Le responsabilità sindacali davanti alle stragi sul lavoro
di Federico Giusti
Serve un profondo cambio di prospettiva, l’approccio alle tematiche della salute e sicurezza sono dettate da generico pressapochismo e incoerenza tra le enunciazioni di principio e le azioni concrete.
Sono anni che salute e sicurezza nei luoghi di lavoro vengono relegati in spazi angusti, esclusi dalle dinamiche contrattuali. Del resto perfino rivendicare esistenze dignitose e attenzione al welfare risultano rivendicazioni massimaliste da ʻarmonizzare’ sempre e comunque con le capacità di spesa e le compatibilità di bilancio.
Il diritto alla salute è sul banco degli imputati da almeno 40 anni perché inconciliabile con la centralità dell’impresa e il pareggio di Bilancio in Costituzione, in aperto contrasto con quel coacervo di affari che ruota attorno alla privatizzazione della sanità.
Urgono interventi, il primo tra tutti la profonda revisione di come il sindacato affronti le tematiche della salute e della sicurezza perché in questi anni poco è stato fatto per arrestare la mattanza nei luoghi di lavoro e l’aumento delle malattie professionali.
Noi siamo convinti che i codici etici e di comportamento a livello aziendale siano stati strumenti anche per seminare paura e rassegnazione, per trasformare denunce pubbliche, come nei mesi pandemici, in violazione di obblighi ai quali ogni lavoratore deve attenersi pena sanzioni e il licenziamento. Strano a dirsi ma se esistono mille deroghe al contratto nazionale su materie rilevanti come gli orari, perché non dovrebbero esserci norme a tutela dei rappresentanti sindacali?
La risposta è scontata: veniamo da decenni nei quali il principio guida delle relazioni industriali è stato quello di ridurre il potere contrattuale; per questo, senza invertire la tendenza alla contrazione degli spazi di agibilità democratica, alla riduzione stessa del potere di acquisto e di contrattazione avrà poco senso parlare di salute e sicurezza. Vorremmo essere ancora più espliciti: è fuorviante rivendicare la democrazia nei luoghi di lavoro quando la stessa è costantemente minacciata, o perfino ambita, in ogni ambito della vita sociale.
Serve operare in maniera opposta rispetto agli ultimi 20 anni, eliminare ogni legame tra codici etici e comportamentali con le attività di denuncia in ambito sindacale assegnando agli Rls (i rappresentanti per la sicurezza sul lavoro) un effettivo potere contrattuale. Rafforzare l’impianto normativo che in questi anni è stato, al contrario, indebolito per favorire datori pubblici e privati, potenziare la medicina preventiva del lavoro.
Per noi della CUB sarebbe di vitale importanza inserire la sicurezza sul lavoro nei programmi scolastici creando una vera e propria cultura della sicurezza, poi bandire concorsi per aumentare gli addetti al controllo dei cantieri e i contingenti del personale ispettivo, assegnando loro maggior potere e, al contempo, inasprendo le sanzioni esistenti. Siamo tra quanti sostengono la necessità di introdurre nel Codice penale una nuova fattispecie di reato come l’omicidio sul lavoro fino a istituire un organismo nazionale per coordinare le indagini giudiziarie sugli infortuni sul lavoro.
Ma siamo ancora più convinti che non si combattono infortuni e morti sul lavoro con la precarietà: i bassi salari sono alimentati da appalti e subappalti che hanno reso precario e insicuro il lavoro e la retribuzione, hanno indebolito il potere contrattuale del sindacato e, soprattutto, creato le condizioni favorevoli a lavorazioni insicure e al rischio, con orari e carichi di lavoro insostenibili.
Il sindacato concertativo ha reso l’Rls subalterno alla filiera aziendale, alle figure sulla sicurezza della parte datoriale: disposto a sottoscrivere qualsiasi documento di valutazione del rischio senza per altro avere gli strumenti indispensabili a individuarne eventuali punti deboli. Un rappresentante dei lavoratori, per svolgere il proprio ruolo, deve avere potere contrattuale e poter confliggere con i padroni senza subire ritorsioni, interessarsi di tutto il sito produttivo a prescindere dalla molteplicità dei datori, diventare il punto di riferimento per la forza lavoro a gestione diretta e per quella esternalizzata.
Serve allora un approccio radicalmente diverso dal passato e la rottura con la cultura della subalternità sancita dalla concertazione, quella concertazione che non è servita a fermare infortuni e morti sul lavoro.
Molti lavoratori oggi non saprebbero descrivere cosa sia la concertazione: si sono assuefatti a idee e pratiche sindacali arrendevoli finendo con l’assumere, sullo strumento sindacale, posizioni affini a quelle dei padroni. E analogo discorso vale per la sicurezza nei luoghi di lavoro, a forza di sottoscrivere accordi sindacali per accrescere la produttività, a forza di deroghe peggiorative ai contratti nazionali, perfino la rivendicazione di pause e di macchinari con protezioni maggiori sembrano dei privilegi.
È arrivato il momento di un radicale cambio di paradigma e il sindacato non potrà sottrarsi a una profonda autocritica del suo stesso operato. Del resto, se critichi appalti e subappalti con quale coraggio vai a sottoscrivere per questi ambiti accordi e contratti nazionali peggiorativi?
venerdì, 8 marzo 2024
In copertina: Foto di Cocoandwifi da Pixabay