Libero dal neocolonialismo francese, il Senegal potrebbe rinascere?
di Luciano Uggè (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
Il documentario di Michelangelo Severgnini (che consigliamo assolutamente di vedere (1) ha tutta una serie di pregi, come capita sempre con questo cineasta: è sincero, dà voce ai veri protagonisti, non mira a compiacere il potere occidentale, svela quante erbacce infestino il ‘giardino’ nel quale viviamo e quanta ipocrisia si nasconda tra le pieghe delle anime belle – che pensano di poter salvare il mondo rinchiudendo i giovani africani in centri di ‘accoglienza’, esortandoli a salire su un gommone perché ‘tanto saranno salvati’ e, infine, rendendoli migranti illegali, ossia schiavi del settore agricolo quando non di varie forme di criminalità.
Ma da dove cominciare a raccontarvi il Senegal, al centro di Io no, Capitano!, le cui molteplici problematiche Severgnini è riuscito a condensare in mezz’ora?
Partiamo dal fatto che in Senegal non vi è una moneta locale o una Banca centrale autonoma che possa giocare col tasso di cambio per facilitare i prestiti alle imprese (magari piccole come quelle finanziate dalle banche etiche), incentivare gli investimenti o fare qualsivoglia politica monetaria – di svalutazione o rivalutazione – favorevole al Paese in un dato momento storico. La moneta è il famigerato franco CFA, ancorato all’euro (prima lo era al franco francese) con “una parità fissa stabilita dalla Francia, e la sua convertibilità è stabilita esclusivamente dalle autorità monetarie francesi. In cambio i Paesi che adottano questa moneta sono obbligati a depositare la metà delle proprie riserve valutarie presso il Trésor Français (non la Banca Centrale Europea) ed è previsto che la Francia intervenga nella definizione della politica monetaria della zona” (2).
Il Senegal, come lo era il Sahel, è quindi ancora un’area africana che soffre del giogo neocolonialista francese, tanto è vero che il Presidente filo-francese Macky Sall, non solamente ha tentato di rinviare all’infinito le elezioni, ma – ad agosto 2023 – grazie all’operato del suo Ministro dell’Interno, Antoine Felix Abdoulaye Diome, era riuscito a far arrestare il suo principale oppositore, Ousmane Sonko, con l’accusa di “aver incitato disordini durante le violente proteste del mese [ precedente] a Dakar contro l’eventuale ricandidatura ad un terzo mandato del presidente uscente” (3).
La buona notizia è, al contrario, che le elezioni presidenziali previste per il 25 febbraio 2024, rimandate indefinitamente da un decreto dell’ormai ex Presidente Sall e, poi, al 15 dicembre 2024 dall’Assemblea Nazionale; grazie al Consiglio Costituzionale Senegalese si sono svolte il 24 marzo scorso e, pochi giorni prima, sono stati liberati i leader dell’opposizione, Ousmane Sonko e Bassirou Diomaye Faye (che ha vinto, al primo turno, con il 53,7% dei voti dando l’ennesimo schiaffo alla Francia neocolonialista en Afrique).
Ma chi è Sonko? Semplicemente l’esponente più in vista di un Partito denominato Pastef (4), che ha un programma decisamente controcorrente rispetto a quanto portato avanti finora dai vari governanti filo-francesi (finalmente perdenti). PASTEF-LES PATRIOTES “intende difendere un’unica causa ossia l’interesse del popolo senegalese”, attraverso la libertà dei cittadini nella vita privata e nelle attività professionali; un ordine pubblico inteso a garantire la coesione sociale; “il riconoscimento del ruolo fondamentale dello Stato nello sviluppo economico e sociale, nel consolidamento della Nazione senegalese, nel mantenimento della pace e della sicurezza, così come nell’influenza del Senegal nel mondo”.
La visione del Pastef è quella di un Senegal che da oltre mezzo secolo è sottomesso alla volontà dei Paesi stranieri. Come afferma lo stesso Severgnini nel proprio documentario, qui – come in molte nazioni africane ancora ampiamente dominate dalla Francia o dagli Stati Uniti – occorre investire in educazione e sanità pubbliche, ma anche in attività economiche che possano distogliere i giovani dalla promessa tanto facile quanto fallace di un futuro in Europa.
Che i giovani restino in Africa!: questa è la richiesta accorata delle molteplici voci che si passano il testimone nel documentario. Sono loro il futuro: perché regalarlo a noi europei? E per fare che cosa?
Come è specificato nel video una cosa è emigrare legalmente, un’altra salire su un barcone allettati dalle mafie e da quelle ‘belle anime’ che assicurano gli africani che, se si troveranno in mezzo al mare in difficoltà, saranno salvati da loro. Le varie Ong, in questo modo, si rendono non solamente complici dei trafficanti di esseri umani ma, come affermano più senegalesi intervistati, mancano di rispetto a quegli stessi giovani perché incitare un ragazzo o una ragazza a salire su un gommone o a fare un viaggio della speranza in Libia (dove sappiamo potevano rimanere per anni in una situazione di schiavitù o, peggio, essere oggetto di sequestri a scopo di estorsione nei confronti delle loro famiglie rimaste in Senegal), ebbene, tacere tutto ciò non è aiutare, bensì mentire e illudere.
Ma non vi è solo questo. Nel documentario, gli intervistati (tra i quali anche giovani rapper che dimostrano come non è il genere a fare i contenuti, e si può andare ben oltre al Gangsta Rap, figlio di una società violenta e malata come quella statunitense) sembra quasi che rispondano a Josep Borrell e alla sua: “L’Europa è un giardino. Abbiamo costruito un giardino. Tutto funziona”(5). La verità che, ovviamente, non possono rivelare le mafie senegalesi, ma potrebbero le Ong occidentali, è che i migranti illegali quando arrivano in Europa non trovano né accoglienza né lavoro. Le stesse Nazioni Unite non garantiscono il diritto di emigrare per motivi economici – come garantiscono, al contrario, il diritto di asilo in caso di guerre. Sono diverse le voci che si susseguono e che ribadiscono il concetto: se non si emigra legalmente, si finisce in uno stato di semi-schiavitù.
Ricordate la rivolta di Rosarno? Dopo 14 anni le problematiche – caporalato, baraccopoli e lavoro nero, tra le altre – restano (6). Ma non si pensi che in altri Paesi europei vada meglio. Nel documentario si parla di Spagna e la nostra redazione ha visto coi propri occhi, nelle sterminate distese di cipolle di Alboraya, nella periferia di Valencia, i giovani africani lavorare intere giornate sotto il sole rovente guardandosi bene dal farsi avvicinare o fotografare.
Del resto, anche la migrazione regolare – i flussi migratori previsti in Italia per il 2023 prevedevano l’arrivo regolare di 136.000 cittadini stranieri; 151.000 per il 2024; e 165.000 per il 2025 – con cosa si confronta? Con le cifre della disoccupazione e dell’inattività nel nostro Paese, non stiamo solamente gettando benzina sul fuoco di una guerra tra poveri? Secondo i dati Istat di gennaio 2024, il tasso di inattività è salito al 33,3%, quello di occupazione è sceso al 61,8% e la disoccupazione è al 7,2%, mentre quella giovanile è salita al 21,8%. 4 persone su 10 in Italia non hanno un lavoro. Ma non solo, in base al Regolamento (Eu) 2019/1700, in vigore dal 1° gennaio 2021, gli occupati comprendono le persone tra i 15 e gli 89 anni che, nella settimana di riferimento, hanno svolto almeno un’ora di lavoro a fini di retribuzione o di profitto, compresi i coadiuvanti familiari non retribuiti. Un’ora… non è uno scherzo.
Quante persone, inoltre, in questo ‘bel Paese’ hanno un’occupazione precaria o sottopagata? Non solo gli stipendi italiani non crescono da vent’anni ma con “una RAL media di 72.247 euro, il Lussemburgo è lo Stato in cui si guadagna maggiormente, più del doppio della media europea. Al secondo posto troviamo la Danimarca con 63.261 euro e al terzo l’Irlanda con 50.347. In Germania e in Francia lo stipendio è più alto che in Italia, con una media rispettivamente pari a 44.404 euro e 40.135 euro” (7). Lo stipendio medio in Italia nel 2023 si aggirava tra i 22.500€ e i 28.500€ con una crescita rispetto al 2022 del 3,6% (8). Non aggiungiamo nulla sull’inflazione galoppante degli ultimi due anni.
Le Ong, oggi, invece di incentivare viaggi pericolosi per mare che non portano a un futuro migliore né dimostrano il rispetto dovuto per la vita delle persone, dovrebbero investire perché i giovani africani costruiscano il loro domani nel proprio Paese e nel proprio meraviglioso continente, libero finalmente dal neocolonialismo, dalle nostre ingerenze e soprattutto da quella spocchia tutta occidentale che ci fa ancora credere di essere il migliore dei mondi possibili.
Buona visione!
(1) Il video di Michelangelo Severgnini:
https://www.byoblu.com/2023/12/09/io-no-capitano-il-docu-film-di-michelangelo-severgnini-per-byoblu/
(2) Come si controlla uno Stato imponendogli la propria valuta: https://iari.site/2023/06/13/il-franco-cfa-storia-e-dinamiche-dellinfluenza-monetaria-francese-in-africa/
(3) Quando il Senegal ha tentato di fermare il cambiamento: https://contropiano.org/news/internazionale-news/2023/08/04/senegal-il-golpe-lo-ha-fatto-il-presidente-filofrancese-arrestando-il-leader-dellopposizione-0162945
(4) Cos’è il Pastef: https://pastef.org/
(5) Le affermazioni di Borrell: https://www.farodiroma.it/leuropa-e-un-giardino-e-il-resto-del-mondo-una-giungla-e-confermato-borrell-non-sta-bene-a-puccio/
(6) Rosarno, ieri come oggi: https://reggio.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2024/01/07/rosarno-a-quattordici-anni-dalla-rivolta-e-sempre-emergenza-migranti-b88c304a-f300-4332-9be9-465a0fea0a23/
(7) Alcuni dati sugli stipendi europei: https://www.hrnews.it/italia-il-salario-medio-annuale-e-sotto-la-media-europea/
(8) Gli stipendi medi in Italia: https://www.partitaiva.it/stipendio-medio-italia/#:~:text=Lo stipendio medio in Italia,studio e settore di attività.
venerdì, 29 marzo 2024
In copertina: Senegal, la pesca. Foto di Alain Christiaens da Pixabay