina. Nel senso che c’è stata la volontà di mettere un popolo contro un altro. Recentemente ho intervistato a Kursk il generale ceceno Apti Alaudinov e ho potuto pubblicare il video senza alcun problema – giusto per tornare al discorso della libertà di stampa. Ma nessuna testata occidentale ha ripreso il servizio nonostante abbia proposto l’intervista anche a titolo gratuito. Probabilmente non interessa sentire la voce di un generale ceceno, o la stessa è ritenuta scomoda – e ancora una volta si ricasca nel discorso della democrazia e della dittatura. Dovremmo capire che la dittatura si paventa in modi diversi: basta mettere il bavaglio e il problema è risolto. Tornando al discorso sulla Cecenia, il padre di Alaudinov credo sia morto proprio nella guerra di cui parlava, ma il padre combatteva contro i secessionisti, che volevano staccarsi dalla Federazione Russa perché c’era qualcuno – come accaduto in Georgia, come sta accadendo in Ucraina e accadrà in Moldavia – che voleva assolutamente che la popolazione si rivoltasse contro la Russia in quanto aveva – e ha – la necessità di disgregare la Federazione. La guerra fratricida combattuta in Cecenia, che ha visto poi l’intervento russo perché la Cecenia fa parte della Russia, è stata fomentata dall’Occidente e dalla Nato. E non va nemmeno dimenticato il ruolo delle frange jihadiste infiltratesi nel Paese».
I due obiettivi se la Nato interverrà – mascherandosi dietro l’Ucraina – lanciando missili in profondità contro il territorio russo sono l’allargamento del conflitto all’intera Europa o un regime change che faccia implodere la Russia. Cosa pensa la popolazione del Donbass di tali scenari?
V.L.R.: «Se posso vorrei dare delle delusioni a Bruxelles. Se mai qualche politico che siede in Europa dovesse leggere questa intervista, vorrei spiegare che l’obiettivo che si pone Bruxelles, ossia il cambio di leadership in Russia, a me pare un’ipotesi remota, ma se avvenisse sono certo che tale cambio opterebbe per una leadership molto più interventista. Perché se è vero che esiste un’opposizione in Russia che magari non vede di buon occhio l’Operazione Speciale perché vorrebbe concentrarsi sui propri affari – un’opposizione che potremmo definire ‘liberale’ – è molto più ampia l’opposizione di chi vorrebbe un intervento molto più duro nei confronti dell’Ucraina – e non solo dell’Ucraina. Pertanto, se io fossi a Bruxelles, accenderei un cero tutte le sere nella speranza di una lunga vita del Presidente Putin. La verità è che Bruxelles ha sbagliato tutte le previsioni in quanto ha considerato i russi come occidentali. In realtà, c’è una parte di Russia che è europea ma tutta un’altra parte di Russia è asiatica e, soprattutto, né l’una né l’altra ragiona da occidentale bensì da russa. Pertanto, quando Bruxelles ha imposto le sanzioni pensando che i ragazzi russi si ribellassero non trovando più l’iPhone nei negozi, la verità è che non era questa la loro priorità. Altrettanto, a Bruxelles stanno sbagliando la previsione di un eventuale cambio di leadership in Russia che, voglio sottolineare, è un’ipotesi molto ma molto remota, e nel caso avvenisse arriverebbe al potere una leadership più interventista – e non più liberale».
L’operazione di Kursk era probabilmente mirata a impossessarsi della centrale nucleare di Kurčatov o, addirittura, a causare un disastro nucleare. Decenni fa Erich Fromm analizzò, in certo modo, la psicologia di Hitler e scrisse Anatomia della distruttività umana. La ferocia che si respira in Ucraina come in Israele contro tutto ciò che è considerato ‘estraneo’ da dove deriva?
V.L.R.: «La ferocia cresce quando si disumanizza l’avversario, il nemico. È quanto sta avvenendo in Europa: i russi sono degli ‘orchi’, degli aggressori… e però non si capisce perché gli israeliani non lo siano quando stanno praticamente combattendo contro tutti i loro vicini e non vicini. E in questo, ha un ruolo fondamentale la stampa che deve creare propaganda ad hoc contro i russi in un caso, contro i palestinesi in un altro, o contro i Maduro di turno in un altro ancora».
Due domande sulle libertà civili prima di chiudere. In Ucraina la chiesa ortodossa russa è bandita e i suoi prelati e credenti perseguitati. In Russia appartenere a religioni diverse o essere atei è accettato?
V.L.R.: «L’Occidente tenta continuamente di creare una separazione religiosa che, in realtà, in Russia non c’è. Si tenta di mettere i musulmani contro gli ortodossi ma questa divisione non esiste. Io sono stato recentemente a Kazàn’ [capitale della Repubblica russa del Tatarstan, n.d.g.], dove queste due culture e religioni convivono perfettamente, senza alcun problema. Tra l’altro, recandomi al Cremlino di Kazàn’ (1), ho visto sia la bellissima moschea di Qol-Şärif sia, a poca distanza, la chiesa ortodossa (2) – e questo è il simbolo di come le due religioni possano convivere pacificamente. In Russia c’è la completa libertà di culto: coesistono cristiano ortodossi, cattolici, musulmani, buddhisti e anche atei. Qui a Lugansk, tra l’altro, lo sto sperimentando in prima persona perché vediamo arrivare soldati da tutta la Russia e non ci sono problemi al riguardo. Ovviamente i possibili contrasti si cerca di fomentarli con attentati – e sappiamo bene chi sieda alla regia».
L’ultima domanda riguarda non le velleità gender fluid di Bruxelles ma il diritto di persone maggiorenni di essere omosessuali e lesbiche. Le persecuzioni denunciate anche dalla tennista Daria Kasatkina non depongono certo a favore del rispetto per i sentimenti e le inclinazioni delle persone.
V.L.R.: «Partiamo dal fatto che non c’è assolutamente alcuna persecuzione contro le persone omosessuali. Vero è che non è possibile fare propaganda LGBT, organizzando ad esempio manifestazioni come il Gay Pride – ma la vita sessuale, sentimentale, si è liberissimi di viversela come si vuole. Non c’è non solamente nessuna persecuzione ma nemmeno discriminazioni, ad esempio, sul posto di lavoro. Ricordo che Putin ha premiato un cantante dichiaratamente gay. Del resto è vietata anche la propaganda a favore delle famiglie senza figli. Questo non significa che è vietato per una coppia non avere figli: è una libera scelta. Vietato è fare propaganda affermando che è preferibile non averli. Questo può o meno piacere ma non si può parlare di discriminazione. E da ultimo cerchiamo di spiegare il perché di alcune scelte legislative. Primo, la Russia è un Paese grande ma non popoloso. Secondo, per l’Occidente alcune manifestazioni – come quelle LGBT -sono utili al fine di creare divisioni all’interno della Federazione Russa dove convivono etnie e religioni differenti, ed è ovvio che una certa propaganda non sarebbe accolta positivamente da determinati gruppi religiosi. Quindi l’Occidente, proprio in funzione disgregatrice, vorrebbe che tale propaganda entrasse in Russia».
(1) Il Cremlino di Kazàn’ è il municipio della cittadella storica del Tatarstan, eretto da Ivan Il Terribile sulle rovine di un precedente castello, dichiarato Patrimonio dell’Umanità nel 2000 e comprendente diversi edifici di importanza storica
(2) La Cattedrale dell’Annunciazione, consacrata nel 1562, è uno tra i monumenti più antichi del Cremlino di Kazàn’
venerdì, 11 ottobre 2024
In copertina: San Pietroburgo, Monastero e Istituto Smolnij, foto della Redazione di InTheNet; nel pezzo: Mosca, foto di Oleg Shakurov da Pixabay