Profitto e sapere: un nuovo conflitto ideologico?
di Federico Giusti
Dobbiamo credere alle parole del presidente Usa o riflettere sulle ragioni economiche che alimentano il ricorso alla guerra? E quanto accade nei campus Usa sarà un modello repressivo da adottare nelle università italiane?
Le parole di Joe Biden vanno prese con le molle perché, da una parte, annuncia la fine del rifornimento di proiettili da artiglieria ma, al contempo, non rinuncia a supportare Israele e il suo diritto alla esistenza e ‘all’autodifesa’ (sic!), tacendo su ben altre forniture belliche da tempo accordate a Gerusalemme e senza alcuna revisione della politica estera fino a oggi intrapresa.
Resta il fatto che alcune diplomazie europee siano perfino arretrate rispetto a Biden preferendo in queste ore tacere.
Il nuovo maccartismo si è manifestato con forza nella società statunitense nelle ultime settimane, ha preso di mira prima i luoghi di lavoro dove si sono organizzati scioperi e proteste per poi accanirsi contro i campus universitari minacciando direttamente la libertà di parola e di manifestare, l’autonomia della ricerca e anche il semplice diritto a riunirsi in assemblea. Numerose università sono da giorni presidiate da vigilantes e dalle forze dell’ordine, centinaia di studenti sono stati arrestati o sospesi dalle lezioni.
Il Governo Italiano, di fronte al dilagare delle proteste nelle nostre università, potrebbe usare la mano forte scimmiottando i padroni statunitensi, nei prossimi giorni, se le occupazioni aumenteranno – e non è da escludere una stretta repressiva invocata per altro da esponenti del Governo.
Il Congresso e il Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti hanno aperto indagini su numerose scuole e università, sospeso studenti, ricercatori e insegnanti utilizzando il pretesto dell’antisemitismo per giustificare la campagna repressiva. La stessa accusa è mossa anche agli studenti italiani, mostrando poca dimestichezza con la storia contemporanea dacché si confonde l’antisionismo e la critica al Governo di Israele con l’odio verso gli ebrei.
Il lancio dell’assalto israeliano a Rafah ha creato una vera e propria catastrofe umanitaria, decine di migliaia di palestinesi sfollati, senza acqua e senza cibo; i rifornimenti di generi alimentari delle Nazioni Unite sono stati bloccati dai coloni e solo dopo ore la polizia israeliana permette il transito di parte dei convogli.
Circa 1,2 milioni di sfollati sono attualmente ammassati a Rafah senza cibo, acqua, servizi igienici o medicine sufficienti, oltre 1 milione di abitanti di Gaza vive in condizioni disumane, si parla di “insicurezza alimentare catastrofica”, un terzo dei bambini di età inferiore ai due o tre anni soffre di malnutrizione acuta.
A oggi i morti palestinesi sono ben oltre le 35 mila unità, di cui il 70% è costituito da donne e bambini: una catastrofe umanitaria occultata per negare esplicitamente il diritto dei palestinesi a resistere all’occupazione israeliana.
L’abbandono dei tavoli negoziali da parte delle autorità israeliane è arrivato in contemporanea all’avvio dell’offensiva militare.
Lo stato di guerra nei territori palestinesi è perpetuo: decenni di occupazione militare, di colonialismo da insediamento con la sistematica cancellazione dei diritti civili, umani e politici per la popolazione palestinese – abituata ormai a convivere con questa situazione di perenne e inaudita violenza.
Non passa giorno in cui non ci sia una incursione militare israeliana, la distruzione di una casa di qualche sospetto terrorista o la requisizione di terre; non passa giorno in cui israeliani, forze armate e coloni, non esercitino le loro violenze contro palestinesi e arabi.
Solo l’ignavia occidentale permette all’opinione pubblica di girarsi dall’altra parte e negare la realtà dei fatti: Israele è uno stato colonialista che applica l’apartheid e la guerra in corso è un genocidio.
I partiti al Governo in Israele non hanno alcun interesse a un accordo di pace perché devono la loro esistenza all’apartheid, all’espulsione sistematica dei palestinesi e, con l’ausilio dei media occidentali, rivendicano il diritto all’autodifesa. E chi pensa che l’eventuale elezione di Trump alla presidenza Usa possa rappresentare un’inversione di tendenza dovrà ricredersi dopo le sue accuse a Biden di volere abbandonare Gerusalemme: Trump è il mediatore degli Accordi di Abramo che si ergevano sulla negazione del diritto palestinese all’autodeterminazione.
La guerra in corso ha un peso determinante sulle sorti delle elezioni Usa: ci sono fiumi di denaro di imprese di armi e di lobby destinati a sostenere chiunque voglia alimentare il colossale giro d’affari attorno ai conflitti bellici.
Biden per mesi ha elargito a Israele miliardi di dollari in aiuti militari e, solo davanti alle proteste nei campus, ha fermato le consegne di bombe a Tel Aviv poiché la guerra in corso presenta costi economici e politici rilevanti che potrebbero far vacillare anche la democrazia capitalistica per eccellenza.
Ma da qui a credere a un’inversione di rotta corre grande, troppa, differenza.
venerdì, 17 maggio 2024
In copertina: Foto di Hosny Salah da Pixabay