Il libro di Sahra Wagenknecht con prefazione di Vladimiro Giacché
di Federico Giusti
Fazi editore, due anni or sono (ma, viste le ultime elezioni in Germania, più attuale che mai), con prefazione di Vladimiro Giacché, ha pubblicato il libro di Sahra Wagenknecht Contro la sinistra neo liberale. L’autrice, uscita da Die Linke insieme ad altri parlamentari e attivisti, ha dato vita a una nuova organizzazione politica: BSW – Per la ragione e la giustizia.
Il libro è stato recensito nel nostro Paese da autori e critici autorevoli e quindi non staremo a ripeterci: è un testo vivamente consigliato a chi non abbia pregiudizi e verità precostituite, per quanti vogliano un reale confronto e non la cancel culture, a chiunque pensi non basti avere una buona lettura della realtà senza il coraggio di operare scelte conseguenti.
Wagenknecht inizia il suo libro con un capitolo dedicato all’emorragia di consensi popolari alle organizzazioni politiche comuniste: oggi la sinistra riscuote voti e riconoscimento in una classe media, colta, informata, assai incline a considerare la Ue come ambito privilegiato o a ritenere la svolta green un cavallo di battaglia sul quale puntare; al contrario, i ceti popolari votano in buona parte a destra con la sola eccezione della Francia.
La prima domanda alla quale rispondere è per quale ragione un elettorato popolare a partire dagli anni Ottanta si sia spostato in massa verso posizioni di destra, la risposta diffusa è che davanti all’immigrazione di massa il popolo abbia assunto posizioni razziste, nazionaliste se non proprio xenofobe e reazionarie.
Una tesi assai diffusa ma errata. Non si analizza la ragione di questo spostamento epocale comprensibile con l’insoddisfazione delle classi subalterne e della loro certezza che nessuno ormai voglia difendere i loro interessi. Veniamo da anni di mancato confronto nelle realtà sociali e lavorative: è scontato prendersela con l’anello debole della catena produttiva – con i migranti o con i fannulloni della Pubblica amministrazione. Queste sono posizioni destinate a riscuotere successo.
L’avvento della Ue è stato il cavallo di Troia della sinistra, la scusa per abbandonare politiche nazionali favorendo invece processi di delocalizzazione produttiva e le privatizzazioni, processi che hanno finito con il ripercuotersi negativamente sulle condizioni di vita delle classi meno abbienti.
La liberalizzazione dei mercati finanziari, la ricerca del profitto e della crescita, la cultura del merito e della produttività sono ormai punti fermi del programma politico delle sinistre moderate e le varie desistenze e accordi elettorali con le stesse, da parte dei comunisti, ha finito con l’aprire una voragine tra movimento comunista e classi popolari (1). Il problema non è solo fermare le destre ma, al contrario, salvarsi dal neoliberalismo di sinistra e da quei valori culturali ed etici che va da tempo affermando. Prendiamo, ad esempio, i Pacchetti sicurezza e le logiche securitarie, siamo certi che oggi non ci sarebbe il decreto legge 1660 (2) senza anni di ‘caccia alle streghe’ contro i facchini della logistica, gli occupanti di casa, gli homeless, i movimenti sociali o ambientalisti.
All’indomani dell’ingresso nella Ue, e della vittoria elettorale democratica negli Usa, parliamo dei primi anni del secolo, abbiamo assistito alla riduzione degli aiuti sociali, al depotenziamento del welfare, all’innalzamento dell’età previdenziale, al progressivo svuotamento di sanità e previdenza pubblica. Sono fatti incontrovertibili rispetto ai quali aprire una riflessione dovrebbe essere non solo utile ma doveroso.
In ambito lavorativo tanto il centro sinistra italiano quanto la social democrazia tedesca si sono mossi per ridurre tutele collettive ed individuali, hanno precarizzato il lavoro favorendo il ricorso ad appalti e subappalti, la brutalità economica del sistema capitalistico ha mietuto vittime proprio nelle classi popolari, i ceti senza cultura e con lavori umili e assai poco gratificanti e pagati. E a difendere questi ceti popolari non c’era nessuno, regalandoli alla propaganda di destra.
