…quando è l’istinto a guidarli
di Simona Maria Frigerio
“Preferisco discendere da una scimmia che da un uomo di cultura che ha prostituito il sapere e l’eloquenza al servizio del pregiudizio e della falsità”, scriveva Thomas Henry Huxley e noi condividiamo. In tempi di omologazione e pensiero unico come negarlo?
Ma in questi ultimi anni si è passati dal rifiutare la Teoria dell’evoluzione (che ha le sue origini in L’Origine della specie di Charles Darwin) per ragioni fideistiche all’elevare il regno animale a faro etico dell’umanità.
Come sempre non ha senso erigere barricate ma occorrerebbe tornare all’osservazione diretta e alla razionalità: ciò che distingue la specie umana (homo sapiens) da altre specie animali è proprio il valore dell’etica – che può avere origini religiose o politiche, ma che dovrebbe guidarci verso scelte non prettamente istintuali o egoistiche bensì in favore della comunità e dell’altro da sé.
Per ridimensionare il ‘pensiero magico’ che vorrebbe gli animali meno crudeli, bellicosi o violenti degli appartenenti al nostro genere, ecco alcuni esempi di comportamenti animali perfettamente in linea con l’istinto di sopravvivenza delle varie specie ma che proprio la nostra etica dovrebbe rifiutare.
Quasi tutti sanno che i leoni uccidono i cuccioli della propria specie se figli dei capibranco ai quali si sono sostituiti, in generale con la violenza. Questo meccanismo è innescato dal bisogno che le leonesse entrino in estro in breve tempo, senza attendere i due anni in cui non sarebbero sessualmente attive in quanto totalmente dedite al ruolo di madri. Eppure non molti immaginerebbero che i maschi di quei deliziosi roditori della famiglia degli sciuridi, che chiamiamo scoiattoli rossi, fanno esattamente la stessa cosa e per le medesime ragioni. Quello che noi definiamo ‘infanticidio’ è pratica anche di un primate, molto vicino all’essere umano, come lo scimpanzé.
Gli scimpanzé, del resto, sono talmente simili a noi che hanno dato addirittura l’appellativo a un conflitto: la guerra degli scimpanzé del Gombe – nota anche come guerra dei quattro anni del Gombe. Tra il 1974 e il 1978, nel Parco nazionale omonimo, in Tanzania, sei membri della tribù di scimpanzé dei Kasakela assassinarono brutalmente un giovane della tribù dei Kahama. Come racconta Federica Sgorbissa (1): “negli anni successivi, tutti i sei colpevoli, uno a uno, vennero poi uccisi dai Kahama. Le brutalità non si fermarono qui. Alcune femmine dei Kahama vennero stuprate, in alcuni casi uccise (o scomparirono senza lasciare traccia). Altri maschi di entrambe le comunità vennero assassinati. La guerra tra le due tribù, durata quattro anni, raggiunse picchi di violenza tali da lasciare sconvolti i testimoni dell’epoca, che osservarono che in alcuni casi gli aggressori sembravano quasi godere della sofferenza altrui. Si racconta addirittura che alcuni arrivassero a strappare i genitali ai maschi nemici, guardandoli agonizzare”. Siano state motivazioni genetiche o ambientali a determinare tale conflitto, il risultato è molto simile a quanto vediamo quotidianamente ripetersi tra le comunità umane.
Il cannibalismo è pratica comune tra molti animali ed è collegata soprattutto all’accoppiamento – dalla mantide religiosa che, dopo essere stata fecondata, si ciba del maschio partendo dalla testa per avere le proteine necessarie alla produzione di uova; alla vedova nera, che preferisce avvolgere il maschio nella ragnatela per poi mangiarlo (come fanno altri ragni o le femmine della specie di grillo, cyphoderris strepitans, che bevono persino il sangue dei maschi).
Quando si usa l’aggettivo ‘squalo’ per un individuo privo di scrupoli forse non si è lontani dalla realtà (se non fosse intrinsecamente scorretto antropomorfizzare i comportamenti animali). In effetti, le femmine di squalo hanno due uteri con centinaia di uova, che sono fecondate da più maschi. Ancora all’interno del grembo materno, i piccoli squali che stanno crescendo si cibano delle uova rimaste e degli embrioni dei propri fratelli finché non rimangono che due piccoli pronti a nascere – uno per utero. Se il cannibalismo intrauterino e l’ovofagia è caratteristica di diverse specie carnivore che generano più embrioni alla fecondazione, le bisce dal collare sono ‘maestre’ di uccisioni particolarmente ‘crudeli’ (secondo gli standard umani), ovvero ingeriscono da vive le proprie prede – rane, topi, lucertole e insetti. L’anaconda, al contrario, soffoca e stritola le sue, che possono essere anche mammiferi, grandi roditori e alligatori.
E infine segnaliamo un insetto particolarmente colorato, flessuoso ed elegante come l’ichneumonidae, che usa il corpo di ragni, bruchi, larve o altri insetti come incubatrici per le proprie uova – le quali, una volta schiuse, danno origine a larve che si nutrono delle loro ‘vittime’ mangiandosele dall’interno.
In breve, dovrebbero essere proprio l’etica, la razionalità, la nostra capacità di ragionare, discernere e compartecipare il dolore a renderci differenti dagli animali. Pensare, al contrario, di eleggere il comportamento animale a modello è ciò che ci rende istintivi e violenti. Ma se agli animali non si può imputare la mancanza di etica, agli esseri umani si può e si deve.
(1) L’articolo completo: https://www.iltascabile.com/scienze/guerra-scimpanze/
venerdì, 28 giugno 2024
In copertina: Foto di PIRO da Pixabay