“Nella PA ci sono troppi fannulloni. Andate a lavorare invece di rubare lo stipendio!”
di Federico Giusti
Oltre al titolo e al catenaccio, aggiungiamo: “Gli stipendi negli enti locali sono troppo bassi, bisogna pensare a incentivi ad personam e al welfare integrativo per invogliare i giovani”. Sono tutte frasi tratte dal web all’indirizzo della forza lavoro impiegata nella PA.
Nella Pubblica Amministrazione da qui ai prossimi cinque anni, ovvero tra il 2024 e il 2028, si prevedono quasi 738mila nuovi ingressi che riusciranno a coprire i posti perduti per i pensionamenti previsti che dovrebbero ammontare a circa 680 unità. E ricordiamo che decine di migliaia di dipendenti sono rimasti tre anni in più a lavorare per effetto della Riforma previdenziale Fornero. Se pensiamo poi ai dieci anni di blocco della contrattazione e delle assunzioni, ai posti di lavoro perduti negli ultimi vent’anni anche con questa straordinaria leva assunzionale gli organici resteranno insufficienti.
Pochi anni or sono L’Osservatorio Cpi (1) scriveva: “Se si volesse tornare nel 2026 al rapporto tra occupati e popolazione medio del periodo 1980-2021, l’occupazione dovrebbe salire dalle 3,36 milioni di unità annue di lavoro del 2021 a 3,54 milioni di unità. Applicando lo stesso aumento percentuale ai lavoratori pubblici a tempo indeterminato si passerebbe da 3,24 milioni di lavoratori a 3,42 milioni”. I dati sono impietosi. Se pensiamo ai lavoratori della PA dovremmo guardare ai processi decisionali che hanno portato alla progressiva erosione degli organici e alla sistematica perdita di potere di acquisto dei salari con crescenti disuguaglianze tra i vari comparti nei quali è suddiviso il settore pubblico.
Ci viene raccontata una storiella secondo la quale il Pnrr andrà a rivalutare i reali fabbisogni del pubblico, peccato che le assunzioni previste per il raggiungimento degli obiettivi del Piano siano in prevalenza a tempo determinato.
Sempre nelle scorse settimane vari gruppi parlamentari hanno presentato alcune proposte di legge per la riduzione della settimana lavorativa a parità di salario. Se guardiamo ai problemi reali non sbaglieremmo a definire questa ipotesi percorribile nel privato ma difficoltosa nel pubblico dove le carenze di personale sono ormai evidenti. Mancano infermieri, medici, tecnici e impiegati. Una complessiva riorganizzazione della macchina pubblica potrebbe anche portare a processi di esternalizzazione di innumerevoli servizi pur sapendo che i benefici negli anni scorsi sono stati ben pochi, utili a ridurre la spesa di personale e gli organici ma con risultati poco apprezzabili se analizzassimo la qualità del lavoro, e i livelli retributivi e contrattuali degli esternalizzati.
La tendenza a favorire interinali e cooperative è particolarmente forte nella sanità, mentre gli enti locali hanno progressivamente esternalizzato innumerevoli figure professionali che oggi risulterebbero, al contrario, necessarie e forse anche più convenienti.
Gli esternalizzati guadagnano meno della forza lavoro della PA, sono inquadrati con contratti sfavorevoli e hanno orari settimanali superiori alle 36 ore, eppure portano a casa stipendi di poco superiori alla soglia di povertà e sono in buona parte a part-time.
Che il pubblico abbia bisogno di personale è indubbio ma bisogna intenderci su quali figure professionali assumere. Se prevarrà la scelta di optare per figure apicali o se, al contrario, andremo a bandire concorsi per tecnici, amministrativi, educatori, per ruoli esecutivi e non principalmente per le figure – come scrivevamo – apicali. In seconda istanza ci sarà da aggiornare i profili professionali fermi a trent’anni or sono ma non prima di avere deciso quale sia la volontà del Governo, ossia se rilanciare il pubblico a partire dalla gestione diretta dei servizi o se andare verso nuovi processi di privatizzazione ed esternalizzazione.
Chiudiamo considerando che ai bassi salari oggi esistenti negli enti locali è imputato di essere tra le cause della perdita di oltre 10mila organici all’anno. Ma non è solo lo stipendio modestissimo a tenere lontano i giovani, quanto le difficoltà che incontrano a operare in contesti nei quali il raggiungimento degli obiettivi di mando dei Sindaci è divenuto una sorta di imperativo categorico, a prescindere dalle risorse destinate alle assunzioni e alla formazione per non parlare dei carichi di lavoro crescenti.
I nodi sono giunti al pettine e scioglierli dovrà essere il primo compito per Governo e sindacati.
Bibliografia:
https://www.lentepubblica.it/personale-e-previdenza/settimana-corta-pubblico-impiego
https://www.lentepubblica.it/wp-content/uploads/2024/03/report_previsivo_2024-28-1.pdf
https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-l-occupazione-nel-settore-pubblico-in-italia
(1) Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani
venerdì, 21 giugno 2024
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay