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Domande anarchiche ai libertari italiani
di Simona Maria Frigerio
Uscito nel 2023 e già alla seconda edizione (ampliata) il libro dedicato al neo presidente argentino, a cura di Leonardo Facco, è un volume molto ben scritto, comprensibile anche a chi non sia avvezzo a temi quali l’economia o la finanza, con un’introduzione di Facco stesso che spiega il famoso tema della ‘dollarizzazione’ dell’Argentina (uno tra i più contestati e complessi); con diversi scritti originali di Milei (alcuni tecnici, inclusi in Scritti scelti; e altri legati a problematiche contingenti, che compongono la terza parte del libro, sotto il titolo di Interventi politici). Seguono le interviste di Facco a Milei; un’appendice con un intervento di Diego Giacomini; e, in chiusura, forse la parte più interessante (con la prima) dell’intero libro, ossia la Piattaforma elettorale nazionale de La Libertad Avanza (il movimento/partito politico fondato dallo stesso Milei), in cui sono elencati tutti i punti sui quali si baseranno le riforme promesse dal neo presidente per riportare l’Argentina a una floridezza economica che avrebbe perso nel corso del Novecento.
La recensione potrebbe terminare qui, dato che è indubbia la professionalità e attenzione del curatore e il libro può essere interessante sia per i riformatori di destra sia per i conservatori di destra italiani. Ma a questo punto è ai libertari che dedicheremo il resto dell’articolo. Perché di libertario, in Milei, vediamo poco o niente – a meno che non si considerino forme di libertà la detassazione (soprattutto delle classi medie e alte e delle aziende, che almeno in Europa già di tasse ne pagano poche…); le privatizzazioni di sanità e istruzione; e un libero mercato molto vicino alle istanze della globalizzazione in stile WTO e della produzione di vent’anni fa. Tutte politiche già messe in atto e nozioni ben note, che oggi paiono oltremodo fallaci e dépassé (se ci permettete il termine). Se, al contrario, i libertari italiani ambiscono a un Paese senza Stato, dove siano state abolite le tasse come la moneta, forse dovrebbero volgere lo sguardo, sempre in America Latina, al Chiapas – ove gli zapatisti hanno trasformato questa utopia in una realtà di ribellione a Città del Messico e pratica quotidiana che prosegue ormai da quarant’anni.
L’autodeterminazione sul proprio corpo
Ma torniamo a Milei e partiamo quindi dalle libertà individuali, che dovrebbero essere le prime garantite da un presidente ‘libertario’. Ebbene, il nostro Milei a più riprese rivendica di voler difendere la vita fin dal concepimento e, quindi, di voler abrogare (magari dopo un referendum) la legge che garantisce l’interruzione volontaria di gravidanza. D’altro canto vuol preservare la vita fino alla morte naturale (e, quindi, immaginiamo si opponga anche alla libera scelta del fine vita) e intende combattere il narcotraffico con misure ancor più draconiane di quelle statunitensi, quando la liberalizzazione delle droghe leggere e la legalizzazione delle pesanti, non solamente rispetterebbe di più e meglio la libera scelta individuale, ma toglierebbe proventi miliardari alle mafie (in primis, alla nostra ‘Ndrangheta) e darebbe alla sanità pubblica i fondi necessari per la cura e la disintossicazione, liberamente scelte, degli eroinomani (un consumatore di hashish o marijuana non avendo certo bisogno del metadone…).
In breve, come donna e come persona che, in questi anni, ha sostenuto spesso le battaglie dei radicali italiani in ambito di libertà personali, direi che Milei è un reazionario e su tutti questi punti non vi è un briciolo di rispetto per la libertà del singolo. Che poi egli abbia criticato le misure coercitive contro la Covid-19, che hanno depresso ancor più l’economia (critica che condividiamo e, in Italia, potremmo fare ben più ferocemente) e si sono rivelate contrarie ai diritti d’impresa e all’autodeterminazione dell’individuo, senza rendersi conto che l’autodeterminazione dell’individuo non inizia e finisce col diritto d’impresa, ebbene questa è una prima crepa nel pensiero del ‘libertario’ che, a questo punto, definiremmo più precisamente come ‘liberista’ in economia e ‘conservatore’ in tutto il resto.
