La sezione Montagnaterapia del CAI di Bolzano compie 15 anni di vita
di Roberto Rinaldi
Quindici anni: un traguardo importante in grado di dimostrare «un nuovo paradigma nell’ambito della salute mentale… un’attività riabilitativa, nata in modo spontaneo e indipendente in varie regioni d’Italia – sulla scorta di esperienze pionieristiche in altri Paesi – e portata avanti da diversi anni, suscitando crescenti consensi» (1).
Il 14 marzo scorso l’anniversario è stato celebrato al Teatro Cristallo di Bolzano, in cui si è ricordata la costituzione avvenuta nel 2009, grazie alla collaborazione fra la Commissione Escursionismo e la Scuola di Alpinismo del CAI di Bolzano, il Servizio Psichiatrico dell’Azienda Sanitaria di Bolzano e l’impegno di operatori del Centro di Riabilitazione Psichiatrica e il Centro di Salute Mentale. Un sodalizio ricordato dal dottor Luigi Basso, medico psichiatra responsabile del progetto MT, Cesare Cucinato (ANE), accompagnatore nazionale di escursionismo CAI Bolzano; Luca Carrara operatore socio sanitario; e l’infermiere Marco Ulizzi, specializzati nel settore psichiatrico.
Il dottor Basso nel suo intervento ha spiegato come sia fondamentale ribadire il concetto di libertà, come un «diritto di cittadinanza e inclusione sociale dal significato terapeutico e questo mi rimanda a Franco Basaglia, se penso alla società che non permette altrimenti il ricongiungimento degli affetti sociali. Il CAI ha un mandato che va nella direzione di promuovere, in base alle risorse di comunità composte dalle persone e dalla natura in cui vivono. Ed ecco che le risorse della montagna promuovono la consapevolezza di sé, la possibilità di organizzarsi e relazionarsi con gli altri, conosciuti nel gruppo di escursionisti, di agire sulle relazioni e il benessere fisico-psichico, sulle attività di gruppo, favorendo la coesione, condividendo anche la fatica e il risultato quando si giunge alla meta».
Luca Carrara segue i pazienti del Centro di Riabilitazione Psichiatrico accompagnandoli nelle escursioni organizzate dal CAI: «Favorire l’inclusione significa guardare la persona e non la malattia e con la pratica della montagnaterapia si osserva quello che funziona della persona e non quello che non funziona. Si dà importanza agli obiettivi che ci si prefigge prestando attenzione alle decisioni da prendere insieme (come nel problem solving), dimostrando flessibilità. Bisogna saper riconoscere la gestione emotiva dell’esperienza, l’autoconsapevolezza, l’autostima e la fiducia in se stessi, così da migliorare il tono e l’umore. Questa pratica migliora la parte socio-relazionale e la comunicazione, l’empatia, il senso di appartenenza e la solidarietà di gruppo, oltre a beneficiare la salute fisica, il tono muscolare e nel suo insieme tutti gli aspetti sistemici».
L’esperienza degli operatori sanitari e quella degli accompagnatori del CAI sopracitata è rintracciabile in Montagnaterapia (Edizioni Erickson), in cui si parla dell’attività riabilitativa basata sull’evidenza che la frequentazione della montagna ha un’importante valenza terapeutica, in particolare per i pazienti psichiatrici. Un vero e proprio compendio scientifico, in cui sono trattati in modo esauriente e scientifico gli aspetti più salienti di un’attività dove i benefici sono dimostrabili e ripetibili nella pratica clinica che è elaborata costantemente.
La montagnaterapia si è sviluppata sempre più con successo e determinazione, da parte di chi la organizza e di chi ne usufruisce, specie in ambito psichiatrico. Gli autori analizzano le diverse categorie (salute mentale e psichiatria, dipendenze, minori, disabilità intellettive), iniziando doverosamente con l’introduzione su quelli che sono i “Presupposti teorici della montagnaterapia”, una sorta di enunciato che analizza le fondamenta teoriche sulle quali si basa la nascita di questa attività.
