Lo sviluppo e la cura della salute mentale in Spagna e Portogallo
di Noemi Neri (traducción en castellano a pie de página)
Si è tenuta a marzo, ad Almeria, la conferenza annuale intitolata IV Colloquio San Giovanni di Dio e la riforma della infermeria. Lo sviluppo e la cura della salute mentale in Spagna e Portogallo (1). L’evento, di due giorni, è stato organizzato dal Colegio de Infermería de Almería, Consejo Andaluz de Colegios de Enfermería e Enfermero Juan de Dios.
Fin dall’inizio è stato evidenziato come la sensibilizzazione verso la salute mentale stia diventando sempre più centrale. L’attenzione a questa tematica, infatti, sta subendo una trasformazione positiva. A fronte dei dati ufficiali post pandemia, secondo cui in Spagna una persona su quattro soffre di ansia e depressione e il 20% della popolazione soffre di problemi di salute mentale, che possono causare una morte prematura, sono sempre di più i luoghi aperti all’inclusione e volti alla cura della persona nella sua totalità.
Quello dell’accoglienza a 360° è un concetto che fa capo proprio a San Giovanni di Dio, ed è il dottor Francisco Ventosa, Direttore del Centro Universitario di Infermeria San Giovanni di Dio di Bormujos – Siviglia, a entrare per primo nel merito della vita del santo patrono degli infermieri. San Giovanni di Dio nasce a fine del 1400 in Portogallo, finita la vita militare si stabilisce a Granada dove passerà il resto della propria vita. Qui fa il mestiere del libraio fino a quando non ascolta la predica del mistico Giovanni D’Avila, in seguito alla quale ha una crisi tanto da essere considerato pazzo per il suo comportamento e rinchiuso in manicomio, dove resta alcuni mesi. Prima di uscire si guadagna l’ammirazione del personale per l’essersi messo a disposizione nella cura degli altri pazienti, vocazione che coltivava da tempo e che sfocia nella fondazione del suo primo ospedale. San Giovanni di Dio passa da essere considerato pazzo, o santo, a gestore e infermiere.
L’uomo accoglie tutti indistintamente: “Essendo questa casa di carattere generale, accoglie generalmente persone di ogni malattia e genere, tanto che qui ci sono storpi, mutilati, lebbrosi, muti, pazzi, paralitici, tignosi e altri molto anziani e molti bambini e, senza questi, molti altri pellegrini e viaggiatori che vengono qui” (2). San Giovanni di Dio introdusse alcuni cambiamenti radicali per l’epoca, come l’idea di disporre i pazienti separati ognuno nel proprio letto, la distribuzione di cibo e medicine durante il giorno e l’assistenza notturna. Il suo approccio all’assistenza riguarda la cura della persona nella sua interezza, non considerando solo la malattia in sé, ma anche la relazione con il paziente.
La figura del Santo è trasversale durante tutto il convegno, molti tra i medici e infermieri presenti ne seguono la filosofia prendendo il suo operato come fonte di ispirazione.
A intervenire ci sono anche alcune studentesse di infermeria. La dottoressa Maria Francisca Guimarães illustra le qualità che sono richieste a un infermiere portoghese nel XX° secolo. In particolare, analizza due manuali destinati al corso per infermieri del Manicomio do Telhal e del Manicomio Miguel Bombarda: Enfermagem de Alienados di Luís Cebola (1932) e Apontamentos das Lições de Psiquiatria. Curso de Enfermagem do Manicómio Bonbarda di Fernando Ilharco (1934). I testi mettono in luce l’importanza della compassione: il paziente doveva essere trattato al pari delle altre persone e accudito tramite un ascolto attivo. La dottoressa Alba Paloma riporta la sua esperienza all’interno di una struttura psichiatrica di Madrid, spiegando come sia passata dal timore nei confronti dei pazienti, alla tenerezza. Sottolinea in particolare l’importanza dell’individualizzazione, ossia pazienti con la stessa diagnosi e la stessa terapia possono necessitare di approcci differenti nella relazione interpersonale. Infine, la dottoressa Laura Cerdán fa un excursus sulla salute mentale attraverso il tempo, ripercorrendo le tappe principali degli studi di medicina e l’apertura delle strutture di accoglienza.
La conferenza non ha mancato di affrontare la relazione tra salute mentale e arte psicopatologica. A intervenire sull’argomento, il dottor Calixto Andrés Plumed, Responsabile dell’Archivio del Patrimonio dell’arte Psicologico, psicologo clinico e infermiere specialista in salute mentale, nonché Professore alla Scuola Universitaria di Infermeria San Juan de Dios di Comillas. Plumed organizza annualmente tre esposizioni con opere di “persone con disturbi mentali che dipingono e di artisti che si ammalano”. Generalmente chiede ai pazienti di accompagnare l’opera con una frase che sintetizzi il loro intento, spiegando che l’arte può essere un’opzione come terapia. Persone che hanno difficoltà nel comunicare, possono trovare nella creatività un modo simbolico per esprimere ciò che non riescono a dire. Il fondo nero, la presenza del sangue, per esempio, sono caratteristiche comuni di persone affette da depressione. Al termine del convegno mi ha raccontato di un paziente di cui ha allestito una mostra fotografica. Per ogni soggetto aveva scattato due fotografie identiche, una fuori fuoco e una a fuoco, le quali erano state disposte rispettivamente su due colonne. Quando gli è stato chiesto il perché delle due tipologie di foto, il paziente ha spiegato: “la prima è come vedono i malati mentali, la seconda è come vedono i bambini”.
La dottoressa Conchita Ochotorena e il dottor Francisco Benavides, direttore dell’Archivio del Museo Casa de los Pisa, hanno affrontato la figura di Benito Menni, inviato in Spagna da Roma, nel 1867, per ristabilire l’Ordine di San Giovanni di Dio. La Dottoressa Analisa Candeias, Professoressa dell’Università do Minho e membro della Società portoghese di Storia dell’Infermeria, ha spiegato lo sviluppo dell’Ordine Ospedaliero e l’assistenza ai malati mentali dalla fine del 1500 fino ai giorni nostri, un excursus che evidenzia l’importanza delle vicissitudini politiche, belliche e religiose nello sviluppo delle strutture dedicate all’accoglienza.
Per concludere la conferenza, si rimette al centro della discussione la città di Almeria, luogo dove è avvenuta la prima operazione del mondo al cuore, per opera del chirurgo catalano Don Francisco Romero, nel 1801. Al medico dobbiamo anche la cura della sifilide, nonostante sia stato additato come pazzo e perseguito dal Comune per i suoi esperimenti. Il chirurgo era convinto che, per curare la malattia, fosse sufficiente riconoscerne i sintomi con anticipo. Per dimostrarlo arrivò a iniettarsi il virus sì da studiare le conseguenze su se stesso. Annotò, dunque, i vari sintomi e riuscì a curarsi. In seguito, replicò l’esperimento su un bambino di sette anni curando anche lui.
L’ultimo intervento è stato quello di Alejandro Buendía, infermiere del Complesso Universitario Ospedaliero di Torrecárdenas e direttore del Museo della Scrittura Popolare di Terque. Buendía ha raccontato di aver trovato al lato di un cassonetto una cassa con documenti e cartelle cliniche del manicomio di Almeria degli anni 30-40 e 50. Tra i documenti c’era una lettera che una paziente indirizzava allo psichiatra dell’ospedale. Si trattava, nello specifico, di una lettera d’amore per l’amministratore del manicomio: “Manicomio di San José Almeria, settembre 1937. Dottor Arigo, poiché non è così facile tenere una conferenza senza testimoni, ricorro a questo mezzo per esprimere le mie idee e sentimenti e ho piena fede sul potere che lei esercita in ogni caso e circostanza e a maggior ragione con tutte le persone di questo stabilimento.
Ebbene, mi capita proprio che dentro di me e nel mio cuore ci sia un sentimento di affetto e di simpatia senza poterlo evitare nei confronti di una persona di cui, anche con contatti frequenti, ho potuto apprezzare le sue buone qualità e ho avuto l’illusione di credere che fosse lui la persona mandata per unire i nostri destini, ma ora sento che ha già rapporti con una delle infermiere, Isabel Ortega, e il compagno a cui mi riferisco è il Signor Amministratore del Manicomio, dicono che le abbia scritto e che hanno una relazione, se questo è vero, non sono disposta a soffrire così tanto se lui non è per me ed è vero che si unirà a un’altra, che li trasferisca entrambi e se questo Signore è per me allora che non se ne vada mai.
Un saluto a lei. Servitrice Elisa Parra” (3).
La conferenza IV Colloquio San Giovanni di Dio e la riforma della infermeria ha riportato alla luce non solo l’importanza dell’attenzione alla salute mentale, ma anche il valore intrinseco della compassione e dell’accoglienza umana nel campo dell’assistenza sanitaria. Attraverso la testimonianza di San Giovanni di Dio, trasformatosi da ‘pazzo’ a curatore e gestore, gli interventi di storici e gli operatori presenti, è emersa la centralità della relazione interpersonale e della cura integrale della persona. La scoperta di una lettera d’amore, nascosta tra le pagine dimenticate del passato, dà voce al lato più umano e vulnerabile della condizione umana ricordandoci che, dietro a ogni diagnosi o terapia, ci sono persone con sentimenti, speranze e desideri.
(1) IV Coloquio San Juan de Dios y la reforma de la enfermería. El desarrollo del cuidado de la salud mental en España y Portugal
(2) “Siendo esta casa de carácter general, se reciben en ella generalmente de todas enfermedades y suerte de gentes, así que aquí hay tullidos, mancos, leprosos, mudos, locos, paralíticos, tiñosos y otros muy viejos y michos niños y, sin estos, otros muchos peregrinos y viandantes que aquí se allegan”
(3) La traduzione non ha mantenuto gli errori presenti nel testo originale
IV Coloquio San Juan de Dios y la Reforma de la Enfermería
El desarrollo del cuidado de la salud mental en España y Portugal
Traduzione in castigliano
di Noemi Neri
En marzo se celebró en Almería el congreso anual IV Coloquio San Juan de Dios y la Reforma de la Enfermería. El desarrollo del cuidado de la salud mental en España y Portugal. El evento, de dos días de duración, fue organizado por el Colegio de Infermería de Almería, el Consejo Andaluz de Colegios de Enfermería y Enfermero Juan de Dios.
Desde el principio, se destaca cómo la concienciación sobre la salud mental es cada vez más central. De hecho, la atención a esta cuestión está experimentando una transformación positiva. Ante los datos oficiales post-pandémicos, según los cuales una de cada cuatro personas en España sufre ansiedad y depresión y el 20% de la población padece problemas de salud mental que pueden conducir a una muerte prematura, cada vez son más los lugares abiertos a la inclusión y orientados a la atención de la persona en su totalidad.
La hospitalidad integral es un concepto que se remonta a San Juan de Dios. Es el Dr. Francisco Ventosa, Director del Centro Enfermero Universitario San Juan de Dios de Bormujos – Sevilla, el primero en adentrarse en la vida del patrón de los enfermeros.
San Juan de Dios nació a finales del 1400 en Portugal y tras finalizar su vida militar se estableció en Granada donde pasaría el resto de su vida. Aquí trabajó como librero hasta que escuchó un sermón del místico Juan de Ávila, tras lo cual tuvo tal crisis que fue considerado loco por su comportamiento y encerrado en un manicomio donde permaneció varios meses. Antes de ser liberado, se ganó la admiración del personal por estar disponible para atender a otros pacientes, vocación que cultivaba desde hacía tiempo y que le llevó a fundar su primer hospital. San Juan de Dios pasó de ser considerado un loco o un santo, a ser gerente y enfermero.
Acoge a todos indistintamente: “Como esta casa es de carácter general, acoge generalmente a personas de todas las enfermedades y clases, de modo que aquí hay tullidos, mancos, leprosos, mudos, locos, paralíticos, dolientes y otros muy ancianos, y muchos niños y, sin contar éstos, otros muchos peregrinos y viajeros que vienen aquí”. San Juan de Dios introdujo algunos cambios radicales para la época, como la idea de colocar a los pacientes separados cada uno en su propia cama, la distribución de alimentos y medicinas durante el día y la atención nocturna. Su enfoque de los cuidados consiste en tratar a la persona en su totalidad, no sólo teniendo en cuenta la enfermedad en sí, sino también la relación con el paciente.
La figura del Santo es transversal a toda la conferencia, ya que muchos de los médicos y enfermeras presentes siguen su filosofía y toman su obra como fuente de inspiración.
También intervienen varias estudiantes de enfermería. La Dra. Maria Francisca Guimarães ilustra las cualidades exigidas a un enfermero portugués en el siglo XX. En particular, analiza dos manuales destinados al curso de enfermeras del Manicomio de Telhal y del Manicomio Miguel Bombarda: Enfermagem de Alienados de Luís Cebola (1932) y Apontamentos das Lições de Psiquiatria. Curso de Enfermagem do Manicómio Bonbarda, de Fernando Ilharco (1934). Los textos destacan la importancia de la compasión, el paciente debía ser tratado como un igual y atendido mediante la escucha activa. La doctora Alba Paloma relata su experiencia en un centro psiquiátrico de Madrid y explica cómo pasó del miedo a los pacientes a la ternura. Hace especial hincapié en la importancia de la individualización, pacientes con el mismo diagnóstico y la misma terapia pueden necesitar diferentes enfoques en la relación interpersonal. Por último, la Dra. Laura Cerdán hace un excursus sobre la salud mental a través del tiempo, recorriendo las principales etapas de los estudios médicos y la apertura de los centros de acogida.
