A Palazzo delle Esposizioni una collettiva tra corpo e natura
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
A Lucca, nello spazio espositivo della Fondazione Banca del Monte cittadina, domenica 23 giugno è stata inaugurata una collettiva a cura di Alessandra Trabucchi, con opere di cinque artiste, che elencheremo rigorosamente in ordine alfabetico: Carla Fusi, Viviana Natalini, Emy Petrini, Arianna Picerni e Cristina Sammarco.
Dalla scultura all’incisione, dal multimaterico alla pittura, molteplici le tecniche utilizzate ma altrettanto varie le fonti di ispirazione – non solamente a livello di temi o soggetti ma soprattutto come scelta poetico-estetica.
Carla Fusi presenta una serie di acqueforti e acquetinte che, al di là del soggetto naturale, colpiscono per una intensa seppure – come vena d’oro – sotterranea spiritualità che illumina, pur senza coloriture, i bianco e neri.
Viviana Natalini, che seguiamo da anni e che stimiamo come scultrice e come persona, porta le sue figure muliebri in creta dipinta che rappresentano, per noi, simboli di resilienza. Il suo uso del Kintsugi, non a caso, pur nascendo dalla necessità di salvare materialmente delle opere che, in fase di cottura, possono esplodere, ha questa valenza poetico/estetica che si rispecchia in ritratti insieme onirico-intimisti e teatrali. Teatrali in quanto vi è una posa e una sfida, vibrando all’unisono o rifrangendosi come onde contro la nostra personale sensibilità.
Emy Petrini si fa notare con Sipari, un trittico in cui utilizza l’intreccio a fini espressivi anche se il pericolo di scivolare nel design è dietro l’angolo – un problema, questo, che non solamente è comune a molti artisti anche quotati (come lo stesso Anish Kapoor) ma che è causato anche dalla pochezza di alcuni collezionisti che vedono nell’arte una forma di investimento quando non di arredamento.
Arianna Picerni, come pittrice, con l’uso della tecnica mista si inserisce nel solco della matericità che, in Italia, ha avuto esponenti di primo piano, quali Alberto Burri. Picerni non può ovviamente aggiungere nulla a tali e tanti maestri, che hanno già sperimentato ed esperito praticamente tutto, ma si contraddistingue per un uso personale dei colori e, soprattutto, della loro contrapposizione e giustapposizione, che ottiene suggestioni inedite e interessanti.
E chiudiamo con Cristina Sammarco, della quale ci hanno convinti soprattutto le light boxes. Anche qui, ovviamente, nulla di nuovo ma piacevoli gli accostamenti tonali e sicuramente espressione di una ricerca personale che torna anche in altre opere in mostra (ove è l’elemento orizzontale a farsi notate). Sammarco anche attraverso media diversi, come il ricamo, o la riproposizione del bianco su bianco (ormai parte della storia dell’arte, da Kazemir Malevič a Piero Manzoni ed Enrico Castellani) tenta di costruire un proprio percorso di senso, di cui attendiamo sviluppi più maturi.
All’entrata, materiali e strumenti utilizzati dalle artiste, quasi una rivendicazione del fare – stridente rispetto all’arte concettuale e all’uso e abuso di artigiani e tecnici per la realizzazione pratica dell’idea artistica. Ma per noi, al contrario, pregevolissima scelta in quanto, come ha insegnato lo stesso Picasso, non è mai troppo tardi per imparare una nuova tecnica dato che la differenza tra opera d’arte e design è proprio il fatto che la prima è materialmente prodotta da chi l’ha pensata, mentre la seconda è oggetto industriale riproducibile, anche quando dotato di originalità e bellezza (quella bellezza rivendicata da Bauhaus per tutti i cittadini, in generale, e non solamente i ricchi collezionisti). Ma pur sempre design.
La mostra continua:
Pa(E)(S)Saggi
piazza San Martino, 7 – Lucca
fino a domenica 28 luglio 2024
(ingresso gratuito)
venerdì, 5 luglio 2024
In copertina: la conferenza prima del vernissage della mostra