Se pensiamo al Pacchetto Treu e alla Legge Biagi, sono proprio queste scelte ad avere precarizzato il lavoro indebolendo il potere di acquisto dei salari. Se estendiamo il ragionamento alle regole contrattuali è palese la perdita del potere di contrattazione – con i sindacati tradizionali trasformatisi in piazzisti dei fondi previdenziali e della sanità integrativa, fautori della limitazione del diritto di sciopero
Fare i conti con la realtà è quasi sempre scomodo e non indolore, eppure questi sono i nodi irrisolti da trent’anni a oggi: una sinistra che, salita al potere, ha optato per scelte impopolari sottoscrivendo tutti i patti di austerità salariale e di contenimento della spesa pubblica. I dettami di Maastricht hanno determinato la riscrittura anche delle Carte costituzionali con l’obbligo del pareggio di Bilancio
Anche sul piano fiscale il ragionamento è analogo, la riduzione delle aliquote fiscali avvenuto in quarant’anni e sostenuto tanto dal centro-destra quanto dal centro-sinistra ha spianato la strada alla tassa piatta per gli autonomi e agli sgravi fiscali venduti come aiuto ai salari.
Cosa avremmo dovuto fare al contrario? Lottare per aumenti salariali adeguati all’aumento del costo della vita, opporci all’innalzamento dell’età pensionabile e non assumere posizioni compatibili con il neoliberalismo economico per il quale le privatizzazioni e l’aumento delle spese militari sono scelte ineluttabili – come anche l’aumento dell’età pensionabile ormai giunta alle soglie dei settant’anni. Recentemente l’ex ministro Fornero ha sostenuto che in Italia si va in pensione tardi perché iniziamo a lavorare con almeno dieci anni di ritardo rispetto a quanto avviene in altri Paesi Ue.
Chiediamoci la ragione di questa situazione: siamo il Paese con il più elevato numero di lavoratrici part-time, le ore lavorate si riducono nel tempo, i contratti precari e part-time assicureranno un domani assegni previdenziali da fame, intere aree del Paese presentano elevate percentuali di disoccupati soprattutto tra gli under 30. Di fronte a questa situazione quali sono le risposte politiche e sociali? Sgravi fiscali equamente ripartiti tra lavoratori e imprese, aiuti a fondo perduto alle aziende – libere di accumulare profitti con la bassa occupazione.
Siamo certi di non condividere tutte le idee di Sahra Wagenknecht ma i suoi scritti inducono a riflettere ciascuno di noi: basta avere una mente aperta e senza condizionamenti politically correct, fuori dal perbenismo delle idee diffuse a sinistra che ormai rappresentano una oppressione culturale, per farci sposare tesi e posizioni diametralmente opposte agli interessi delle classi subalterne.
E chiudiamo tornando sulla Ue. Diamo per scontato che l’assetto politico del vecchio continente sia quello giusto e la centralizzazione delle decisioni dirimenti nelle mani di una burocrazia ristretta possa tutelare i nostri reali interessi? Parlare di democrazie sovrane è forse un cedimento a quel sovranismo assunto come cavallo di battaglia delle destre o, invece, afferma l’idea di un’Europa che non si presti a progetti di guerra e sappia, al contrario, cooperare, senza rivalità e senza ostilità?
Proviamo a rimetterci in discussione. Farlo in fretta, senza cedere a ricatti etici e morali, senza scimmiottare le politiche culturali neoliberali statunitensi, sarebbe già un buon inizio.
(1) Guardiamo all’accordo di desistenza di Jean-Luc Mélenchon e a chi abbia favorito nelle ultime elezioni: Emmanuel Macron (n.d.r.)
(2) https://www.usb.it/leggi-notizia/dallart-5-al-dl-1660-10-anni-di-repressione-delle-lotte-e-di-tagli-della-spesa-sociale-fermiamoli-ora-2030-1.html
venerdì, 27 settembre 2024
In copertina: La copertina del libro in versione italiana (particolare)