Dalle Filippine un appello a un mondo migliore
di La Redazione di InTheNet
Abbiamo incontrato, da viaggiatori, un altro viaggiatore dell’etere, ma non solo… e visto che ormai si è trasferito stabilmente nelle Filippine, gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di più della sua esperienza di espatriato e di persona impegnata in progetti e associazioni no-profit, domandandogli, innanzitutto, perché abbia deciso di emigrare nelle Filippine e quando è successo.
V. R.: «Avevo già tentato la ‘fuga’ nel 2014 grazie a un contatto facebook con affinità di pensiero sui diritti umani, nata in Etiopia e cresciuta in Somalia, che viveva in Kenya, laureata in Italia, assistente personale del Presidente somalo durante la guerra civile. A Mogadiscio ho soggiornato per una settimana. I negozi non avevano insegne. Il 95% della popolazione non sapeva leggere dopo 26 anni di guerra. Sui muri, fori di pallottole. Nessuno sparo quella settimana, mi disse sorpresa la mia fidanzata: la prima volta in 10 anni. La gente mangiava e, se arrivava una pallottola, non smetteva. Tranne se qualcuno era colpito… Se sparano tutti i giorni, da quando sei nato, non ci fai più caso. Donna rimarchevole che sapeva tenere testa perfino ai terroristi. Una volta, a capo di un convoglio di 40 camion di cibo, acqua e medicine per l’ospedale, era stata fermata da un terrorista pluricercato. Facendosi sentire dalle persone tutte intorno, aveva chiesto aiuto per fare arrivare il carico all’ospedale di Mogadiscio. Il terrorista lo avrebbe voluto per sé e per il suo esercito, ma lei si era fatta sentire apposta dalla popolazione (cercando di non scoprire il gioco). Il terrorista di al-shebab – 5 milioni di dollari di taglia – era rimasto in silenzio a pensare; poi, per non rovinare la sua imagine di difensore del popolo, le aveva offerto aiuto per tutti i posti di blocco militare, invitandola a chiamarlo ogni volta. Dopo quattro mesi in Kenya, mi fu evidente che ero un pesce fuor d’acqua. Mi si è ripresentata la possibilità di lasciare l’Italia quando una mia collega di lavoro filippina, sposata con un mantovano, ha capito che avevo molte affinità con la sua amica di infanzia (volontariato e altruismo in primis). Era il 2016. Il mio inglese era già decente. Abbiamo iniziato a conoscerci via facebook e, dopo due giorni, lei si è ritrovata a trascorrere le notti in ospedale vegliando il padre… Con la differenza di fuso orario, si trattava della fascia 18/24 in Italia: ottima per chattare… Come è finita? Il 12 dicembre 2017 ho ottenuto il certificato e sono diventato libero di stato. A quel punto era impossibile acquistare biglietti aerei, dato il periodo delle vacanze natalizie. Mi sono alzato alle 4 del mattino per trovare un biglietto last minute di qualcuno che aveva cancellato all’ultimo. Il 29 dicembre 2017 mi sono sposato con rito civile. Casa ampia rispetto ai vicini (qualche famiglia vive in un locale 4×5), ed essendo a soli 200 metri dal senato ho una connessione internet stabile e veloce, ottima per i miei lavori precari da casa – traduzioni, trascrizioni da video/audio, assistenza clienti Italiani, eccetera».
Cosa le manca dell’Italia e in quali settori ha trovato maggiori difficoltà a integrarsi (cultura, lingua, cucina, tempi o modi di vita, eccetera)?
V. R.: «Mi mancano le persone. Avevo creato legami anche profondi. Sono stato sempre impegnato in molteplici attività sociali – guardia ecologica, scout, donatore Avis-Aido-Admo, e per Admo ero anche promotore, Gruppo Missionario, Caritas, Banco Alimentare, Banco Farmaceutico. Qui taglio i capelli con 1,5 euro, i trasporti pubblici costano pochissimo (20 centesimi di euro per 10 km.), l’Iva è al 12%, le sole medicine che compro sono antistaminici che in Italia costano dieci volte tanto. Qui si parlano tagalog-filippino e inglese. Di filippino conosco 24 parole scarse, ma il mio inglese è ormai molto fluente (per esempio, con una cliente on-line che parlava male italiano e ho scoperto essere statunitense, ho proseguito in inglese senza problemi). Molti italiani mangiano cibo italiano importato che costa il 20% in più. Io ho scelto la cucina filippina, prediligo quella vegetariana, e sono contentissimo!».
Come giudicano i filippini l’Italia? Vi è ancora interesse a emigrare nel nostro Paese?
V. R.: «Non sanno come è cambiata. Il loro innato rispetto per gli anziani, per i malati e chiunque è in difficoltà è il meglio che ho trovato. In Italia la gente va in giro con il muso lungo, qui sorridono tutti. Molti sognano l’Italia, e quando gli riferisco le ultime notizie, restano allibiti e increduli».
Com’è la situazione economica e politica nelle Filippine?
V. R.: «È un Paese povero ma in crescita. 4 milioni di bambini non vanno a scuola, 5 milioni di persone circa non risultano all’anagrafe. Essendo io squattrinato non ho assicurazione sanitaria. Uno dei cani che abbiamo in casa, durante un litigio con un altro cane, mi ha morso. Il servizio sanitario pubblico mi ha curato presentando solo la tessera da turista e pagando appena le spese vive. In Italia, con un filippino farebbero altrettanto? Anche l’aspettativa di vita italiana sta diminuendo a causa della malasanità… Ricordo, da adolescente, la destituzione del dittatore Marcos, il subentro di Cori Aquino e poi di Ninoy Aquino, amatissimo… Sono arrivato quando il Presidente era Duterte e adesso vi è Marcos figlio: entrambi molto meno apprezzati. Vedendo come si comportano i governi in Italia resterò qui. A 60 anni si può andare in pensione e si ha uno sconto del 20% sui trasporti pubblici e al ristorante».
Nelle Filippine vi è coscienza di quanto sta accadendo in Palestina? Nel Mar Rosso? O in Donbass? Com’è il sentire della popolazione?
V. R.: «C’è poca coscienza del mondo. Ricordo una classifica dei popoli più inconsapevoli al mondo… Primo il Sudafrica, secondo posto per le Filippine e settimo per l’Italia. Un famoso intellettuale statunitense, Noam Chomsky, ha detto: “non solo moltissima gente non sa quello che succede nel mondo, ma nemmeno si rende conto di non saperlo”. Oggi, io stesso sono molto più consapevole della mia ignoranza e mi informo di più».
Pensa che per un occidentale vivere un periodo (non solamente come turista) in oriente o nel sud del mondo sia istruttivo?
V. R.: «Decisamente sì. Il viaggio, metaforicamente parlando, è un vaccino contro il razzismo. Più viaggi = più richiami e maggiore protezione. Un’esperienza diretta, al di fuori del villaggio turistico (che è un’oasi dell’occidente ricostruita all’estero), apre la mente e fornisce anticorpi. C’è ancora chi spiega miliardi di asiatici con un sola ‘singola storia’ di 20 parole, quando anche per le differenze tra fratelli occorrerebbe un libro… Faccio un semplice esempio con i fratelli di mia madre. Uno panettiere, uno psicologo, uno direttore artistico di teatro e docente universitario, e uno teologo e sacerdote che fa rieducazione in carcere a Milano».
Sua cognata si occupa di banca etica. Quanto è importante la microfinanza per i Paesi del sud del mondo? Potremmo anche noi occidentali fare scelte più etiche per i nostri investimenti?
V. R.: «Lei è entrata in questa ONG come terza persona. “Facciamo banca sui poveri”, dice. Ora sono oltre 5000. I microprogetti permettono a moltissimi soggetti fragili di iniziare una piccola attività economica, soprattutto donne che hanno un innato senso della famiglia. Qui ci sono zone lontane dai centri popolosi e dai servizi. Lei è stata scelta da Matt Damon, la star di Hollywood, perché ha una reputazione costruita in oltre dieci anni di lavoro, corretto e svolto con intelligenza e dedizione, su un progetto sull’acqua corrente (si veda: 1) che, nel 2019, ha raggiunto zone rurali delle Filippine, precedentemente non fornite di acqua corrente. È cosi importante la microfinanza nei Paesi poveri da aver preso il Nobel per la Pace, ovvero lo ha vinto Muhammad Yunus, per i suoi sforzi in questo campo, nel 2006. Yunus è anche il fondatore della Grameen Bank, di cui è stato direttore dal 1983 al 2011. Sostiene che le persone non dovrebbero lavorare per qualcun altro, ma dovrebbero avviare una propria attività. Essendo mia cognata una persona semplice e riservata, evita di pubblicizzare il nome della Fondazione e, nella foto con Matt Damon (che pubblichiamo, n.d.g.), compare insieme al fondatore della ONG. In Italia c’è Banca Etica, di cui sono stato un felicissimo cliente. Oggi, con le leggi bavaglio, le molte banche italiane che fanno soldi con armi, petrolio e speculazioni sui diamanti, sono difficili da tracciare: Banchearmate (2) avrà problemi enormi a far sapere le malefatte di cui si macchiano gli istituti italiani con i soldi di chi ci legge».
Da lontano come giudica l’Italia e l’Europa?
V. R.: «Italia ed Europa? Un Paese e un continente in via di sottosviluppo e di deindustrializzazione. I timonieri sembrano tutti ricattati dalle élite Usa, parlo dei Capi di Stato e dell’Unione Europea. Le persone sono sempre meno coscienti, meno informate se non disinformate. I giornali liberi come il vostro hanno una vita dura, ma grazie di esistere! Il 90% degli europei è per la pace, ma molti sono facilmente manipolati. Credono che Putin abbia mire espansionistiche, quando al contrario non vuole basi Usa ai propri confini come gli Stati Uniti non accettarono le basi a Cuba nel 1962. Le vittime civili della guerra ucraina sono state 10.000 in due anni, 29.000 a Gaza in tre mesi… con il supporto dei governi statunitense, europeo e italiano. Il mio aver vissuto in Kenya quattro mesi, con l’assistente personale del Presidente somalo, e ora sei anni a Manila, mi aiuta a vedere meglio ciò che accade, grazie anche al fatto di essere lontano e di non subire il bombardamento di bugie e propaganda dei media italiani. Nel 2006 ho smesso di guardare la tv. Vi rendete conto che G3NOC1D10, ci tocca scriverlo cosi? FAKE NEWS & FACT CHECKER? I fact checker controllano le notizie e censurano. Chi controlla i fact checker? La Terza guerra mondiale si fa con i media e i soldi. I fact checker sono controllati da chi li paga. Allargo la tematica. Anche qui nelle Filippine dono sangue, piastrine e plasma (all’ospedale pediatrico): su cartelloni e magliette scrivono che il donatore è un eroe. Per me è il contrario. Non mi interessa essere considerato un eroe. Mi basta guardarmi allo specchio e non sentirmi un verme: una utopia irraggiungibile forse… ma aiuta a muoversi nella direzione migliore».
(1) Per approfondire: https://water.org/
(1) Per saperne di più: https://www.banchearmate.org/
venerdì, 1° marzo 2024
In copertina e nel pezzo: foto fornite dall’intervistato