Perché dà tanto fastidio un film russo?
di Simona Maria Frigerio
Grazie al Canale VKvideo di Vincenzo Lorusso e al suo sito www.donbassitalia.it, siamo riusciti finalmente a vedere la seconda parte del film Il Testimone (con sottotitoli in italiano) che, durante la proiezione di dicembre, si era interrotto e dovemmo scrivere solo una recensione parziale dello stesso (1).
Vedendolo per intero abbiamo capito finalmente perché sia tanto inviso a chi voglia inculcare negli italiani una narrazione a senso unico, obliterando i diritti dei russofoni del Donbass e chi si celi dietro le divise della Azov.
Nel confronto tra il protagonista, l’eccellente, spaesato, inconsapevole e umanissimo Karen Badalov – nel ruolo del violinista ‘mr. Cohen’ – e il suo antagonista (come da tragedia greca) – l’altrettanto bravo Alexander Dyachenko – ciò che ci ha colpiti di più è l’accusa mossa contro un bambino del Donbass che afferma di chiamarsi Misha – e non usa Mykhailo (il corrispettivo in ucraino). Il nazionalismo spinto fino alla pulizia etnica contro i russofoni, del resto, non è diverso dalla ‘missione biblica’ degli israeliani di creare la ‘grande Israele’ attraverso il genocidio del popolo palestinese.
Vi pare una sciocchezza? Porta a porta presentava, il 2 marzo 2022, il suo speciale sul Presidente ‘eroe’ Vladimir Zelensky (2), il quale oggi in qualsiasi articolo, ivi comprese le sue bio ufficiali e l’ossequiosa Wikipedia, è diventato Volodymyr. Oppure pensiamo all’artista ucraina Zhanna Kadyrova che, accompagnata in Italia da un entourage che salutava tutti con: «Слава Україні!», esponeva a San Gimignano (qualche mese fa) una personale, in parte dedicata alla “parola Palianytsia che, in ucraino, significa pane [in russo è хлеб]… Questa parola, difficile da pronunciare da parte della popolazione ucraina russofona, è stata usata dai Servizi segreti ucraini (gli esecrabili SBU) e dai battaglioni della Azov (di matrice dichiaratamente neo-nazista) per individuare la componente russa presente sul territorio, considerarla nemica e in parte arrestarla – o, in altri casi, spararle sul posto come da denunce all’ONU” (3). Quindi, non sarà una novità che diritti come la libertà linguistica e religiosa siano calpestati nel nome di Stepan Bandera, o di Yaroslav Hun’ka o, ancora, di Roman Šuchevyč – i quali, chi più chi meno, sostennero o parteciparono all’Olocausto o ai massacri di polacchi in Volinia e in Galizia orientale. Questa è storia. Come il fatto che Kiev (oggi sia mai: occorre denominarla Kyiv) sia diventata russa nel lontano 1686, e prima sia stata polacca, prima ancora lituana, prima prima ancora mongolo-tatara e, insomma, questo sacro inviolabile territorio ucraino, i cui confini sembrano inscritti col sangue nel cuore millenario dell’Europa, è un’invenzione più recente della Contea di Nizza in Francia.
Perciò ci chiediamo: cosa sconvolge la narrazione italiana della guerra (civile o incivile, come ogni guerra) del Donbass? Il Testimone con grande semplicità ci racconta un pezzetto di storia acclarata, che vogliamo semplicemente cancellare?
Oppure infastidisce quella svastica sul petto di un torturato? Eppure i simboli nazisti non ci hanno infastidito quando, ad esempio, nel 2022, Massimo Gramellini su Rai3 (che non era la rete di ‘sinistra’?) fece un elogio struggente di Vyacheslav Abroskin, generale della brigata Azov, come commentava con acuto sarcasmo il collega Alexandro Sabetti (4), citandolo mentre plaudiva al: «“Soldato sanguinario che chiama ‘orchi’ i russi e ne ha già uccisi a grappoli senza pietà, […], ma sua figlia adolescente è rimasta a Mariupol [… dove i] bambini stanno al freddo, al buio, e bevono l’acqua dei termosifoni […]”. Ed ecco che Gramellini sente tutto il pathos della narrazione: “Questo generale è un guerriero fanatico, un violento, un simpatizzante nazista ma è disposto a sacrificare la sua vita, e chissà quali torture gli farebbero [i russi] prima di ucciderlo, per mettere in salvo quella dei piccoli sopravvissuti di Mariupol”». Il sacrifio tanto eroico, di offrire la sua vita in cambio di quella dei pargoli (chissà se anche russofoni), Abroskin lo avrebbe fatto, però, per mezzo di un post su Facebook – per cui diremmo che il beau geste si riduceva a ben poco… Eppure la narrazione di Gramellini doveva assolvere quello che lui stesso definiva ‘simpatizzante nazista’ e che uccideva i nemici – poeticamente – a grappoli, e per questo arrivò ad affermare che: “Gli ebrei lo definirebbero un ‘giusto’. Com’era Oskar Schindler”. Sicuramente oggi, vedendo il genocidio e i crimini di guerra che compiono impuniti, sotto i nostri occhi, gli israeliani con a capo Netanyahu e Ben-Gvir, contro il popolo palestinese, appoggiati da un Occidente sempre più bellicista, islamofobico, paranoico e votato alla distruzione (o all’autodistruzione), possiamo concordare con Gramellini che gli israeliani (non gli ebrei) definirebbero un ‘giusto’ l’uomo che fa pulizia etnica a casa ‘propria’.