Paolo Di Benedetto (medico psichiatra, psicoanalista, già componente della Commissione Centrale Medica del CAI, socio fondatore e consigliere SIMonT, Società Italiana di Montagnaperapia), ricorda i primi incontri tra operatori sanitari in ambito psichiatrico con l’intenzione di far nascere una progettualità sistematizzata a partire dall’importanza del camminare in montagna. L’evoluzione nel corso del tempo di questa particolare terapia ha permesso di raggiungere traguardi importanti: «… le buone pratiche riabilitative dedicate ai pazienti si impegnano a utilizzare la montagna, il suo ambiente e i suoi attori, guide, sanitari, educatori e volontari, come scenario di questo incessante tentativo di messa in forma. Passeggiare e camminare in un setting e con modalità ben strutturate rappresenta una grande opportunità di cura, di sostegno pedagogico e umano (…). Grazie all’elaborazione effettuata nella clinica e nella sua pratica, le attività riabilitative in montagna si sono inscritte definitivamente nell’insieme degli interventi terapeutici dedicati alla creazione di uno spazio vitale, luogo metaforico ove si integra e sutura la faglia specifica che riguarda l’immagine corporea dei pazienti che abbiamo in cura».
Angelo Brega, medico psichiatra, (membro della Commissione Medica Interregionale del CAI Veneto-FVG e socio fondatore SIMonT), cita il padre della riforma psichiatrica italiana, Franco Basaglia, per il quale l’essere umano è in stretta relazione con la natura in cui vive e l’ecopsicologia è uno dei fondamenti teorici su cui si basa la validità della montagnaterapia, ossia si afferma l’importanza di una relazione equilibrata tra uomo e natura: «…essenziale per il benessere emotivo e spirituale dell’uomo: una visione coerente con le tradizioni terapeutiche dei popoli indigeni del passato e del presente, ma che manca nelle teorie psicologiche attuali dell’Occidente (Roszak, Gomes e Kanner, 1985)».
Si ribadisce, quindi, come sia un principio inderogabile favorire un rapporto definito «armonico con il mondo naturale», indispensabile per usufruire del benessere sia fisico che psicologico, per vivere in un ambiente naturale, quando è comprovato, al contrario, un decadimento delle condizioni di vita se l’ambiente di vita è scadente e negativo.
Il concetto di “Comunità e territorio” si ispira a chi, nella sua carriera professionale di psichiatra, si impegnò a creare una relazione tra l’istituzione chiusa e l’ambiente esterno: «Un’altra idea fondante della montagnaterapia è la convinzione che tale pratica si ponga in continuità ideale con il movimento di riforma della psichiatria italiana, che ha avuto in Franco Basaglia la sua figura più rappresentativa. Questo movimento ha portato alla promulgazione, nel 1978, della Legge 180/1978, che ha sancito l’abolizione dei manicomi, nel contesto di una riflessione radicale sul significato dell’agire psichiatrico. Punto centrale di questa riforma era la necessità di abbattere le mura dell’istituzione manicomiale (esempio di ‘istituzione totale’, secondo la definizione di Goffmann, del 2003) e di portare il lavoro di cura nella comunità, ovvero nel territorio (…)». Le citazioni seguenti nel paragrafo esaminano attentamente le diverse accezioni e significati del termine ‘comunità’ in ambito psichiatrico: è da qui che si innesta il collegamento con l’argomento trattato: «In quest’ottica, anche la definizione di territorio va riconsiderata: nella montagnaterapia il territorio non è limitato al contesto della pólis, ma esteso all’ambiente naturale, che circonda e accoglie la comunità degli uomini, venendone a sua volta modificato».
Il valore terapeutico per i pazienti è sempre più riconosciuto dalla comunità scientifica, grazie all’impegno degli operatori sanitari, specializzati nel settore della salute mentale, unitamente alla passione per la montagna, a cui si sommano altre motivazioni come quelle estetiche, scientifiche, etiche, dove il benessere dell’uomo si estende su le altre specie viventi, e il rispetto dell’ambiente. Nel capitolo dedicato a Salute mentale e montagnaterapia, Fiorella Lanfranchi ed Eleonora Cossu spiegano come: «con la montagnaterapia la persona diventa soggetto attivo della propria guarigione e impara a prendersi cura di sé e degli altri, in un cammino materiale e simbolico che procede contemporaneamente nella propria individualità, nel gruppo e nella comunità. In questo ambiente si creano percorsi di cura della persona, che, attraverso il camminare, traccia un sentiero e modifica il territorio. Si sviluppa così una diversa modalità di vivere la malattia psichiatrica, con maggiore consapevolezza di sé, dei propri limiti e dei punti di forza, maggiore capacità di gestire i sintomi della malattia e maggiore resilienza». E il passaggio successivo segna un caposaldo fondamentale per avvalorare l’importanza che assume questa pratica: «La montagnaterapia ha l’ambizione di curare la persona, non solo la malattia, attivando un percorso di crescita e sviluppo della personalità».
La montagna è un luogo di cura privilegiato e adatto ad accogliere persone in stato di sofferenza psichica in alternativa agli spazi deputati come reparti e strutture sanitarie. Fondamentale seguire quella che si definisce Psichiatria di Comunità, il cui mandato è quello di favorire e agevolare percorsi di socializzazione integrati, agendo sull’eliminazione dello stigma per promuovere l’inclusione sociale. Gli obiettivi sono molteplici quando si vengono a creare attività di montagnaterapia. Pensiamo al recupero della consapevolezza corporea grazie a un impegno fisico che permette il miglioramento del tono muscolare e l’equilibrio posturale, indicato in persone affette da patologie psichiatriche ormai abituate all’inattività. L’escursionismo è tra le attività più adatte a favorire e a migliorare la qualità di vita e a ricreare rapporti di socializzazione, allentare il senso di isolamento sociale, sentirsi appartenenti a un gruppo solidale, in un contesto di vita che fa sentire tutti alla pari: pazienti e operatori sanitari, insieme agli accompagnatori specializzati del CAI.
(1) Angelo Brega, La Montagnaterapia come nuovo paradigma per la salute mentale in Montagnaterapia (capitolo terzo, pag. 33)
MONTAGNATERAPIA
Introduzione (Roberta Sabbion)
Prima parte – Montagnaterapia (a cura di Angelo Brega)
Origini del movimento: il graduale passaggio alla ricerca di un approccio condiviso (Paolo Piergentili e Sandro Carpineta)
Presupposti teorici della montagnaterapia (Paolo Di Benedetto)
Seconda parte – Montagnaterapia e salute mentale (a cura di Fiorella Lanfranchi ed Eleonora Cossu)
La montagnaterapia come nuovo paradigma per la salute mentale (Angelo Brega)
Salute mentale e montagnaterapia (Fiorella Lanfranchi ed Eleonora Cossu)
Terza parte – Montagnaterapia e dipendenze (a cura di Massimo Galiazzo)
Inquadramento: DUS e dipendenze comportamentali
Dipendenze patologiche e montagnaterapia
Antologia delle esperienze di montagnaterapia e dipendenze (clinica della formazione)
Quarta parte – Montagnaterapia e minori (a cura di Emanuele Frugoni e Massimo Galiazzo)
Inquadramento: montagnaterapia con i minori
Apprendere dall’esperienza e montagnaterapia
Antologia delle esperienze di montagnaterapia e minori (clinica della formazione)
Quinta parte – Montagnaterapia e disabilità intellettiva (a cura di Donatella Silvia Rizzi)
Affrontare le disabilità intellettive con la montagnaterapia (Silvia Berti, Francesco Saverio Borrini, Gianluca Riccardi e Donatella Silvia Rizzi)
Sesta parte – Qualità dei progetti e appendice (a cura di Paolo Piergentili)
La qualità dei progetti di montagnaterapia (Paolo Piergentili e Roberta Sabbion)
Appendice
Il mantello di San Martino – L’ ultimo viaggio di Luisa raccontato a più voci (Renato Osele, Giliola Galvagni, Claudio Colpo, Stefano Bertoldi, Sara Foradori ed Enrico Tozzi)
Bibliografia
venerdì, 3 maggio 2024
In copertina: Il dottor Luigi Basso in conferenza. Foto e articolo dell’Autore, vietata la riproduzione anche parziale (tutti i diritti riservati). Nel pezzo: locandina della conferenza e copertina del libro