Dollarizzazione, sì o no?
Entrando nel merito dell’interessante questione della dollarizzazione, secondo il curatore ciò non equivarrebbe al passaggio dal giogo della Banca Centrale argentina a quello della Federal Reserve; ma sarebbe semplicemente uno step verso una moneta virtuale (1) – bitcoin o criptovalute, eccetera. Ovviamente i rischi ci sono, dato che gli asset speculativi di tali monete ‘virtuali’ hanno già dimostrato quanto possano rendere volatili le stesse (in altre parole, essendo in mano a pochi grandi fondi che possono non solamente comprare e vendere a loro piacimento, ma arrivare a ricattare uno Stato se si affida totalmente ai loro ‘capricci’, non si sa se un Paese potrebbe più decidere le proprie politiche economiche in maniera indipendente). Milei poi aggiunge due precisazioni. La prima è che una parte della Banca Centrale sarebbe convertita in una Banca Simons. Spieghiamo anche questo passaggio. La società di Jim Simons è semplicemente un fondo chiuso, a cui partecipano i 300 dipendenti dello stesso – in gran parte statistici, matematici e tecnici informatici – che specula sulle minime variazioni (non solamente di prezzo) e, grazie ad algoritmi complessi e alla grande quantità di capitali investiti, guadagna comprando e vendendo titoli in lassi di tempo brevissimi (due giorni sarebbe il massimo). Ovviamente questo tipo di fondi speculativi esiste già, ovunque, e non sarebbe una innovazione introdurne uno in Argentina – ma chi vi potrebbe aderire? 300 dipendenti? E soprattutto, proprio questi fondi speculativi potrebbero essere una ricchezza per i Paesi nel momento che si applicasse una tassazione anche infinitesimale su ogni transazione (la famosa Tobin Tax che non è mai riuscita a decollare).
Milei inoltre addebita ai Governi precedenti tutti i mali (inflazione, ristagno economico, eccetera) ma non accenna a una tra le prime misure del suo Governo, ossia la svalutazione del peso del 50% rispetto al dollaro avvenuta a dicembre 2023! E infine, quando parla di liberalizzare l’uso della moneta straniera in Argentina dimentica che sta sempre riferendosi a compratori e venditori istituzionali sul mercato internazionale (produttori di soia, petrolieri, eccetera), ma il comune cittadino argentino cosa userebbe? E a quale valore scambierebbe il suo salario magari percepito in bitcoin se, un domani, tornando al fondo speculativo/Banca Simons che lo avesse in mano, quest’ultimo decidesse, ad esempio, di far pressione sul Governo argentino perché dimezzi le royalties sul petrolio usando proprio l’arma della vendita in massa dei bitcoin in suo possesso?
Inoltre, non capiamo come chi sostiene l’uso del contante, in Italia, possa poi affidare il suo intero patrimonio a una moneta intangibile, volatile e controllabile da terzi privati e non garantita da riserve auree o dalla produzione reale (dal PIL, in parole povere) di uno Stato. Ma, al di là che nessuno (nemmeno Milei), riesce a spiegare come e a che prezzo avverrà la conversione e il neo presidente, proprio per scongiurare fughe di capitali o speculazioni, auspica una moneta unica transnazionale, ci sorgono ulteriori dubbi.
Il primo è che gli Stati Uniti, al momento, riescono a reggere il loro enorme debito pubblico grazie alla continua coniazione di dollari (siano essi volatili o cartacei poco importa). Sicuramente una delle ragioni della guerra in Donbass (a parte la competitività della Germania grazie all’energia a basso costo russa) è stato l’affermarsi dell’Euro sulla scena delle transazioni internazionali. Questa manovra di Milei piacerebbe a Biden o al suo successore? Un altro dubbio che sorge spontaneo è perché Milei, se aspira tanto a una moneta sovranazionale si sia allontanato dai BRICS, ovvero da Paesi come la Cina e la Russia (che, ad esempio, a livello pandemico si è dimostrata tra gli stati più liberal, non imponendo né vaccini né restrizioni), che vogliono utilizzare per gli scambi ognuno la propria valuta e sviluppare una moneta trans o sovranazionale, che liberi dal giogo del dollaro (e del suo cambio) e passi anche attraverso nuovi circuiti. Diciamo solo che Milei non ha avuto il coraggio di smarcarsi dal prepotente vicino? Oppure non comprende che gli Stati Uniti accetterebbero una criptovaluta transnazionale solo nel momento che fossero loro a controllarla? Nel frattempo Milei avrebbe potuto imparare dalla nostra ‘liretta’, grazie alla quale l’Italia era divenuta la quarta potenza economica al mondo nel 1991 (avendo superato a livello di PIL anche la Francia). E nel 1992, insieme al Regno Unito, il nostro Paese abbandonava anche il Sistema Monetario Europeo tornando a giocare coi tassi di cambio in maniera positiva. Infine, se l’Argentina ha tanti problemi non dimentichiamo due fattori importanti. Il primo, che anche Milei adduce, ovvero la bassa percentuale di investimenti operati dalle aziende del Paese (per attrarre capitali esteri, quindi, la Banca Centrale deve mantenere alti i tassi d’interesse). Il secondo è il debito con il Fondo Monetario Internazionale (del quale Milei non accenna mai), che ad aprile 2024 equivaleva al 5,3% del PIL del Paese.
Scripta manent, verba volant
Prima di passare al Programma con il quale Milei ha vinto le elezioni, poniamoci alcune domande leggendo i suoi scritti. Riagganciandosi a Locke in Sulla natura dello Stato afferma: “L’unico percorso ‘naturale’ per la sopravvivenza dell’uomo e il raggiungimento della ricchezza è, quindi, l’uso della sua mente e della sua energia per impegnarsi nel processo di produzione e di scambio. L’uomo fa questo trovando prima le risorse naturali e poi trasformandole per farne la sua proprietà individuale”. Ora, a pochi giorni dal nuovo tentativo di golpe in Bolivia (Paese ricchissimo di litio) e dalle affermazioni del Primo Ministro estone, Kaja Kallas, Alto Rappresentante per la Politica Estera della Ue, che dobbiamo far esplodere la Russia in tanti piccoli Stati controllabili, ossia tanti bancomat energetici per i nostri interessi di europei, il discorso sulla proprietà delle risorse diventa spinoso. Questo è il vero volto del capitalismo (sempre più transnazionale): appropriarsi delle risorse naturali di altre nazioni, grazie a golpe e guerre, per farle proprie.
Del resto, il ‘libertario’ Milei – che afferma come “lo Stato – nelle parole di Oppenheimer – è l’organizzazione dei mezzi politici: è la sistematizzazione del processo predatorio su un determinato territorio” e affermi ciò in maniera critica, come può sostenere Israele che da oltre settant’anni pratica la colonizzazione e l’occupazione dei territori palestinesi, e che – trasformandosi in nazione degli ebrei – ha ufficializzato l’apartheid verso islamici e cristiani? Tutto ciò ci pare non solamente contraddittorio ma ironicamente vicino alle solite, desuete istanze dei conservatori che governano l’Europa e gli Stati Uniti e delle lobby che li appoggiano. Del resto, è grazie a personaggi come Bill Gates (maggior donor dell’OMS e, quindi, decisore delle politiche vaccinali nel mondo) che si sono perpetrate le scellerate misure di contenimento della pandemia e quando parliamo di lobby, come non ricordare che lo stesso ‘filantropo’ è poi azionista di aziende che, su quei vaccini, si arricchiscono (3)?
Il caso Stellantis e qualche numero
Passiamo a un’altra istanza che ci ha particolarmente colpiti in quanto afferma che il carico fiscale crea nella società due classi: “1) coloro che pagano le tasse (i contribuenti) e 2) i parassiti, che vivono delle tasse”. Ora, visto che nel Programma, Milei afferma di voler tagliare qualsiasi forma di sostegno, quali il sussidio di disoccupazione, così come critica fortemente il reddito di cittadinanza (in buona compagnia con il nostro PD), verrebbe da pensare che i ‘parassiti’ in questa nostra società siano i senza lavoro, gli scioperati, gli impuniti che – come me – pubblicano gratuitamente un settimanale online per il gusto o la necessità etica di farlo. In realtà, se guardiamo ai sostegni statali, sono proprio le aziende (spesso, tra l’altro, con sede legale in paradisi fiscali) non solamente a chiedere ma a pretendere che le tasse dei cittadini finiscano nelle loro casse, minacciando altrimenti licenziamenti, chiusure di stabilimenti, il caos sociale (pensiamo solo all’ultimo ricatto al Governo italiano di Stellantis, olandese come sede legale, e francese, vista la partecipazione dello Stato di Macron al board). Non quindi l’individuo, ma proprio il capitalismo odierno è fonte di drenaggio fiscale e, spesso, non contribuisce alle casse erariali se non con la tassazione sullo stipendio del lavoratore (e, quindi, se si considera che quanto stornato dalla busta paga spetterebbe al lavoratore, è difficile dire che le aziende, almeno in Italia, siano particolarmente tassate).
Passando alle statistiche, per convincere i suoi elettori della bontà del sistema capitalistico/liberista da lui propugnato (e però conservatore in fatto di diritti individuali) Milei afferma (a pag. 56) che la percentuale dei poveri estremi sarebbe scesa al di sotto del 5% – grazie al capitalismo. Purtroppo le statistiche ufficiali provano altro. Circa 700 milioni di persone (quasi il 10%) vivono con meno di 2,15 dollari al giorno, mentre il 26% circa della popolazione globale, ovvero un altro miliardo e 300 milioni di individui, sopravvive con una cifra che va da 1,90 a 3,20 dollari al giorno. Ovviamente mi si risponderà che si sta parlando del Sud globale, che il Nord – tecnologicamente e industrialmente più evoluto – sta meglio. Ebbene, sempre dati ufficiali alla mano, nel 2022 nel Paese più ricco al mondo, gli Stati Uniti, la percentuale delle persone in stato di povertà (coi dati ovviamente riparametrati) era l’11,5 %, pari a 37,9 milioni di persone. Nel frattempo, in Europa, nel 2023, 94,6 milioni di individui (ossia il 21,4% della popolazione) erano a rischio di povertà o esclusione sociale. E non entriamo nel merito della nuova categoria, sempre più dilagante grazie alla deregolamentazione del lavoro, dei working poor.
Chiudiamo con i titoli semplicistici della stampa nostrana che ha affermato come Milei avrebbe azzerato l’inflazione. In realtà le questioni sono sempre più complesse di un titolo di quotidiano. L’inflazione su base annuale, in Argentina, si prevede al 276,41%. Cosa significa, quindi, se un mese si azzera? Solamente che non aumenterà il dato annuale. Purtroppo, può parere facile a un liberista affidare al mercato l’autoregolamentazione dei prezzi, ma basta empiricamente ripensare all’Italia del 2002 per accorgersi che, proprio il nostro Paese che non fece nulla per imporre politiche di contenimento e controllo dei prezzi al mercato, vide una conversione speculativa Lira/Euro che fece aumentare il costo di beni e servizi dal 30 al 50% e oltre. Il biglietto del tram a Milano passò da 1.500 Lire a 1 Euro, ossia 1.936, 27 Lire. Un bilocale in una zona periferica come viale Fulvio Testi, sempre a Milano, del valore di 160 milioni di Lire, nel 2001, era venduto a 160 mila Euro nel 2002. E questi sono solo due esempi random. Da Ferdinando Galiani ad Adam Smith la teoria della ‘mano invisibile’ si è sempre dimostrata poco credibile alla prova dei fatti, quanto la ‘teiera celeste’ di Bertrand Russell.