Quindi, nulla di nuovo in ciò che si racconta nel film. Come è ormai abbastanza acclarato quanto accaduto alla stazione di Kromators’k (5) e il fatto che, prima, si registrino video per la stampa occidentale e, poi, si fingano bombardamenti del nemico – in realtà provocati dagli stessi che creano la messinscena – sarebbe solo l’ennesima operazione false flag, di cui ben altri sono stati campioni negli scorsi anni, sempre in Europa, come emerso dai documenti canadesi desecretati e pubblicati da Kit Klarenberg e Tom Secker su The Grey Zone (6), riguardo a simili operazioni in Bosnia.
Perché allora censurare un film che è persino dépassé nel momento in cui diventa ovvio condannare Hamas per l’uccisione di colonizzatori a un rave party e non l’Ucraina per quella di villeggianti sulla spiaggia di Sebastopoli? Oppure è consuetudine fare titoloni zeppi di fake news, come quelle sull’ospedale pediatrico di Kyiv (moltiplicando il numero dei morti e feriti e non ponendosi il dubbio che lo abbiano colpito schegge di un missile della contraerea ucraina) ma si tace sul drone con ordigno esplosivo ucraino, lanciato nel cortile di un edificio residenziale a Shebekino, che ha provocato il ferimento di cinque bambini (di cui proprio uno è deceduto oggi)? E quale effetto dirompente può avere un film se non ci si indigna nemmeno più – e non si impone il cessate il fuoco a Tel Aviv – persino dopo il bombardamento con ben otto ordigni del campo profughi di al-Mawasi (a ovest di Khan Younis, area designata dalle forze israeliane come zona ‘sicura’), che avrebbero dovuto uccidere un solo uomo, il capo militare di Hamas, Mohammed Deif, e che hanno causato al contrario una prevedibile carneficina, con almeno 90 morti e oltre 280 feriti?
Il doppio standard, esemplificato negli ultimi fotogrammi del film e che, dopo i massacri di Gaza, è impossibile continuare a considerare solo propaganda russa, assume sul volto e nell’espressione di mr. Cohen la forza catartica della tragedia di un uomo, solo, che ha visto la verità e deve affrontare un mondo di menzogne. È innegabile che il pubblico in una sala cinematografica, come in un antico teatro greco, si identifichi con quell’uomo e faccia sua non solamente la verità ma la forza e il desiderio di urlarla (come accade nel bel docu-film di Michelangelo Severgnini sulla tratta degli schiavi in Libia). Questo è probabilmente il vero motivo per cui il film è stato censurato. Questo il motivo per cui Julian Assange è stato braccato e imprigionato per dodici anni. La verità, però, è come l’acqua. Non puoi fermarla. Puoi arginarla. Puoi impedire che ti travolga. Ma prima o poi filtrerà da una fessura e inonderà il tuo mondo arso di menzogne.
Svidetel (Il Testimone)
regia David Dadunashvili
sceneggiatura Sergey Volkov
fotografia Anatoly Simchenko
con Karen Badalov, Yuliya Afanaseva, Evrika Allaverdonts e Alexander Dyachenko
Federazione Russa, 2023
2h 8min
(1) https://www.inthenet.eu/2024/01/05/il-testimone/
(3) https://www.inthenet.eu/2024/04/19/the-citrus-project-ai-weiwei-zhanna-kadyrova/
(4) https://www.inthenet.eu/2022/04/10/la-guerra-della-propaganda/
(5) https://www.kulturjam.it/costume-e-societa/gramellini-e-il-nazista-umano/
(6) https://www.inthenet.eu/2023/04/14/i-serbi-sono-cattivi-e-gli-ucraini-buoni/
venerdì, 19 luglio 2024
In copertina: La Locandina del film