Il caso di Marta
di Simona Maria Frigerio
Per anni, anzi per decenni, la Svezia ci è sembrata il Paese più civile d’Europa: garantista, rispettoso dei diritti di donne e minoranze etnico-religiose, e con un eccellente welfare.
Poi sono arrivate le disillusioni. Prima, grazie alla letteratura di genere e alla cinematografia di nicchia e, poi, ai fatti di cronaca. La serie dedicata al Commissario Wallander nasce dalla constatazione del suo autore, Henning Mankell, che già alla fine degli anni 80 nel suo Paese si respiravano i miasmi dei rigurgiti razzisti. Nel 2006 esce un film a episodi, Racconti da Stoccolma – per la regia di Anders Nilsson – che rivela come non solamente una ragazzina di origini turche possa rischiare la vita se non ubbidisce alle regole della famiglia di origine, ma persino una emancipata giornalista svedese possa perdere la sua posizione sociale e la sua carriera se denuncia pubblicamente il marito (manesco, pusillanime e invidioso).
Nello stesso periodo, ovvero nel 2005, si pubblica Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson e, se per tutti è il tipico esempio di giallo Svezia, in realtà si basa su dati e statistiche che non lasciano dubbi sulla miriade di casi di violenza contro le donne perpetrati anche nel Paese scandinavo. Uno dei personaggi più abietti non è tanto il serial killer (utile a creare la suspense e a trasformare il noir in un best seller) bensì quella del tutore legale della protagonista, ossia il personaggio di Nils Bjurman. Aldilà del sadismo e della scena dello stupro, Bjurman incarna tutte le buone intenzioni della Svezia che lastricano l’inferno per migliaia di persone sottoposte – in vari Paesi dell’Occidente garantista – alla volontà di un tutore legale.
E infine – per non ammorbare il lettore con una lista infinita – arriva il caso, questa volta tratto dalla realtà, di Julian Assange: accusato di stupro in quanto avrebbe intrattenuto due rapporti consenzienti ma senza utilizzare il preservativo. La Svezia arriva a ‘proteggere’ le donne al punto da voler decidere cosa debbano o meno utilizzare per evitare malattie veneree e gravidanze indesiderate, dimostrando in realtà di tenerci in una condizione di minorità e soggezione. Aldilà della scandalosa persecuzione il-legale contro Assange – che continua nel Regno Unito solo per compiacere Washington e la sua sete di vendetta contro il giornalista che osò mostrare i crimini di guerra commessi dagli States e, in particolare, grazie a Collateral Murders (1), i fatti avvenuti a Baghdad – la Svezia si è rivelata tutt’altro che felix.
Dalla Svezia all’Italia
Anche nel nostro Paese, sempre così garantista quando si tratta di imporre la volontà del potere su un popolo ormai in soggezione (politica, sociale e psicologica) almeno dallo scoppio della pandemia da Covid-19 in avanti, esistono varie forme di tutela di persone, disabili fisici o psicologici e/o non in grado di intendere e volere.
Sebbene siamo certi che, come in Svezia, le intenzioni fossero meritevoli, siamo altrettanto dubbiosi che i risultati siano stati all’altezza delle aspettative.
Tra i tanti, vi racconteremo un caso che ci ha sottoposto Diritti alla Follia, associazione che “nasce dalla presa d’atto che spesso le condizioni di ‘disagio psichico’ non diventano nell’ordinamento giuridico tanto occasione per l’attivazione di meccanismi di solidarietà pubblica, quanto il pretesto per l’attivazione di azioni di internamento, di trattamento farmacologico coatto, di violazione di diritti umani, di mortificazione della capacità giuridica, di emarginazione”.
Il caso è quello di Marta, una giovane donna che nel 2011, all’età di vent’anni, inizia il suo personale ‘calvario’ venendo rinchiusa in varie Case famiglia, dalle quali regolarmente fugge chiedendo aiuto all’avvocato Gabriella Cassano e al di lei compagno, Fabio Degli Angeli, che, proprio in quanto deciderebbero di aiutarla, sono accusati di “sequestro, circonvenzione, abbandono e sottrazione” della stessa Marta – in aula, con due altri imputati, Cosimo Visconti e Cosimo Filieri.
Marta era stata affidata alle varie Case famiglia, ovviamente, in base alla Legge 6/2004, che ha introdotto nel Codice civile la figura dell’Amministratore di sostegno, il quale non dovrebbe sostituirsi alla persona affetta da disturbi psichici o fisici nelle sue decisioni, ma dovrebbe affiancarlesi per riuscire a soddisfare le sue esigenze e i suoi bisogni al meglio delle proprie capacità ma, soprattutto, avvalendosi di una rete di sostegno pubblica che offra strutture e servizi tali da non dover mai richiudere né costringere nessuno laddove non voglia stare.
Il 20 marzo di quest’anno si è tenuta la prima udienza del processo di Appello per i quattro imputati, e l’associazione Diritti alla Follia si auspica che questa volta saranno presi in considerazione dai giudici le registrazioni audio e i video che proverebbero la versione degli stessi così come le consulenze psichiatriche dalle quali sarebbe emersa la capacità di intendere e di volere di Marta.
Comunque finisca la vicenda giudiziaria per i quattro imputati, per Marta non ci sarà alcun appello. A soli 31 anni, il 3 novembre 2022, la giovane “esasperata da anni di internamento, non più tollerabile, compie un gesto dimostrativo di ribellione, a cui stavolta il suo cuore non regge, assumendo massicce dosi di psicofarmaci; sebbene il 25.01.2018 (giorno in cui Marta veniva accompagnata dall’avvocato Gabriella Cassano) avesse dichiarato a chiare lettere al Giudice tutelare sostituto di «non voler assumere psicofarmaci perché modificano il suo modo di essere»”.
Di fronte a un suicidio la domanda non dovrebbe essere se sia stato volontario o un semplice incidente, e nemmeno se proprio un tale gesto non sia sinonimo di squilibrio mentale, bensì dove ha fallito lo Stato, dove ha fallito l’intera società e dove ha fallito una legislazione che, tesa alla cura e alla protezione, si rivela coercitiva e, vista la morte della giovane sotto tutela, totalmente fallimentare.
Vi terremo aggiornati sui futuri sviluppi della causa.
Aggiornamento dell’ultima ora: l’udienza è stata rinviata, a causa dello sciopero indetto dalle camere penali, in data da definirsi.
venerdì, 22 marzo 2024
In copertina: Foto di Hasty Words da Pixabay