Sempre più finanza e sempre meno produzione
Ci sarebbero davvero troppi passaggi sui quali vorremmo soffermarci e interrogare i libertari italiani, ma chiudiamo con un’analisi che ci pare vecchia di almeno vent’anni. A pagina 45 leggiamo: “Gli individui, cercando di massimizzare i loro profitti a tali prezzi, faranno tutto il possibile per migliorare il benessere di qualsiasi membro della società, assicurando al tempo stesso che tutte le conoscenze disperse di una società siano prese in considerazione e utilizzate”. Un pensiero semplicemente fordista (o, ancora una volta, in stile Adam Smith). Peccato che oggi le aziende massimizzino i profitti diminuendo la produzione, chiudendo gli stabilimenti e investendo su ben altro. Ad esempio sui buy-back (4), ossia, come spiega Gilberto Trombetta: “I manager delle corporation usano generalmente i buy-back, ovvero gli acquisti delle azioni delle loro società, per gonfiare il rendimento di ogni singola azione”. Il capitalismo che si basava sulla produzione di beni e servizi si è trasformato, già negli anni 90 del Novecento, nel capitalismo transnazionale della globalizzazione, che per oltre vent’anni ha sfruttato le risorse umane e minerarie dei Paesi meno tecnologicamente avanzati, creando disoccupazione in quelli più avanzati e pensando che avrebbe trovato sempre nuovi mercati per le proprie merci e sempre nuove ‘periferie’ per la propria produzione (pensiamo agli States e alle maquiladoras in Messico). Ma il Sud del mondo (e la Cina, in particolare) si è nel frattempo evoluto tecnologicamente e, come aveva preconizzato Samir Amin, ha deciso di trasformarsi da periferia in centro – il che è passato (e in questo Milei ha ragione, ma sempre riallacciandosi non a un Friedman, bensì ad Amin) dal controllo nazionale dell’accumulazione. Lo Stato e una Banca Centrale servono, allora, a qualcosa? Forse no, visto che le nuove lobby transnazionali hanno abbandonato anche la globalizzazione e si avviano su percorsi ancor più pericolosi, dalle bolle finanziarie (ricomprare le azioni di una azienda in crisi per farne lievitare il prezzo, prima o poi, è un bluff che qualcuno ‘vedrà’…) alle guerre ibride.
Piattaforma elettorale nazionale de La Libertad Avanza
L’autore e i nostri lettori ci scuseranno se non entreremo nel merito di tanti altri argomenti ugualmente interessanti affrontati nel libro. Che li si condivida o meno, pensiamo che la cosa migliore sia leggerli da sé. Chiuderemo questa ‘recensione’ con le promesse di Milei agli argentini.
Milei fa un preambolo in cui accusa di tutti i mali le politiche populiste, dimenticandosi però che l’Argentina ha anche vissuto il Proceso de Reorganización Nacional, dal 24 marzo 1976 al 10 dicembre 1983, ossia è stata sottoposta a una feroce dittatura supportata, guarda caso, dagli Stati Uniti.
Senza entrare nel merito (occorrerebbe aprire una lunga parentesi storica) passiamo alle cure che propone Milei per sanare l’economia del suo Paese (ai libertari italiani chiedo se non sembrino loro molto simili a quelle che hanno sempre voluto imporre al nostro Paese una von Der Leyen, una Lagarde o l’ormai ex locomotiva d’Europa, ossia la Germania della Merkel): taglio della spesa pubblica, riduzione delle tasse, flessibilizzazione del mondo del lavoro, taglio delle pensioni, promozione del sistema sanitario privato. In una parola: austerity. Niente di nuovo.
Partiamo dalla sanità, ponendovi una domanda: quale drena più risorse del Pil al mondo? Risposta facile: quella statunitense (5). Dati precisi alla mano: “Il Paese dove la spesa sanitaria complessiva è più alta sono gli Stati Uniti, con il 15,3% del Pil: quasi il doppio della media Ocse, pari a 6.714 dollari di spesa all’anno pro capite”. Traduciamo: lo Stato dove la sanità è quasi totalmente nelle mani dei privati e i suoi cittadini sono costretti ad assicurarsi (grazie alla riforma targata Obama) anche se percepiscono un salario minimo, ha il servizio più costoso in assoluto. L’Obamacare, del resto, che avrebbe dovuto istituire la Sanità pubblica, ha semplicemente esteso Medicaid che è, al contrario, finanziata da assicurazioni spesso semi-fallimentari, dalla tassazione dei redditi più bassi e da fondi federali che, ovviamente, possono aumentare o diminuire a seconda del Governo in carica. Ma chiediamoci anche un’altra cosa: chi potrebbe mai credere che una sanità privata sarebbe migliore? Vi ricordate lo scandalo della Santa Rita a Milano (6)? Nemmeno un sistema misto, come quello italiano, funziona perché il tarlo sta nel nocciolo del problema. Se la sanità pubblica non riesce a pareggiare i bilanci curando i suoi cittadini e recuperando risorse con la tassazione, come potrebbero ricavarci profitti le multinazionali fornendo il medesimo servizio? E come possono non fallire piccole imprese assicuratrici (come accade negli States) costrette ad assicurare le persone per pochi dollari al mese? Che poi Milei arrivi al punto di scrivere che occorre “Promuovere leggi che permettano sia al professionista che al paziente di concordare le tariffe da pagare”, in ambito sanitario, vorremmo capire perché persino quella roboante, cialtrona macchina propagandistica che è Hollywood sia arrivata a produrre un film come John Q. Ci viene semplicemente da ridere al pensiero che un cardiochirurgo possa accettare 10 dollari per un suo intervento… E aggiungiamo una perla. Milei è anche un darwinista sociale. Quando, a pag. 66, arriva ad affermare che una bambina malata di cancro di una famiglia ricca non potrà essere curata (e salvata) in una clinica privata se i suoi genitori saranno ‘derubati’ dalle tasse, scende a un livello di umanità molto basso. Ora, chi ha visto – come me – una bambina malata di cancro, figlia di genitori molto abbienti italiani, essere amorevolmente curata e salvata in un ospedale pubblico (esattamente come la figlia di genitori non abbienti), di fronte a queste affermazioni rimane basito: le cure oncologiche, come un trapianto, hanno costi proibitivi persino per gli individui della media e alta borghesia (e, come dimostra la pratica statunitense, non sempre sono garantite dalle prestazioni assicurative o lo sono solo in parte). Il presidente Milei ignora forse quanto costa un ciclo di chemio o di radioterapia, o il complesso meccanismo che sottende all’espianto/trasporto e trapianto di un organo? A meno che per Milei, gli unici bambini che possano ambire alla salvezza, se ammalati, siano i figli dei miliardari!
Milei promette anche investimenti a fiumi, soprattutto in infrastrutture – ma come farà a finanziarle se nessuno pagherà più le tasse? Con royalties sullo sfruttamento delle risorse naturali e minerarie argentine (sappiamo bene quanto amino pagare i Paesi neo-colonialisti le nazioni che sfruttano… e come già esista tale metodo) e con investimenti di privati (gli stessi che non investono nemmeno nel debito pubblico del Paese…). Ora, auguriamo all’Argentina miglior sorte di quella italiana con le autostrade di Benetton o degli inglesi dopo la privatizzazione della loro rete ferroviaria…
Per l’educazione si potrebbe dire che Milei ha copiato i programmi ministeriali italiani, che ormai puntano sull’aziendalizzazione delle università e l’asservimento della ricerca universitaria a scopi industriali e/o militari. La libertà, che è uno dei fondamenti di una ricerca scientifica sana e innovativa perché la stessa deve poter percorrere strade nuove che, forse, non porteranno da nessuna parte ma, forse, sulla Luna (come ha affermato in un suo discorso, un po’ di tempo fa, il Presidente Putin) sembra superata da questa mania di crescere una tecnocrazia che non capirà la differenza tra nozionismo e sapere. A corollario, l’accento su matematica, scienze e tecnologia, e il medesimo rispetto (pari a zero), espresso da Obama in un suo discorso per arte, letteratura e filosofia. Non c’è più bisogno di persone pensanti e tanto meno di masse critiche in un universo asservito ai diktat delle lobby di potere (dal settore farmaceutico a quello delle armi).
E chiudiamo con ciò che ci fa più paura: l’accento marcato sul controllo della popolazione – che di libertario non ha nulla. Dalla privatizzazione delle carceri al lavoro forzato (ricordiamo che negli States, dove queste sono pratiche consolidate e redditizie, vive il 4% della popolazione mondiale ma, nelle sue carceri, ‘soggiorna’ oltre il 20% della popolazione carceraria mondiale). Dalla deregulation del mercato delle armi da fuoco (gli States anche in questo campo insegnano) a politiche di sicurezza nazionale – come il rafforzamento dell’alleanza strategica con gli States, che sta costando all’Europa la sua implosione e una crisi economica che proseguirà per anni, se non decenni. Ma anche la “radarizzazione totale del territorio nazionale” (sullo stile del muro che Polonia e Repubbliche Baltiche vorrebbero costruire ai confini orientali?). La paranoia cresce quando afferma che saranno incorporati “sensori mobili, veicoli, droni, satelliti e tutte le attrezzature necessarie per il controllo delle frontiere e [per] ottenere la raccolta di informazioni per prevenire crimini complessi”; ma anche quando elenca tutti i settori del nuovo Sistema di Sicurezza Nazionale: “Sottosistema di sicurezza interna – Gendarmeria nazionale Argentina, Prefettura Navale argentina, Polizia di Sicurezza Aeroportuale, Polizia Federale e Servizio Penitenziario Federale, oltre alla Polizia Federale e ai Servizi Penitenziari provinciali e municipali (Polizia locale), Sottosistema Sicurezza Estera – Strumento Militare della Nazione e Servizio Estero della Nazione e Sottosistema Intelligence Nazionale – Strumento Informativo della Nazione”. E tutti questi sistemi di controllo, repressione e intelligence dovranno poi rendere conto a una magistratura che (come sta accadendo sempre più in Italia) sarà subordinata ai poteri esecutivo e legislativo per la selezione dei membri del suo Consiglio Superiore. Addio, quindi, alla divisione dei poteri e a quel minimo di libertarismo che ci aveva lasciato in eredità Montesquieu!
Speriamo davvero che la libertà avanzi in Argentina ma leggendo questo libro ci sono sorti molti dubbi al riguardo. Anzi, siamo sicuri solamente che avesse ragione Guccini quando cantava in Cirano:
“Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati,
buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza;
godetevi il successo, godete finché dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura
e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l’ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna.
Gli orpelli? L’arrivismo? All’amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!”.
Buon ascolto: La tua libertà, Francesco Guccini
(1) Un interessante articolo per capire meglio di cosa stiamo parlando e di come l’Europa sia indietro in questo settore: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_repressione_cryptomonetaria_dei_burocrati_europei/29296_55437/
(2) https://canalesovranista.altervista.org/smemorati-sme-svalutazione-lira-1992/
(3) https://altreconomia.it/bill-gates-lo-zar-della-sanita-mondiale/
(4) https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_buyback_spiegato_facile/11_54630/
(5) https://www.epicentro.iss.it/politiche_sanitarie/ocse08
(6) https://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/29/sanita-scandalo-della-clinica-santa-rita-condannato-il-primario-brega-massone/74244/
venerdì, 12 luglio 2024
In copertina: Particolare della seconda edizione di Javier Milei. Il primo presidente libertario. Storia, idee e programma del professore prestato alla politica. A cura di Leonardo Facco, Tramedoro, 2023