Uno sguardo critico e di insieme
di Federico Giusti ed Emiliano Gentili
Organici ridotti, privatizzazione strisciante, bassi salari e delegittimazione della PA. L’atto di indirizzo del Ministero per i rinnovi contrattuali di oltre 3 milioni di dipendenti pubblici apre le porte a una contrattazione al ribasso: i prossimi contratti saranno siglati con perdita salariale ed erosione della contrattazione.
Il rinnovo dei contratti della PA sta entrando nel vivo dopo l’atto di indirizzo inviato dal Ministero all’Aran (1). Gli stanziamenti previsti porteranno aumenti irrisori inferiori di due terzi, o poco meno, alla cifra necessaria per salvaguardare il potere di acquisto dall’inflazione.
Questa, infatti, è cresciuta del 16% negli ultimi tre anni, mentre gli incrementi stipendiali si fermeranno al 5,78%. Inoltre parte di queste risorse sarà destinata alla contrattazione di secondo livello, determinandone una distribuzione iniqua e divisiva.
Stando alle prime anticipazioni dell’atto di indirizzo saranno cancellati gli scatti legati all’anzianità di servizio e all’esperienza professionale, abbracciando la tesi che vadano invece valorizzate le cosiddette “competenze professionali”.
La domanda dirimente, che varrebbe da sola una mobilitazione diffusa in tutti i comparti, riguarda l’ipotesi di cancellare le progressioni orizzontali all’interno della categoria di appartenenza. Qualora la contrattazione nazionale confermasse tale orientamento, la conseguenza per il personale della PA sarebbe del tutto negativa: una perdita netta del potere di acquisto, pregiudicando per il futuro ogni forma ‘automatica’ di crescita salariale. Già nell’ultimo contratto nazionale, scaduto da oltre due anni, ci eravamo imbattuti in commenti assai discutibili: per il Ministero la tentazione è sempre stata quella di porre fine alle progressioni orizzontali, per la verità già ampiamente circoscritte da interventi della Magistratura (contabile e non) miranti a ridurre la spesa e l’opportunità per il personale (2).
Non è dato sapere nemmeno come il Ministero intenda valorizzare le singole competenze professionali, con quali opportunità di carriera e quante risorse economiche destinare a tale obiettivo. La nostra idea è che vogliano trasformare la PA in una sorta di laboratorio sociale ove applicare le ricette della produttività e del carrierismo spinto alle estreme conseguenze, facendo venir meno ogni principio solidaristico e i meccanismi ‘automatici’ di aumento salariale.
Inevitabilmente si svilupperà così una lotta intestina tra colleghi per accaparrarsi i pochi scatti di carriera disponibili (andando, per altro, a rafforzare quegli iniqui meccanismi del miglioramento della performance, che sono da sempre funzionali a ridurre il potere di acquisto e di contrattazione della forza lavoro).
Siamo quindi davanti a un autentico ‘giro di boa’. I pochi soldi disponibili saranno in prevalenza destinati a una distribuzione diseguale e ad appannaggio di pochi.
Perfino una delibera della Corte dei Conti (3) evidenzia la contraddittorietà e debolezza del sistema di valutazione operante nella PA. La Corte bacchetta severamente la PA e chiede in sostanza un processo di sostanziale revisione, e intensificazione, della performance, critica gli obiettivi particolarmente bassi e autoreferenziali e la scelta di indicatori di performance poco sfidanti.
Per la Magistratura contabile il problema è invece legato alla inefficacia dei sistemi di valutazione: non vogliono cancellarli ma, semmai, potenziarli, al fine di stabilire degli “istituti di premialità, correlati alla performance organizzativa e individuale, che incentivano la buona amministrazione del personale dipendente dei Ministeri”.
Lavorare per obiettivi, insomma, senza mai porsi la domanda dirimente: gli obiettivi conferiti ai comparti della PA sono serviti a rilanciare i servizi e il lavoro pubblico o invece, come pensiamo noi, si è costruito un sistema fallimentare con impianto meritocratico tanto divisivo quanto mortificante per il potere di acquisto dei dipendenti?
Chiudiamo sulla erosione degli organici, che avviene in ogni comparto della PA indistintamente: nel caso della sanità i ritmi di lavoro e la carenza degli organici sono tra i fattori che hanno favorito il ricorso al privato; negli enti locali in 5 anni si sono persi 50 mila posti di lavoro; nel settore ministeri registriamo circa il 20% degli addetti in meno (passando dagli oltre 240mila di pochissimi anni or sono ai 190mila attuali).
I bassi salari sono una costante diffusa (pur se con qualche eccezione): il dipendente pubblico italiano risulta meno pagato dei colleghi europei. Inoltre, nel corso degli anni, le differenze stipendiali hanno riguardato – e diviso – i dipendenti pubblici con retribuzioni, a parità di lavoro e di profilo, distanti anche di centinaia di Euro, a seconda del comparto di riferimento. La scarsa attrattività del lavoro pubblico è il risultato della costante delegittimazione del settore da parte di chi avrebbe dovuto, al contrario, salvaguardarlo e preservarlo da ogni minaccia.
La situazione della PA è non solo tragicomica ma anche il prodotto di politiche meritocratiche e favorevoli alla privatizzazione. L’attuale forza lavoro è tra le più vecchie dei Paesi europei, i posti banditi dai nuovi concorsi sono di molto inferiori ai numeri dei prossimi pensionamenti e in più ereditiamo le conseguenze degli anni di blocco della contrattazione salariale. Non per caso la lenta e progressiva erosione del potere di acquisto dei dipendenti si accompagna alla riduzione sistematica degli organici.
Esistono ricette e soluzioni praticabili per salvaguardare il pubblico dal suo decadimento?
Posto che non è possibile riorganizzare un apparato complesso come la Pubblica Amministrazione di uno Stato economicamente sviluppato senza un piano di sviluppo ben congeniato, vi sono alcune evidenti urgenze: andrebbe rimosso ogni tetto di spesa in materia di assunzione di personale; gli aumenti contrattuali dovrebbero andare di pari passo al reale costo della vita; sarebbero indispensabili investimenti economici e risorse per l’ammodernamento degli strumenti di lavoro.
(1) Agenzia per la RAppresentanza Negoziale delle pubbliche amministrazioni, rappresenta la controparte nelle contrattazioni nazionali coi sindacati
(2) Progressioni economiche orizzontali, danno erariale e ‘condono’ del 2014. La Corte dei Conti tira dritto e condanna i dirigenti ¶ Ius & management (iusmanagement.org)
(3) Corte dei Conti: Deliberazione 13 maggio 2024, n. 62/2024/G,
https://www.corteconti.it/Download?id=12ac7a90-166b-4380-9333-88270de1b621
venerdì, 16 agosto 2024
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay