Galleria Continua inaugura le tre mostre del periodo estivo
di Luciano Uggè
Iniziamo il nostro percorso nelle esposizioni della sede di San Gimignano di Galleria Continua, con un progetto di fundraising, ideato da quattordici artisti del panorama internazionale che hanno appositamente realizzato altrettante opere, le quali saranno raccolte in una Collection Box unica. Mirosław Bałka, Tacita Dean, Nan Goldin, Paul Graham, Carsten Höller, Roni Horn, Cristina Iglesias, Ragnar Kjartansson, Julie Mehretu, Cildo Meireles, Matt Mullican, Antoni Muntadas, Philippe Parreno e Julião Sarmento si sono cimentati con le più diverse tecniche – spaziando dalla fotografia alle incisioni, fino alle serigrafie, ai lavori su stoffa e alle fotoincisioni – per sostenere la Todolí Citrus Fundació, azienda agricola con un prestigioso agrumeto che accoglie e preserva, nel comune di Palmera (alle porte di Valencia), una miriade di varietà di agrumi – sia autoctoni che importati, sia originali che ibridi.
Conservare questo agrumeto che si sviluppa intorno a un’azienda familiare alla quale Todolí ha poi unito appezzamenti adiacenti, così da preservare il paesaggio e strappare un frammento di bellezza alla speculazione (anche edilizia), permette a chi voglia immergersi in una Alhambra viva e vibrante di apprezzare l’immagine del paradiso sognata dall’Islam: un giardino di delizie ove tra verzure scorrono limpidi corsi d’acqua. Come scriveva ‘Abd Ar-Rahman, poeta arabo vissuto a Trapani nel secolo XII: “le arance quando sull’isola maturano / sono fuochi che ardono su rami di / crisolito / e il limone somiglia al pallore / dell’amante / dopo notti di lontananza e di tortura” (traduzione di M. Luzi).
Ma Vicente Todolí, oltre che dedicare la vita alla cura della natura, è curatore d’arte. Negli anni ha ricoperto il ruolo di direttore artistico del Centro d’Arte Contemporanea di Valencia, del Museu de Arte Contemporânea de Serralves (a Porto), della prestigiosa Tate Modern di Londra, e di altre istituzioni internazionali. Come afferma lui stesso entrambe le sue passioni, che sono state alla base delle sue scelte di vita, di lavoro e di impegno anche sociale, sono accomunate dal rispetto per “il concetto di tempo”. Un albero (come un artista) ha bisogno di amore e di cure per crescere, maturare e fruttificare. Se non si rispettano i ritmi della natura, come quelli del fare artistico, si rischia di sfruttare la pianta come l’artista, estinguendone la vitalità prima che siano pronti a donarci quanto di meglio sarebbero stati in grado di produrre.
Va notato che cinque (Roni Horn, Philippe Parreno, Tacita Dean, Julião Sarmento e Cristina Iglesias) tra i quattordici artisti che hanno realizzato il progetto, in mostra a Continua, hanno ideato non solamente un’opera unica, ma anche diversa per ogni Collection Box. Così da aggiungere ancor più valore alla scelta del collezionista.
Passiamo quindi alla personale retrospettiva, che Galleria Continua dedicato ad Ai Weiwei abbracciando un arco di tempo molto lungo – anche se le opere che ci accolgono all’ingresso sono, per la maggior parte, recenti. Una personale che già nel titolo – Neither Nor – cerca di stemperare quella lettura del mondo in bianco e nero (sempre pro/contro qualcosa o qualcuno) che pare caratterizzare sempre più i tempi attuali. La riscoperta e reinterpretazione, con i mattoncini della Lego – che alcuni di noi hanno usato e atri regalato ai propri figli – di imponenti opere del passato e del presente pittorico pare andare proprio in questo senso, sollecitando il gusto del divertissement. All’interno di queste opere che, da lontano, sembrano quasi dei lavori su tessuto, Ai Weiwei inserisce alcuni oggetti/simbolo da far risalire a fenomeni sociali. Pensiamo all’uso del ferro da calza per le interruzioni volontarie di gravidanza e, quindi, alla gruccia posizionata accanto alla Venere dormiente (capolavoro originale di Tiziano e Giorgione, reinterpretato nel 2022). Di questa serie, il quadro esteticamente più convincente è Pollock in Blue (2019, mattoncini Lego), dove la scelta materica si sposa pienamente con la vena coloristica del padre dell’action painting. A sovrastare la platea, invece, The Last Supper (2023, mattoncini Lego), ove la rilettura potrebbe essere quella del tradimento verso la propria patria vista la sua personale identificazione con Giuda. Inserendo la propria immagine nella composizione, Ai Weiwei ci starà comunicando una intima non riconciliazione con se stesso o starà denunciando i continui tradimenti di regole e convenzioni che hanno caratterizzato questa nostra epoca? Divertente l’omaggio a Dalí e all’universo Dada via Monna Lisa.
