“Tutto svaniva nella nebbia. Il passato veniva cancellato, la cancellazione dimenticata, e la menzogna diventava verità”(*)
di La Redazione di InTheNet
Fermo immagine: le bandiere di Libera e della CGiL sventolate da un gruppo di sindacalisti e attivisti italiani sorridenti, immortalati come farebbe Italia 1 nei suoi mitici stacchetti, o durante una gita organizzata in un’amena città europea.
È l’aprile 2023. Sullo sfondo si intravede la Camera del Lavoro di Odessa, quella che i nazi-fascisti ucraini diedero alle fiamme asfissiando e carbonizzando i corpi dei manifestanti pacifici che vi si erano asserragliati per sfuggire ai pestaggi di chi voleva trasformare un Paese pacifico, multietnico e multiculturale, nell’avamposto della Nato (1) contro quella Russia che gli europei avevano deciso di smembrare per accaparrarsi le sue risorse energetiche, e gli States volevano allontanare da una Germania che era diventata una concorrente economica troppo competitiva proprio grazie alle risorse energetiche russe.
Come facevano Libera e la CGiL a non sapere cosa fosse successo in Ucraina tra il 2014 e il 2022? E soprattutto come sventolare le bandiere ucraine laddove i lavoratori di Odessa erano stati trucidati dai neo-nazisti ucraini?
Eppure fu PeaceLink uno tra i primi a denunciare il golpe in piazza Maidan (2). Non una rivoluzione di popolo contro un presunto dittatore, ma un golpe. Sostenuto dagli States (il coinvolgimento della Cia in Ucraina, ‘svelato’ recentemente dal NYT, sembra cadere a fagiolo nel momento in cui gli statunitensi pensano a un disimpegno nell’area), che vide in quelle giornate la presenza a Kyiv del Sottosegretario di Stato Victoria Nuland (3), oggi apparentemente dimissionaria, e l’appoggio di alcuni oligarchi locali (come “Serhiy Volodymyrovych Pashynskyi, classe 1966, ex capo ad Interim del primo governo ucraino post Maidan controllato dai movimenti neonazisti e attuale trafficante d’armi senonché principale fornitore privato per il regime di Kiev”, 4), i quali sapevano che avrebbero fatto affari d’oro con una guerra civile e, in seguito, contro la Russia – se sostenuti dalla Nato.
Del resto, il Presidente Viktor Yanukovich era stato regolarmente eletto, come ammisero anche gli osservatori Osce e come titolava anche La Repubblica nel 2010 (5) ma l’Ucraina, Paese florido e ricco di materie prime, prodotti agricoli e industrie all’avanguardia (ai tempi dell’Urss), era precipitato in una gravissima crisi economica che si protraeva da oltre un decennio – in parte dovuta anche alla dilagante corruzione e alla rapacità dei nuovi oligarchi (un flagello che la Russia è riuscita a frenare solo con grande difficoltà e grazie a una politica lungimirante che ha recuperato i valori del welfare e della partecipazione diretta dello Stato nella vita economica del Paese).
Nel 2013, anche a causa della scellerata politica della Banca Centrale che tentava di mantenere la parità con il dollaro e l’Euro, l’Ucraina aveva bisogno di 15 miliardi di dollari di liquidità per far fronte al pagamento delle pensioni e degli stipendi per la PA. Come racconta Stefano Spoltore in un interessante saggio (non più accessibile in rete), l’adesione alla UE fallì proprio perché l’Europa propose un misero miliardo in aiuti, mentre Mosca l’intera somma “e un forte ulteriore sconto sul prezzo del gas rispetto a quello già in essere”. Da queste premesse si capisce come la situazione in Ucraina dovesse, a breve, esplodere, così come era accaduto a quella greca ma per scopi diversi – qui non si voleva depredare un intero Paese, bensì usarlo come arma offensiva creando ad arte odi interetnici e interreligiosi (replicando quanto si era riusciti a fare nell’ex Jugoslavia).