La conferencia no deja de abordar la relación entre la salud mental y el arte psicopatológico, con la intervención del Dr. Calixto Andrés Plumed, responsable del Archivo Patrimonial de Arte Psicológico, psicólogo clínico y enfermero especialista en salud mental, y profesor de la Escuela Universitaria de Enfermería San Juan de Dios de Comillas. El Dr. Plumed organiza anualmente tres exposiciones con obras de “personas con trastornos mentales que pintan y artistas que están enfermos”. Suele pedir a los pacientes que acompañen la obra con una frase que resuma su intención, explica que el arte puede ser una opción como terapia. Las personas que tienen dificultades para comunicarse pueden encontrar en la creatividad una forma simbólica de expresar lo que no pueden decir. El fondo negro, la presencia de sangre, por ejemplo, son características comunes de las personas que sufren depresión. Al final de la conferencia me habló de un paciente cuya exposición fotográfica había montado. Para cada sujeto había tomado dos fotografías idénticas, una desenfocada y otra enfocada, que estaban dispuestas respectivamente en dos columnas. A la pregunta de por qué los dos tipos de fotos, el paciente explicó: la primera es cómo ven los enfermos mentales, la segunda es cómo ven los niños.
La Dra. Conchita Ochotorena y el Dr. Francisco Benavides, Director del Archivo del Museo Casa de los Pisa, abordan la figura de Benito Menni, enviado a España desde Roma en 1867 para restablecer la Orden de San Juan de Dios. La Dra. Analisa Candeias, profesora de la Universidad de Minho y miembro de la Sociedad Portuguesa de Historia de la Enfermería, explica la evolución de la Orden Hospitalaria y del cuidado de los enfermos mentales desde finales del siglo XVI hasta nuestros días, un excursus que pone de relieve la importancia de las vicisitudes políticas, bélicas y religiosas en el desarrollo de las estructuras dedicadas a la acogida de los enfermos mentales.
Para concluir la conferencia, volvemos a centrarnos en la ciudad de Almería, lugar donde, recuerdan, tuvo lugar la primera operación de corazón del mundo, a cargo del cirujano catalán Don Francisco Romero, en 1801. Al médico le debemos también la cura de la sífilis, a pesar de que fue señalado como loco y perseguido por el municipio por sus experimentos. El cirujano estaba convencido de que para curar la enfermedad bastaba con reconocer sus síntomas de antemano. Para demostrarlo, decide inyectarse el virus y estudiar sus consecuencias. Anota los distintos síntomas y consigue curarse. Repite el experimento con un niño de siete años y también lo cura.
La última intervención es de Alejandro Buendía, enfermero del Complejo Hospitalario Universitario de Torrecárdenas y director del Museo de la Escritura Popular de Terque. Buendía cuenta que encontró al lado de un contenedor de basura un cajón con documentos e historiales médicos del manicomio de Almería de los años 30, 40 y 50. Entre los documentos hay una carta que una paciente dirigió al psiquiatra del hospital, concretamente una carta de amor al administrador del manicomio: “Sanatorio de San José de Almería, septiembre de 1937. Dr. Arigo, como no es tan fácil una conferencia sin testigos, recurro a este medio para espresarle mis ideas y sentimientos y tengo fe ciega en el poder que V. ejerce en todo caso i circunstancia y mas con todas las personas y empleados de este establecimiento.
Pues nada mas me ocurre que en mi interior y dentro de mi corazón hai un sentimiento de afecto y simpatia sin poderlo evitar hacia una persona que tambien con le trato frecuente e podido apreciar sus buenas cualidades y me hecho la ilusión de creer que fuese la persona enbiada para unir nuestro destino, pero ahora oigo decir que ya esta en relaciones con una de las enfermeras Isabel Ortega, y el camarada a que me refiero es el Sr. Administrador del Manicomio, dicen que le a escrito y que estan en relaciones, pues si esto es verdad no estoi dispuesta a tanto sufrir si el no esta por mi y es cierto que se a de unir a otra, que les den a los dos un traslado y si este Sr. esta por mi entonces que no se baya nunca.
Saluda a V. Servidora Elisa Parra” (4).
La conferencia IV Coloquio San Juan de Dios y la reforma de la enfermería puso de manifiesto no sólo la importancia de la atención a la salud mental, sino también el valor intrínseco de la compasión y la aceptación humana en el ámbito de la asistencia sanitaria. A través del testimonio de San Juan de Dios, que pasó de ‘loco’ a cuidador y gestor, y de las intervenciones de los historiadores y profesionales presentes, se puso de manifiesto la centralidad de las relaciones interpersonales y de la atención integral a la persona. El descubrimiento de una carta de amor, escondida entre las páginas olvidadas del pasado, da voz al lado más humano y vulnerable de la condición humana, recordándonos que detrás de cada diagnóstico, de cada terapia, hay personas con sentimientos, esperanzas y deseos.
(4) Las palabras que quedaron Alejandro Buendía Muñoz
venerdì, 3 maggio 2024
In copertina: Screen dell’evento. L’articolo è opera d’ingegno dell’Autrice e non può essere riprodotto né parzialmente né integralmente senza il consenso della stessa. Tutti i diritti riservati