Cambiando materiale e spostandoci alla stutuaria e alle installazioni, il mondo che sembra materializzarsi in Grapes (2017, 43 sgabelli di legno) invita l’occhio a concentrarsi non si sa se sul vuoto interno o sulla “trinità” delle gambe degli antichi sgabelli – che rimandano a un’epoca nella quale l’artigianato era presente e tangibile nella differenza tra i singoli prodotti. Impressionante la moltitudine di sgabelli, in legno, che popolano la platea dell’ex cinema, posizionati di fronte all’Ultima cena, un insieme di individui differenti ma accomunati, questi Stools (2013, 2358 sgabelli di legno), proprio dalla loro unicità in questo universo/mondo sempre più omologante. Persino le tre foto di Ai Weiwei (sul lato opposto della Last Supper), in cui l’artista rompe, facendola cadere a terra, un’urna della Dinastia Han forse rimanda a questo bisogno di ritrovare il valore di ogni frammento – umano o storico.
E veniamo in piazza della Cisterna e all’ultima personale, quella dedicata all’artista ucraina Zhanna Kadyrova con Anxiety. Anche qui ritroviamo il gesto di rompere, frantumare, spezzare, alla base dei suoi più recenti lavori. Un mondo in bianco e nero che va in pezzi, nella serie Shots (2010/2023, ceramica, malta, pannello truciolare). Una dichiarazione, tragica come per tutte le guerre, che parte da considerazioni personali e – come tali – rispettabili ma non sempre condivisibili. Colpi che si allargano, lasciando tracce che sfuggono dallo spazio, circolare o quadrato, che cerca di contenerle. Un’esplosione incontrollata è di fronte a noi con Data Extraction (50, 54440° N 30, 26384° E, 2023, metallo crivellato di proiettili) e sembra inarrestabile: eppure la guerra in Donbass è proprio colpa nostra – di occidentali – del nostro aver disatteso gli Accordi di Minsk 1 e 2, volontariamente, come ammesso dagli ex numero uno francese e tedesco, François Hollande e Angela Merkel. E sarebbe stata fermata se solo non si fosse interferito con gli Accordi di Istanbul che garantivano la neutralità dell’Ucraina (come Kennedy pretese da Cuba quando vi fu la crisi dei missili nel 1962) e l’autonomia del Donbass (né più né meno di ciò che noi italiani garantiamo ad altoatesini o valdostani).
Presente in mostra anche un video, Russian rocket project (2024, stickers, video senza sonoro) con un filato della città e, in cielo, la minaccia sotto forma di un razzo/proiettile, che la sovrasta. Minaccia evidenziata anche dalle scritte Allarme antiaereo su dei bucolici arazzi che l’artista ha comperato nei mercatini di diverse nazioni. Mancano però ben altre minacce, come i droni lanciati a più riprese da Kyiv sulla Centrale nucleare di Zaporizhzhia (che, al momento, è stata spenta, anche su consiglio dell’AIEA, per diminuire il rischio di una nuova Fukushima in piena Europa).
Una parte della mostra – tra cui un video – è dedicata alla parola Palianytsia che, in ucraino, significa pane – rappresentato da sassi, di varie forme e misure. Questa parola, difficile da pronunciare da parte della popolazione ucraina russofona, è stata usata dai Servizi segreti ucraini (gli esecrabili SBU) e dai battaglioni della Azov (di matrice dichiaratamente nazista) per individuare la componente russa presente sul territorio, considerarla nemica e in parte arrestarla – e, in altri casi, spararle sul posto come denunciato all’ONU.
La visione che trasforma i ‘diversi’ (ossia i propri compatrioti ma di lingua russa e religione russo ortodossa) in nemici non è nuova ma è, ed è stata, la causa di feroci rappresaglie ieri come oggi – non solamente in Donbass (ma in tante nazioni di questa martoriata Europa). Sarebbe necessario che il rispetto dell’altro, da tutte le parti, della sua cultura, lingua, storia e religione tornasse a essere il comportamento naturale per un mondo che, al contrario, fa della sopraffazione la linea guida del proprio comportamento. E ci si auspica che le arti, lo sport e la cultura tornino a essere ponti di pace invece di rivendicazioni di guerra o di parte.
Le mostre continuano:
Galleria Continua
San Gimignano, varie location
The Citrus Project
Todolí Citrus Foundation
a cura di Lucía Muñoz Iglesias
via Arco dei Becci 1
fino a domenica, 12 maggio 2024
Ai Weiwei
Neither Nor
via del Castello 11
fino a domenica 15 settembre 2024
Zhanna Kadyrova
Anxiety
piazza della Cisterna
fino a domenica 15 settembre 2024
orari: da lunedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00 (per tutte le esposizioni)
venerdì, 19 aprile 2024
Nella foto: Ai Weiwei, Pollock in Blue, 2019, mattoncini giocattolo (LEGO), 269,5 x 539 cm,106.10 x 212.20 in, Cortesia: AI WEIWEI STUDIO e GALLERIA CONTINUA, Foto di:Ela Bialkowska, OKNO Studio