Dopo l’inizio dell’Operazione Speciale è invalsa l’accusa che le Repubbliche indipendentiste di Donetsk e Lugansk fossero covi di terroristi e che la Russia finanziasse il terrorismo: tesi totalmente smentita dalla recente sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia (6). Il Donbass non era stato invaso dai russi, nel 2014, e l’Ucraina non stava difendendo i suoi ‘sacri confini’: vi era in atto una guerra civile in cui l’area di ascendenza asburgica (parte dell’ex Regno di Galizia e Lodomiria, con capitale Leopoli, e Kiev – prima, polacca, e dal 1667 per i secoli a venire russa) tentava la pulizia etnica contro la popolazione russofona. Un esercito (soprattutto di militari di leva e, non a caso, vi erano anche coloro che scappavano e chiedevano asilo perfino in Italia per non combattere contro gli ucraini russofoni del Donbass, 7) mandato al macello da gruppi militari e paramilitari dichiaratamente neo-fascisti e neo-nazisti (che restavano nelle retrovie) contro una popolazione, quella del Donbass, che pretendeva solamente si rispettassero le sue tradizioni, lingua, cultura e fede religiosa e politica – così come stabilito nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Questo documentario racconta proprio questo: attraverso la voce di uomini, donne e bambini del Donbass narra degli otto anni in cui dei semplici civili si sono trasformati in partigiani per difendere la propria terra e i propri valori mentre l’Europa per ben due volte avallava gli Accordi di Minsk e per ben due volte permetteva a Kyiv di infrangerli, mentre prendeva tempo per portare a termine il proprio folle piano egemonico.
Uomini, donne e bambini: gli stessi che, nell’altrettanto folle dichiarazione del Presidente Macron, riferendosi però a quelli francesi ed europei, ossia a noi, potrebbero domani trovarsi a imbracciare le armi – non per difendere la propria terra e i propri valori, bensì i rigurgiti neocolonialisti francesi (in fuga dal Sahel) e le velleitarie aspirazioni belliciste della UE e della Nato.
Buona visione.
https://dzen.ru/video/watch/65e6856fcaeefe50036435b3
Donbass Ieri, Oggi e Domani
scritto e diretto da Tatiana Borsch
traduzione in italiano e voce narrante Vincenzo Lorusso
gentilmente concesso dal Canale Telegram Donbass Italia
(*) George Orwell
(1) Non tutti gradirono quella foto da scampagnata: https://contropiano.org/news/politica-news/2023/04/14/lettera-aperta-alla-cgil-di-un-sopravvissuto-al-massacro-di-odessa-0159275
(2) PeaceLink sugli avvenimenti di piazza Maidan: “Lo stesso dirà qualche mese più tardi Alexander Revazishvilli, un ex tiratore scelto dell’esercito georgiano protagonista della sparatoria di Maidan, incontrato in un altro Paese dell’Est Europa. Tutti e tre i nostri protagonisti raccontano di esser stati reclutati alla fine del 2013 daMamuka Mamulashvili, un consigliere militare di Saakashvili che dopo i fatti di Maidan si sposterà nel Donbass per guidare la cosiddetta Legione Georgiana negli scontri con gli insorti filo russi”: https://lists.peacelink.it/pace/2022/01/msg00013.html
(3) Opinioni su Victoria Nuland: https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/02/04/victoria-nuland-un-personaggio-losco-nella-crisi-ucraina-0146274
(4) “Tutti e tre mercenari georgiani descrissero Pashinsky come un organizzatore chiave ed esecutore del massacro di Maidan, sostenendo anche che il trafficanti di armi aveva fornito armi e selezionato obiettivi”: https://www.farodiroma.it/il-piu-grande-fornitore-di-armi-dellucraina-vladimir-volcic/
(5) Il titolo di Repubblica: Ucraina, Yanukovich vince di misura. L’Osce: “Elezioni trasparenti”: https://www.repubblica.it/esteri/2010/02/08/news/ucraina_8_febbraio-2224351/
(6) Il Giudizio dell’Aia: https://www.inthenet.eu/2024/02/09/ucraina-v-russia-giudizio-finale-della-corte-di-giustizia-internazionale/
(7) Il Tribunale di Bari, con decreto del 2 dicembre 2020, riconosceva “lo status di rifugiato ad un cittadino ucraino che, renitente alla leva, in caso di rimpatrio” sarebbe potuto essere costretto a partecipare al conflitto che stava dilaniando la regione del Donbass “macchiandosi in tal modo, del compimento di crimini di guerra”: https://www.inthenet.eu/2024/02/09/profughi-o-renitenti-alla-leva/
venerdì, 15 marzo 2024
In copertina: Foto di Александра Че da Pixabay