da Cartoline dalla Cambogia
di Simona Maria Frigerio
Eccomi qui, puntuale alle 19.00 come ogni sera, terza della fila, ben visibile sotto le luci sparate al neon dalla vetrina. Identica o quasi a tutte le altre. Stesso vestito tipo sottoveste lungo fino alla caviglia con due spacchi laterali da metà coscia e spalline sottili per fare intravedere quelle del reggiseno – perché sembra sia erotico. Stesso tessuto e colore per tutte: lamé argento che diventa cangiante sotto i neon e fruscia quando te lo sfili. Tacchi a spillo 12 che sono un martirio ma tanto non è che dobbiamo farci la maratona… Capelli tagliati a metà spalla con frangia: l’unica differenza, la tinta delle punte che deve intonarsi al colore delle lenti a contatto. Io le ho viola. Il mio unico tratto distintivo. Quello che mi fa additare dai clienti. E così dopo due ore, ogni sera, piango come un vitello per il bruciore agli occhi e nemmeno una cipolla di balsamo mi basta per ammorbidire le ciocche bruciate dalla tinta. Ma tant’è. Dobbiamo sembrare interscambiabili come comparse di una tragedia che non ci appartiene. Anonime come innocenti collegiali in colonia. Assumo l’espressione della collegiale e rido tra me. Poi faccio spallucce: almeno qui è pulito e c’è l’aria condizionata, non come in quel negozio di massaggi dov’è finita la mia amica.
Avevano proposto anche a lei di venire qui con me. Ma era troppo orgogliosa e indipendente: preferiva mettersi in proprio! E guarda com’è finita: ha creduto di potersi arricchire facilmente e si ritrova a pulire cessi, spupazzarsi il figlio del cinese e mandare in giro la bambina a vendere pezze ai turisti… Quando la vedo, io, la sera, passare fuori dal club, a volte chiedo alla padrona di darle qualche migliaio di riel da sottrarre alla mia percentuale. E vedo che lo fa, ma dubito che ci faccia su anche la cresta. Del resto, sai che differenza fa? Qui siamo obbligate a usufruire di una serie di servizi per i quali dobbiamo pagare mensilmente: visita medica ed esami ogni 20 giorni, Prep (perché mai che ne trovi un cliente che accetti di usare il preservativo!), pillola anticoncezionale, pulizia dei denti semestrale, parrucchiere, manicure e pedicure settimanali, massaggi e lavanderia. E se non bastasse, paghiamo l’affitto della stanza in cui lavoriamo e viviamo e il cibo che la padrona decide di passarci perché restiamo in taglia!
Mi ci vorranno due vite prima di guadagnare abbastanza per ritornare nel mio paese. Del resto, non c’è più nessuno ad aspettarmi e mi chiedo se qualcuno avrebbe ancora il coraggio o la voglia di rivolgermi la parola…
A me, però, non va così male come alla ragazza che arriva dall’Isaan. Lei deve anche ripagare quelli che l’hanno portata qua con la scusa che avrebbe lavorato come cameriera in un ristorante chic in uno dei grattacieli della zona del lago – quelli ancora in costruzione, per intenderci… Che risate quando ci ha fatto vedere le foto della torre che le avevano girato i trafficanti e noi le abbiamo detto che erano rendering… Manco sapeva cosa fosse un rendering… Faceva meglio a prostituirsi restando in Thailandia, almeno lì sei indipendente, puoi auto-gestirti. I turisti cercano una fidanzatina più che una puttana. Ci vai in giro, ci trascorri insieme anche due o tre settimane, a volte anche un paio di mesi. Non come qui, che ti passano a tre o quattro diversi per notte. E poi, se sei fortunata, te lo sposi il cliente e ci metti su una bella attività turistica oppure ti trasferisci negli Stati Uniti o in Germania o in Italia, e fai la mogliettina esotica. Rido tra me e scuoto le spalle come per cancellare l’immagine della Thai con barboncino e re al guinzaglio. Se c’è una cosa di cui sono certa è che quando torno al paese non voglio più vedere un uomo nel mio letto. Voglio tornare a fare il bagno in mare tutta vestita, come quando eravamo bambine!
Sospiro. Mi alzo sui tacchi 12 e mi avvicino traballante alla porta a vetri: fuori hanno parcheggiato due suv neri di un ricco cambogiano che viene un paio di volte al mese portando i suoi clienti occidentali: investitori, soprattutto statunitensi, rapati e perennemente con gli occhiali a specchio, che in cambio di promesse ottengono serate a base alcolica con contorno di ragazze. I suoi body-guard stanno circondando le auto prima di farli scendere, come in uno di quei film sulla mafia cinese o giapponese. Mi fanno ridere: di cosa hanno paura? Del ragazzino del mercato centrale che blatera sogni mangiando un amok con la sua ragazza, al tavolino sotto il lampione?
Ma poi la vedo passare, come ogni sera: la ragazza con la canotta mi sorride. Ha registrato tutto come una telecamera. Sarà lei a regalarmi un ruolo da protagonista e non da comparsa.
venerdì, 24 maggio 2024 (la settimana prossima, un nuovo racconto)
Per chi si fosse perso i precedenti:
In copertina: Foto di Calen Sindar da Pixabay
(Cartoline dalla Cambogia, di Simona Maria Frigerio ©2024, tutti i diritti riservati, vietata la pubblicazione integrale o parziale senza il consenso dellʹautrice)